Rivista Corporate Governance ISSN 2724-1068 / EISSN 2784-8647
G. Giappichelli Editore

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Gli assetti in funzione di prevenzione della crisi nel decreto insolvency: prime riflessioni (di Maurizio Irrera, Professore ordinario di Diritto commerciale presso l’Università di Torino)


Il contributo si propone di offrire una prima lettura del contenuto dell’obbligo di predisposizione di assetti adeguati in funzione di prevenzione e contrasto alla crisi, alla luce delle norme contenute nel Codice della crisi, come modificato dal decreto Insolvency (d.lgs. n. 83/2022).

 

Corporate structures and their relationships with the crisis prevention in the insolvency decree: first considerations

The paper aims to offer a first impression about the content of the obligation to prepare adequate structures, with reference to structures dedicated to prevention and combating crisis, with a view to the rules contained in the so-called Crisis Code, as amended by the Insolvency Decree (Italian Leg. Decree no. 83/2022).

Keywords: Adequate Structures – Corporate crisis – Crisis Code – Insolvency Decree.

SOMMARIO:

1. Gli assetti e la crisi nell’impianto originario del Codice della crisi - 2. Gli assetti in funzione di prevenzione della crisi nel d.lgs. n. 83/2022 (decreto Insolvency) - 3. La nuova nozione di “crisi” - 4. I parametri di adeguatezza degli assetti in funzione di contrasto alla crisi di impresa - NOTE


1. Gli assetti e la crisi nell’impianto originario del Codice della crisi

Fra gli elementi caratterizzanti il Codice della crisi (d.lgs. n. 14/2019), vi è senza dubbio la particolare attenzione che lo stesso ha riservato al tema degli assetti adeguati, esplicitandone la centralità nell’ambito dell’organizzazione di impresa. Da un lato, l’art. 375, Codice della crisi ha collocato, nell’art. 2086, comma 2, c.c. [1], l’obbligo di istituzione di assetti amministrativi, organizzativi e contabili adeguati alla natura ed alla dimensione dell’impresa, anche in funzione di rilevazione tempestiva dello stato di crisi e all’attivazione degli strumenti giuridici atti a consentirne il superamento. Dall’altro lato, con l’art. 377, Codice della crisi, sono stati modificati gli artt. 2257, 2380-bis, 2409-novies e 2475 c.c., nel senso di porre esplicitamente in capo agli amministratori di società commerciali l’obbligo di predisporre tali assetti [2]. Le precitate norme del codice civile in materia di assetti – entrate in vigore il 16 marzo 2019 – sono arricchite, quanto al profilo della prevenzione della crisi di impresa, da alcune norme del Codice della crisi, il cui impianto originario, peraltro, ha subito rilevanti modifiche con il recepimento, nel nostro ordinamento, della c.d. direttiva Insolvency (direttiva 2019/1023/UE). Infatti, insinuandosi fra i plurimi rinvii dell’entrata in vigore del Codice della crisi – fissata al 15 luglio 2022, in forza dell’art. 42, d.l. n. 36/2022, convertito con modifiche dalla legge n. 79/2022 [3] – il d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83 [4], di attuazione della direttiva Insolvency, ha modificato ampia parte del Codice della crisi, delineando un sistema parzialmente differente rispetto a quello pensato in sede di riforma delle procedure concorsuali. Nell’impianto originale del Codice della crisi, l’art. 2086, comma 2, c.c., trovava il proprio completamento nell’art. 3, comma 2, Codice della crisi, secondo cui l’im­prenditore collettivo avrebbe dovuto adottare un assetto organizzativo adeguato ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative. La nozione di “crisi” era ricavabile dall’art. 2, comma 1, lett. a), Codice della crisi – come modificato dal d.lgs. n. 147/2020 – che definiva tale situazione come lo stato di squilibrio economico-finanziario [5] che rende [continua ..]


2. Gli assetti in funzione di prevenzione della crisi nel d.lgs. n. 83/2022 (decreto Insolvency)

Il rapporto fra assetti e crisi originariamente delineato dal legislatore del Codice della crisi, come sopra succintamente descritto, è stato profondamente ridisegnato dal decreto Insolvency. Mediante tale decreto, infatti, si è proceduto ad una complessiva riconduzione, nell’alveo del Codice della crisi, di tutte le disposizioni normative in materia concorsuale (quali ad esempio la legge n. 3/2012 in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento, o il d.l. n. 118/2021 in materia di composizione negoziata della crisi d’impresa [8]), il cui contenuto è stato peraltro adeguato – anche sul piano definitorio – alle prescrizioni contenute nella direttiva Insolvency, oggetto di attuazione [9]. In particolare, una delle principali linee di intervento del legislatore è consistita nell’abrogare la (controversa ed ampiamente criticata) disciplina della composizione assistita della crisi d’impresa, per sostituirla con quella della composizione negoziata già disciplinata dal d.l. n. 118/2021. Il che, evidentemente, ha comportato la complessiva abrogazione delle disposizioni previste nel Titolo dedicato alla composizione assistita – fra cui gli artt. 13 e 24 – e la loro sostituzione con norme adeguate al nuovo sistema normativo. Sistema nel quale, come meglio si vedrà, l’ade­guatezza degli assetti in funzione di prevenzione della crisi assume ancora maggior rilievo rispetto a quello riconosciutogli nell’impianto originario del Codice della crisi. E non è un caso che la prima modifica riguardi proprio l’art. 3, che disciplina il contenuto degli assetti in funzione di prevenzione della crisi. L’art. 2 del decreto Insolvency, infatti, oltre a modificare la rubrica dell’art. 3, Codice della crisi (che passa da “Doveri del debitore” ad “Adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa”), ne integra il secondo comma, stabilendo che l’imprenditore collettivo (non “adotti”, come nell’odierna formulazione, ma) istituisca assetti, non solo organizzativi – come stabilito nel testo originale – ma anche amministrativi e contabili adeguati a intercettare tempestivamente e a consentire l’adozione di iniziative per superare lo stato di crisi [10]. L’intervento ha senza dubbio il pregio di rendere più [continua ..]


3. La nuova nozione di “crisi”

La nozione di “crisi” contenuta all’art. 2, comma 1, lett. a), Codice della crisi, come modificata dal d.lgs. n. 147/2020, che ancorava la crisi allo stato di squilibrio economico-finanziario tale da rendere probabile l’insolvenza del debitore, è stata ulteriormente modificata dall’art. 1, comma 1, del decreto Insolvency. Si tratta di una modifica atta a oggettivizzare ulteriormente la nozione di crisi, che viene definita come «lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza» – prescindendo perciò dal fatto che tale stato possa dipendere dallo squilibrio economico-finan­ziario o da altre ragioni – «e che per le imprese si manifesta come l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi» [12]. In proposito, non è ozioso rilevare come i segnali di crisi siano valutati con maggior rigore dal decreto Insolvency, rispetto a quanto disciplinato nell’impianto originario del Codice della crisi. Infatti, come si è precedentemente veduto, dal combinato disposto degli artt. 3 e 13, Codice della crisi emerge come gli squilibri rilevanti, ai fini dello stato di crisi, fossero quelli tali da evidenziare l’insostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi; termine che il decreto Insolvency ha innalzato ad un anno, nell’ottica di consentire una maggiore tempestività nell’assun­zione delle iniziative atte a superare lo stato di crisi. Tanto nella versione originaria, quanto – ancor più – in quella prevista dal decreto Insolvency, la definizione di crisi è coerente con e funge da completamento alla previsione di munirsi di assetti adeguati in funzione di prevenzione della stessa: da tali norme, infatti, emerge che gli assetti devono essere in grado di avvertire per tempo il rischio che i flussi di cassa attesi non consentano di fronteggiare obbligazioni a breve scadenza. La specificazione dell’obbligo di dotarsi di assetti in funzione di rilevamento tempestivo della crisi e della perdita di continuità aziendale sembra sancire il passaggio da una prospettiva statica ad una prospettiva dinamica della valutazione dello «stato di salute» dell’impresa. Emblematico della prospettiva statica nella rilevazione della crisi è il combinato disposto di cui agli artt. 2446-2447 c.c., che impone [continua ..]


4. I parametri di adeguatezza degli assetti in funzione di contrasto alla crisi di impresa

Come anticipato, l’art. 2 del decreto Insolvency ha previsto l’inserimento, nell’art. 3, Codice della crisi, dei commi 3 e 4, i quali si soffermano sui parametri di adeguatezza degli assetti in funzione di prevenzione e contrasto alla crisi di impresa. Tali norme sono di sicuro rilievo in quanto, con esse, per la prima volta una normativa di rango primario si interessa del contenuto degli assetti (orientandolo sul piano finalistico, ma senza dettare disposizioni di dettaglio) [13]. I nuovi commi 3 e 4 dell’art. 3, Codice della crisi dispongono testualmente: «[3] Al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi d’impresa [14], le misure di cui al comma 1 e gli assetti di cui al comma 2 devono consentire di: a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore; b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4; c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, al comma 2. [4] Costituiscono segnali per la previsione di cui al comma 3: a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1», che si occupa dei debiti scaduti contributivi, fiscali e previdenziali[15]. La Relazione illustrativa al decreto Insolvency chiarisce che la modifica dell’art. 3 è dovuta alla necessità di collegarlo con la riscrittura [continua ..]


NOTE