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La dimensione dell'impresa e il Codice di Corporate Gover­nance

Oreste Cagnasso, Professore emerito di Diritto commerciale presso l’Università di Torino

lo scritto analizza le raccomandazioni contenute nel Codice di Corporate Governance rispetto alle quali assume rilevanza la dimensione dell’impresa. L’esame offre l’occasione per un confronto con altre norme collegate alle dimensioni dell’impresa e per l’illustrazione di alcuni indici relativi ad esse e di alcune tecniche di differenziazione della disciplina in funzione appunto della dimensione dell’impresa.

The enterprise dimension and the Code of Corporate Gover­nance

The analysis offers the occasion to set up a comparison with the other legal provisions related to company dimensions. It will also illustrate some indexes related to company dimensions and some techniques to differentiate the discipline on the basis, indeed, of the company dimensions.

Keywords: judicially based scrutiny – annual statement of accounts – adequate assets – corporate governance – Italian Insolvency Code

Sommario:

1. La rilevanza della dimensione dell’impresa nel nuovo Codice di Corporate Governance - 2. Dimensione dell’impresa e predisposizione degli assetti adeguati - 2.2. Misure e assetti - 2.3. L’ambito delle misure - 2.4. L’area di applicabilità - 2.5. L’ambito del sindacato giudiziario - 3. Dimensione dell’impresa e disciplina del bilancio d’esercizio - 3.2. I principi generali - 4. Dimensione dell’impresa e disciplina della s.r.l. - 5. Indici relativi alla dimensione dell’impresa - 6. Tecniche di differenziazione della disciplina in funzione della dimensione dell’impresa - NOTE


1. La rilevanza della dimensione dell’impresa nel nuovo Codice di Corporate Governance

Come è noto, il Codice di Corporate Governance adottato nel gennaio 2020 si rivolge alle società con azioni quotate sul Mercato Telematico Azionario gestito da Borsa Italiana: ciascun articolo è suddiviso in principi, che definiscono gli obiettivi di una buona governance, e in raccomandazioni, che indicano i comportamenti ritenuti adeguati a realizzarli. Il Codice si ispira ai principi di flessibilità e proporzionalità: in particolare le raccomandazioni sono graduate tenuto conto della dimensione dell’impresa sociale e in certi casi degli assetti proprietari. Sotto il primo profilo le società a cui si rivolge il Codice sono distinte in grandi e diverse dalle grandi: il parametro utilizzato per tale contrapposizione è l’ammon­tare della capitalizzazione. È definita società grande quella la cui capitalizzazione è stata superiore a un miliardo di euro l’ultimo giorno di mercato aperto di ciascuno dei tre anni solari precedenti. In relazione agli assetti proprietari vengono in considerazione le società a proprietà concentrata, in cui uno o più soci che partecipano a un patto parasociale di voto dispongono, direttamente o indirettamente, della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria. La tecnica utilizzata per graduare le raccomandazioni consiste a volte nell’intro­durre indicazioni peculiari per le società di [continua ..]

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2. Dimensione dell’impresa e predisposizione degli assetti adeguati

2.1. L’art. 3 del Codice della Crisi e l’art. 2086, comma 2, c.c. Successivamente alle norme di apertura del Codice della Crisi relative all’ambito di applicazione e dalle definizioni, l’articolo 3, inserito nel capo dedicato ai principi generali, indica i doveri del debitore. In realtà, al di là della rubrica, la norma in esame si riferisce esclusivamente agli imprenditori, e, più precisamente, a quelli individuali ed a quelli collettivi. Il richiamo generico al debitore trova forse una giustificazione dal momento che l’ambito di applicazione del Codice vale in ge­nere per il debitore, sia esso consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, operando quale persona fisica, persona giuridica, o altro ente collettivo, gruppo di imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici. Così dispone il comma 1 dell’art. 1 del Codice. Inoltre, il richiamo nella rubrica dell’art. 3 al debitore in genere probabilmente si collega al Progetto Rordorf, che conteneva un ulteriore comma dedicato appunto ai doveri del debitore, senza alcuna specificazione. Nel testo attuale del Codice tale comma è stato soppresso, ma la rubrica è rimasta invariata. Come si diceva, i due commi che costituiscono l’art. 3 si riferiscono rispettivamente all’imprenditore [continua ..]

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2.2. Misure e assetti

Prima di porre a confronto misure e assetti pare necessario verificare se il principio di proporzionalità previsto nel comma 2 dell’art. 2086 c.c., con riferimento agli assetti, valga anche per le misure. La risposta pare ovvia, dal momento che il riferimento alla natura e alle dimensioni dell’impresa non può che essere espressione di un principio generale. Come è stato osservato dalla dottrina, misure e assetti costituiscono categorie omogenee, riferendosi in ogni caso alle modalità organizzative dell’impresa. Infatti gli uni e gli altri devono essere idonei a monitorare la situazione economica e finanziaria e tali da consentire una rilevazione tempestiva della crisi e l’attivazione per fronteggiarla. Come si è già ricordato, l’art. 2086, comma 2, c.c. si riferisce alla crisi e alla continuità aziendale, mentre il comma 1 dell’art. 3 CCII alla sola crisi, tuttavia non pare che ciò determini una differenza sostanziale. Occorre aggiungere che sussiste uno stretto legame “tra le finalità delle procedure d’allerta e composizione assistita della crisi e il dovere di istituire adeguati assetti organizzativi dell’impresa” [1]. Essendo le prime utilizzabili sia dagli imprenditori individuali, sia da quelli collettivi, appare logico che misure ed assetti abbiano carattere omogeneo. In altre parole, tenuto conto delle finalità e della rilevanza [continua ..]

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2.3. L’ambito delle misure

Sia la predisposizione delle misure sia quella degli assetti costituiscono l’oggetto di un obbligo specifico, anche se a contenuto indeterminato. Tuttavia il profilo problematico, e che vede opinioni diverse in dottrina, concerne l’ambito delle misure. Sotto il profilo letterale, mentre il legislatore estende gli assetti all’area organizzativa, amministrativa e contabile, le misure sono esclusivamente riferite alla rilevazione della crisi e all’attivazione in presenza della stessa. Prendendo le mosse dal lato letterale una parte della dottrina ha ritenuto che l’area a cui si riferiscono le misure sia più circoscritta rispetto a quella concernente gli assetti: tale conclusione troverebbe giustificazione nell’intento del legislatore di non aggravare la posizione del­l’imprenditore individuale così da non creare per quest’ultimo un obbligo troppo gravoso [2]. Secondo una differente opinione misure e assetti riguarderebbero sostanzialmente la stessa area: pertanto anche le misure dovrebbero essere organizzative, amministrative e contabili. Tale conclusione, a mio avviso, sembra preferibile: in primo luogo. l’intento del legislatore pare essere quello di imporre a tutti gli imprenditori regole organizzative; in secondo luogo, è difficile scindere i vari aspetti, nel senso che misure dirette alla prevenzione della crisi non possono che ricomprendere, oltre all’area della contabilità, [continua ..]

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2.4. L’area di applicabilità

Ritenendo che le regole di organizzazione per l’imprenditore individuale e per quello collettivo siano omogenee, con applicazione per entrambe del principio di proporzionalità, non sorgono particolari problemi in ordine all’area di applicabilità. Se, per contro, si ritiene che il contenuto delle misure sia più circoscritto rispetto a quello degli assetti, si può porre il dubbio in ordine alla razionalità del sistema: in effetti la differenza di disciplina dovrebbe essere collegata non alle modalità di esercizio dell’impresa, individuale o collettiva, ma alle sue dimensioni. In tale prospettiva si è osservato [3], al fine di razionalizzare il sistema, che la regola degli assetti dovrebbe trovare applicazione anche per le imprese individuali di maggiori dimensioni e non venire in considerazione in caso di imprese collettive di modeste dimensioni. In ogni modo, a mio avviso, la regola, o le regole, di organizzazione previste dall’art. 3 devono trovare attuazione, con riferimento a tutti gli imprenditori, qualunque sia la loro attività e qualunque sia la loro dimensione: infatti si tratta di un connotato tipico dell’imprenditore, espressamente previsto nella definizione contenuta nell’art. 2082 c.c.

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2.5. L’ambito del sindacato giudiziario

La predisposizione di misure o di assetti costituisce un obbligo a contenuto generico, così come la loro adeguatezza rappresenta una clausola generale, da valutare caso per caso, che rinvia ad altri ordinamenti e, in particolare, alle discipline aziendalistiche [4]. Pertanto anche con riferimento alle misure adeguate si pone il problema, ampia­mente discusso in dottrina, dell’ambito del sindacato giudiziario: in altre parole, se il giudice possa valutare l’adeguatezza delle misure o degli assetti, oppure se, anche per tale obbligo, valga la regola, della business judgment rule. E quindi il sindacato del giudice debba essere limitato al difetto d’istruttoria, alla presenza di conflitti di interessi, o ad una predisposizione di regole organizzative (manifestamente) irrazio­nali. In ogni caso non pare dubbio che sussista un ambito, anche ampio, di discrezionalità tecnica nella predisposizione degli assetti e quindi nell’individuazione di regole organizzative per i vari settori dell’attività di impresa adeguate al singolo caso, tenuto conto della natura dell’attività svolta, delle dimensioni e di ogni altra circostanza peculiare. Secondo un’opinione dottrinale [5], accolta anche dalla giurisprudenza [6], non potrebbe operarsi un controllo da parte del giudice con riferimento ad una sfera di così ampia discrezionalità, non essendovi ragione per [continua ..]

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3. Dimensione dell’impresa e disciplina del bilancio d’esercizio

3.1. Bilancio in forma abbreviata e bilancio delle micro-imprese Come è noto, la direttiva 2013/34 in tema di conti annuali ha avuto attuazione mediante i d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139 e n. 136. Il primo riformula in parte l’art. 2435-bis relativo al bilancio in forma abbreviata ed introduce un nuovo articolo 2435-ter concernente il bilancio delle micro-imprese. La fattispecie presa in considerazione ai fini dell’ammissibilità della redazione del bilancio in forma abbreviata è rimasta immutata rispetto al testo precedente. Val­gono quindi i parametri numerici relativi al totale dell’attivo dello stato patrimoniale, ai ricavi delle vendite e delle prestazioni, al numero dei dipendenti occupati in media durante l’esercizio. I riferimenti, rispettivamente a 4.400.000 euro, 8.800.000 euro e 50 unità, individuano, rapportati alle categorie costruite dal legislatore comunitario, piccole imprese di capitali. Oltre agli indici numerici, così come nel precedente testo, viene in considerazione un presupposto di tipo qualitativo e cioè la mancata emissione di titoli negoziati in mercati regolamentati. Ed ancora: il legislatore espressamente prevede che la redazione del bilancio in forma abbreviata costituisca una semplice possibilità per le società a cui la norma in esame risulti applicabile. La peculiare disciplina concerne la possibilità di redigere lo stato [continua ..]

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3.2. I principi generali

La disciplina del bilancio in forma abbreviata offre un eccellente esempio di nor­ma “transtipica” collegata alle dimensioni dell’impresa. I parametri utilizzati sono di carattere quantitativo. Si colloca in un settore ove, come la legislazione comunitaria dimostra, forte è avvertita, al fine di costruire la relativa disciplina, l’influenza del dato dimensionale dell’impresa. Si tratta di un “abbassamento” del livello del ri­gore delle norme in tema di bilancio, con particolare riferimento alle “quantità” delle informazioni fornite. La ratio è chiaramente quella nella semplificazione, dei minori costi, delle minori necessità di tutela per soci e terzi sotto il profilo dell’in­formazione. La disciplina del bilancio abbreviato contiene, pur ammettendo un abbassamento del livello dell’informazione, un importante correttivo. La deroga – occorre sottolinearlo – si riferisce ad alcune norme che si pongono alla base del sistema informativo del bilancio. Restano pur sempre validi – e non poteva essere altrimenti – i principi che si collocano al vertice del sistema e, in particolare, le clausole generali di chiarezza, verità e correttezza e i principi di redazione del bilancio. Dal momento che le clausole generali hanno, nel sistema delineato dalla direttiva, una funzione integrativa delle regole specifiche, mi pare [continua ..]

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4. Dimensione dell’impresa e disciplina della s.r.l.

Come è noto, la riforma societaria ha profondamente modificato la disciplina della s.r.l. contenuta nel codice civile, dando alla stessa un volto nuovo e individuan­do caratteri autonomi rispetto alla società per azioni. Successivamente al 2003 il legislatore è intervenuto più volte sia variando singole regole o interi settori della normativa, sia introducendo figure nuove di s.r.l. La creazione di un tipo societario caratterizzato dal regime di responsabilità limitata, da un’ampia elasticità, da vari profili di semplificazione e dalla valorizzazione della persona dei soci era diretta, nelle prospettive del legislatore della riforma, a fornire agli operatori un modello di normale applicazione per le imprese medio-piccole, così da togliere spazio, da un lato, alle società di persone, confinate nel­l’area delle imprese di piccolissime dimensioni, e, dall’altro, alle società azionarie, destinate a quelle di grandi dimensioni. La possibilità di costituire s.r.l. con un unico socio consente inoltre di utilizzare tale modello anche in luogo dell’esercizio individuale dell’attività di impresa. La nuova disciplina della s.r.l. segna sicuramente una profonda “frattura” rispetto a quella prevista originariamente nel codice civile. D’altra parte, e per converso, rappresenta, in qualche misura, un “ritorno al passato”, [continua ..]

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5. Indici relativi alla dimensione dell’impresa

Numerosi sono gli indici utilizzati o utilizzabili al fine di individuare le dimensioni dell’impresa. Naturalmente variano o possono variare a seconda del contesto preso in considerazione. Ed ancora, possono essere di carattere elastico e qualitativo (sia pure diretti a cogliere un profilo dimensionale), oppure rigidi e quantitativi, oppure ancora di natura quantitativa con correttivi di carattere qualitativo o anche alternativi. Tradizionalmente un parametro di natura quantitativa rilevante era costituito dal­l’ammontare del capitale sociale. Si pensi ai differenti minimi previsti nel codice civile del 1942 per la costituzione di s.p.a. e di s.r.l.: un milione di lire e cinquantamila lire. La prima somma rappresentava un valore molto elevato ed i due minimi erano nettamente differenziati (il capitale minimo delle s.p.a. era venti volte quello delle s.r.l.). Oggi il capitale minimo della s.p.a., individuato in euro cinquanta mila, rappresenta una somma, rapportata alle esigenze relative all’esercizio di un’attività di impresa, del tutto esigua. Il capitale minimo delle s.r.l. è ormai ridotto al valore simbolico di un solo euro. Ma anche prendendo in considerazione il capitale “normale” minimo della s.r.l., pari a diecimila euro, è constatazione immediata che rappresenta un quinto di quello della s.p.a. Ma, al di là del discorso relativo ai valori minimi, sono la stessa [continua ..]

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6. Tecniche di differenziazione della disciplina in funzione della dimensione dell’impresa

Un profilo di particolare interesse concerne le tecniche utilizzate dal legislatore per differenziare la disciplina in funzione delle dimensioni delle imprese societarie. Pare opportuno sottolineare come spesso le stesse si intreccino e quindi vengano in considerazione contemporaneamente. In una prima prospettiva pare opportuno sottolineare come a volte il legislatore preveda una disciplina per così dire di base che, a seconda dei casi, può essere arric­chita oppure semplificata o addirittura disapplicata in presenza, rispettivamente, di imprese di maggiori o di minori dimensioni (o di ulteriori circostanze, oltre a quelle relative al profilo dimensionale). In altri contesti la tecnica può consistere nella creazione di una disciplina modulare, differenziata con riferimento a determinate soglie dimensionali (o anche dimensionali). Ancora: la differenziazione può essere realizzata attraverso la creazione di un sottotipo oppure di una pluralità di sottotipi. Un’ulteriore tecnica consiste nelle esenzioni e cioè nella disapplicazione di una certa disciplina o nel venir meno di un obbligo in funzione delle dimensioni dell’impresa. Particolare rilievo assume poi la presenza di regole, costruite in modo implicito o anche esplicito, tali da automaticamente adattarsi alle dimensioni delle imprese. In primo luogo, le dimensioni dell’impresa possono determinare “scelte meno rigorose” o “più [continua ..]

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NOTE

Il presente contributo eccezionalmente non è stato assoggettato a revisione così come consentito dall’art. 9, punto 3), del Regolamento ANVUR, trattandosi di lavoro specificamente rivolto alla rappresentazione di una determinata linea editoriale della Rivista nonché al lancio di una determinata proposta culturale, il cui merito non può pertanto essere soggetto ad una valutazione esterna. [1] RORDORF, Doveri e responsabilità degli organi di società alla luce del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, in Riv. soc., 2019, p. 933. Come osserva l’Autore, “la dimensione organizzativa dell’impresa, della quale prima i giuristi tendevano a disinteressarsi, lasciandone la cura esclusiva ai cultori delle scienze aziendalistiche, ha cominciato pian piano ad assumere anche un preciso rilievo giuridico” (p. 931); “il dovere di istituire adeguati assetti organizzativi risponde ad un’esigenza di carattere più generale, insita, a ben vedere, nella natura stessa dell’attività imprenditoriale, in qualunque forma espletata” (p. 933). V. inoltre FORTUNATO, Codice della crisi e Codice civile: impresa, assetti organizzativi e responsabilità, in Riv. soc., 2019, per cui “si tratta di elementi dell’organizzazione imprenditoriale, che qualificano in quanto tali ogni tipologia di impresa (l’organizzazione è elemento [continua ..]

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