Rivista Corporate Governance ISSN 2724-1068 / EISSN 2784-8647
G. Giappichelli Editore

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Riflessioni sulla natura giuridica della dichiarazione non finanziaria (di Alice Briguglio, Dottoranda in Diritto commerciale presso l’Università degli Studi di Milano)


Il presente scritto si propone di indagare sulla natura giuridica della dichiarazione non finanziaria, la cui disciplina è stata introdotta in Europa in particolare con la direttiva 2014/95/UE e recepita dal legislatore nazionale con il d.lgs. n. 254/2016. Ci si chiede a quale delle categorie note le dichiarazioni non finanziarie possano essere ricondotte, e soprattutto se ed in quali casi residuali in esse possa essere riscontrabile un impegno di tipo negoziale. Ciò, tenendo anche conto della distinzione tra dichiarazioni non finanziarie di tipo ricognitivo, che contengono informazioni che riguardano il passato, e quelle di tipo prospettico, che contengono informazioni rivolte al futuro. L’interesse della indagine è in particolare funzionale alla risoluzione degli interrogativi circa le conseguenze in termini di responsabilità, per gli amministratori e per la società, in ragione del rilascio di informazioni inveritiere o errate.

 

Observations on the legal nature of the non-financial reporting

The purpose of this paper is to investigate the legal nature of the non-financial reporting, which was introduced in Europe in particular with Directive 2014/95/EU and implemented by the national legislator with Legislative Decree no. 254 of 2016. The question arises as to which of the categories known to civil law non-financial disclosures can be traced back to and, above all, whether and in which residual cases they can be considered to contain a contractual commitment. And this also taking into account the distinction between, on one hand, non-financial statements that only contain information related to the past, and, on the other hand, those of a prospective nature, which contain forward-looking information. The interest of the investigation is in particular functional to the resolution of questions concerning the consequences in terms of liability, for directors and companies, due to the release of false or incorrect information.

Keywords: Non-financial reporting – legal nature – non contractual declaration – contractual commitment.

SOMMARIO:

1. L’attuale quadro normativo - 1.2. L’introduzione della disciplina relativa alla informazione di carattere non finanziario - 1.3. La nuova proposta di modifica della direttiva UE - 2. La natura giuridica: dichiarazione non finanziaria di tipo “ricognitivo”; riconducibilità alla categoria della dichiarazione di scienza - 2.2. La DNF “ricognitiva” come dichiarazione di scienza - 2.3. Cenni ai conseguenti profili di responsabilità degli amministratori - 3. (Segue): dichiarazione non finanziaria di tipo “prospettico”; tendenziale riconduzione alla medesima categoria della dichiarazione di scienza - 4. (Segue): dichiarazione non finanziaria come dichiarazione di volontà - 4.2. La (residuale) possibilità di riscontrare nella dichiarazione non finanziaria un autentico impegno di tipo negoziale: la promessa al pubblico - 4.3. (Segue): l’offerta al pubblico - NOTE


1. L’attuale quadro normativo

1.1. Premessa Nell’attuale contesto culturale e socio-economico, nel quale il tema della respon­sabilità sociale dell’impresa e della presa in considerazione di interessi di terzi è sempre più presente nelle sue affermazioni di principio ma altrettanto vago sul piano tecnico-giuridico, la disciplina relativa alla divulgazione delle informazioni non finanziarie [1], introdotta dal legislatore europeo con le direttiva 2013/34/UE, e soprattutto con le modifiche ad essa apportate dalla direttiva 2014/95/UE del 22 ottobre 2014, e recepita dal legislatore italiano con il d.lgs. n. 254/2016, rappresenta certamente un significativo tentativo di concretizzazione dei principi di tutela socio-ambientale sottesi all’idea d’impresa multifunzionale e di cui tradizionalmente si è fatta carico la teoria della Corporate social responsibility e la più recente attenzione ai c.d. fattori ESG (environmental, social and governance) [2]. È noto che tale tentativo di concretizzazione non si spinge, almeno apparentemente e direttamente, fino alla affermazione di specifici obblighi di condotta attuativa – quelli della disclosure non finanziaria sono anzitutto obblighi di trasparenza informativa [3] –, né introduce riforme di tipo organizzativo, nel senso del coinvolgimento di rappresentanti degli stakeholder nella composizione o nella attività degli organi sociali, e dunque non pare imporre un definitivo ripensamento degli scopi e delle finalità dell’attività di impresa [4]. Tuttavia, l’introduzione di detti obblighi di ren­dicontazione non finanziaria ha certamente segnato una inversione di rotta nell’at­teggiamento del legislatore europeo e di quello nazionale nel senso di un passaggio dalle dichiarazioni di principio ad interventi potenzialmente densi di conseguenze giuridiche e pratiche. Si vuol dire che la disclosure non finanziaria, la cui domanda è peraltro crescente in ragione della sempre più diffusa applicazione di criteri di sostenibilità alle scelte di investimento, ha evidentemente una implicazione di natura gestoria ed un impatto diretto sulla governance delle società cui la relativa disciplina si applica, o che scelgono di applicarla su base volontaria [5], ed è in grado perciò potenzialmente di trasferire il tema sfuggente della considerazione degli interessi [continua ..]


1.2. L’introduzione della disciplina relativa alla informazione di carattere non finanziario

Sulla scorta della Comunicazione della Commissione europea del 25 ottobre 2011 [9] che insisteva sulla necessità di potenziare il livello di trasparenza in materia di ambiente e questioni sociali e delle Risoluzioni del Parlamento europeo del 6 febbraio 2013, in cui si trattava della importanza delle informativa in relazione ai temi ambientali e sociali e di sostenibilità, ai fini della individuazione dei rischi dell’attività di impresa e del recupero della fiducia da parte del mercato [10], già la direttiva 2013/34/UE richiedeva la pubblicazione, nella relazione sulla gestione, di ta­lune informazioni non finanziarie, in particolare quelle in merito ai principali rischi ed alle principali incertezze ai quali la società è esposta, agli indicatori di risultato pertinenti all’attività specifica della società ed alle informazioni attinenti all’ambiente ed al personale [11]. Subito di seguito, il contenuto della direttiva del 2013 è stato, dal legislatore comunitario, modificato ed ampliato, con la direttiva 2014/95/UE, la quale ha integrato e specificato le previsioni in merito alle informazioni di carattere non finanziario [12]. Quest’ultima direttiva è stata come noto recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. 20 dicembre 2016, n. 254, sulla “Comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni”. Ne risulta che, se già l’art. 2428 c.c., nel disciplinare il contenuto della relazione sulla gestione, conteneva un timido affaccio degli indicatori di risultato non finanziari (“pertinenti all’attività specifica della società, comprese le informazioni attinenti all’ambiente e al personale”) da inserire, “se del caso”, a fianco a quelli finanziari [13], oggi la normativa interna di derivazione comunitaria insiste con diverso e particolare vigore sull’obbligo di rendicontazione in materia, perlomeno con riferimento a talune imprese di rilevanti dimensioni. Ed infatti, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 254/2016 la dichiarazione individuale di carattere non finanziario, nella misura necessaria ad assicurare la comprensione dell’attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta, [continua ..]


1.3. La nuova proposta di modifica della direttiva UE

Vale peraltro ricordare che in data 21 aprile 2021 nell’ambito dell’Unione europea è stata presentata una proposta di direttiva [26] che modifica la direttiva 2013/34 UE, per come appunto a sua volta modificata dalla direttiva 2014/95 UE. Alla stregua di tale ultima proposta, si darebbe, a soli due anni dalla entrata in vigore della disciplina anzidetta, una forte accelerata alla materia della rendicontazione non finanziaria [27]. La proposta di modifica incide essenzialmente sugli aspetti di seguito in breve evidenziati. Anzitutto, dal punto di vista terminologico, la proposta segna il passaggio dalle c.d. informazioni non finanziare alle c.d. informazioni sulla sostenibilità [28]. In secondo luogo, si estende notevolmente il campo di applicazione della direttiva e quindi dell’obbligo di rendicontazione: l’applicazione soggettiva è estesa a tutte le imprese di grandi dimensioni [29] e a tutte le imprese con valori mobiliari quotati nei mercati regolamentati dell’Unione Europea, ivi incluse le PMI quotate [30] (per le quali, peraltro, sarebbe allo stato differita l’entrata in vigore della direttiva), ad eccezione delle microimprese. In terzo luogo, per quanto attiene più strettamente al contenuto della dichiarazione, si precisano con un maggior grado di dettaglio le informazioni oggetto di divulgazione, nel senso che si introducono nuovi obblighi di trasparenza che attengono alla comunicazione delle strategie, degli obiettivi connessi alle questioni di sostenibilità definiti dall’impresa e dei progressi da essa realizzati nel conseguimento degli stessi, del ruolo degli organi sociali per quanto attiene alle questioni di sostenibilità, delle principali ripercussioni negative legate all’im­presa, ecc. Inoltre, la proposta di modifica incide sulle dichiarazioni anche da un punto di vista formale, prevedendo che le informazioni siano comunicate nel rispetto dei principi che l’Unione europea si obbliga ad elaborare in materia di informativa sulla sostenibilità [31] e prevedendo che tutte le informazioni siano necessariamente pubblicate nell’ambito della relazione sulla gestione e divulgate digitalmente.


2. La natura giuridica: dichiarazione non finanziaria di tipo “ricognitivo”; riconducibilità alla categoria della dichiarazione di scienza

2.1. L’interesse dell’indagine Indagare su quale sia la natura giuridica della dichiarazione di carattere non finanziario, cui si riferisce il legislatore tipizzandone l’obbligo, è utile non solo ai fini di una opportuna chiarezza dei concetti, ma anche in vista di una successiva riflessione in ordine ai conseguenziali profili di responsabilità. È evidente infatti che le implicazioni operative, specialmente in punto di responsabilità, siano destinate a modificarsi, sebbene non necessariamente o non sempre in modo sensibile sul piano concreto e pratico, a seconda della riconduzione della dichiarazione non finanziaria a questa o a quella categoria generale. È inoltre ancor più utile riflettere qui soprattutto sulla natura giuridica della dichiarazione non finanziaria per così dire “tipica”, cioè quella di cui al d.lgs. n. 254/2016, anche in considerazione della nota e sempre più diffusa tendenza delle imprese alla propalazione, nelle modalità più disparate, di indicatori di carattere non finanziario, genericamente riconducibili, quanto al contenuto, proprio a quelle istanze valoriali di cui la normativa si occupa. Si pensi, a questo proposito, alle frequentissime interviste rilasciate da amministratori e dirigenti di vertice delle imprese sui temi della sostenibilità ambientale, della qualità della vita dei lavoratori, e su temi affini, nonché, ad esempio, ai continui riferimenti all’impegno profuso dall’impresa in materia di sostenibilità contenuti nei più vari materiali informativi o lato sensu pubblicitari della stessa [32]. Si consideri oltretutto che il d.lgs. n. 254/2016 – oltre ad ammettere che predispongano su base volontaria la dichiarazione non finanziaria “conforme” anche imprese a ciò non obbligatoriamente tenute [33] – non esclude astrattamente che la società rediga ulteriori report, estranei alla dichiarazione non finanziaria tipica, ma dedicati alle stesse materie sociali ed ambientali. Diverso ovviamente è il caso in cui nella dichiarazione non finanziaria ex d.lgs. n. 254/2016 (e cioè nella sezione a ciò dedicata della relazione sulla gestione o nella autonoma relazione) si effettui un richiamo, e cioè una relatio perfecta, ad altro documento, ad esempio pubblicato sul sito della società, che contiene [continua ..]


2.2. La DNF “ricognitiva” come dichiarazione di scienza

Ebbene, vale anzitutto tenere presente che le informazioni di carattere non finanziario possono contenutisticamente essere di tipo “ricognitivo”, nel senso che si riferiscono alle politiche attuate ed ai risultati raggiunti dall’impresa nel corso del­l’esercizio, ma possono [36] anche essere di tipo “prospettico”, ed in questo senso guar­dare al futuro, descrivere politiche che l’impresa si propone di attuare ed obiettivi che quest’ultima si prefigge di raggiungere. Tanto premesso, occorre rilevare anzitutto che la considerazione del dato, ovviamente rilevante, che la predisposizione e la pubblicazione della dichiarazione non finanziaria “tipica” è, quando essa è redatta dai soggetti cui la normativa di settore obbligatoriamente si applica, l’adempimento di un obbligo giuridico, non vale di per sé (nel senso che non è sufficiente) a chiarire quale sia la natura giuridica della stessa. E ciò, sul piano logico, perché la dichiarazione non finanziaria è l’oggetto dell’ob­bligo, e l’oggetto di un obbligo può ben essere una condotta o un atto della più disparata natura giuridica; di modo che, insomma, una volta riscontrato l’adempimen­to di un determinato obbligo, l’atto che lo integra può ben avere, a seconda del suo concreto contenuto e della sua corrispondente natura, implicazioni ed effetti diversi rispetto a quell’adempimento. Tuttavia, la constatazione che si tratti di un dovere suggerisce di chiedersi, proprio al fine di valutare quale sia la natura giuridica dell’atto posto in essere in adempimento dello stesso dovere, quali siano le finalità per il perseguimento delle quali quest’ultimo è imposto. Ed in questa ottica – come si è già segnalato – non pare che la normativa di settore abbia voluto imporre all’impresa l’assunzione di impegni di tipo vincolante [37]. La constatazione che si tratti piuttosto di un obbligo di trasparenza rispetto a quanto autonomamente e liberamente si è fatto o deciso di fare negli ambiti rilevanti, e cioè che si tratti per l’impresa di divulgare una fotografia dell’impatto socio-ambientale dell’attività d’impresa e delle politiche in proposito attuate, sembra condurre, senza troppe difficoltà, alla classica figura [continua ..]


2.3. Cenni ai conseguenti profili di responsabilità degli amministratori

La riconduzione della dichiarazione non finanziaria alla categoria delle dichiarazioni di scienza cui si correla un obbligo di verità orienta l’indagine sui possibili pro­fili di responsabilità degli amministratori e se del caso della società. Qui valga tracciare in proposito alcune linee direttrici di fondo. Viene anzitutto in considerazione, pur con la prudenza che la questione esige, la possibile responsabilità risarcitoria (degli amministratori e se del caso della società ex art. 2049 c.c.) connessa ai principi in materia di affidamento, nel generico ambito della responsabilità per informazioni scorrette, e cioè se si possa postulare la responsabilità degli amministratori per aver fornito informazioni false o scorrette a sog­getti che – pur non essendo ad essi legati da una precedente relazione di tipo contrattuale – abbiano subito un danno per aver confidato nella veridicità di quanto dichiarato. Potrà trattarsi di responsabilità extracontrattuale, quando l’affidamento funzioni soltanto da criterio di verifica dell’ingiustizia del danno o della colpa; ovvero eventualmente di responsabilità contrattuale, vuoi secondo la teoria del contatto sociale, ovvero sulla scorta della teoria dell’obbligazione senza prestazione [45], quando sia possibile ravvisare un obbligo di protezione [46] nei confronti di determinate categorie di destinatari dell’informazione; essendo in ogni caso il fondamento razionale del­l’obbligo di protezione l’affidamento che si genera tra le parti di una relazione [47] qualificata. Si tratta, in buona sostanza e volendosi inquadrare l’intera questione su un piano comparatistico, di individuare quella special o sufficiently proximate relationship, tra il latore dell’informazione e l’utilizzatore della stessa, che induce i giuristi anglosassoni a collocare la responsabilità da false informazioni nella zona intermedia tra tort e contract [48]. Riguardo all’affidamento – che è autentico perno di tutto il discorso, vuoi che ci si muova nell’ambito della responsabilità contrattuale, vuoi che si intenda rimanere nell’ambito della responsabilità extracontrattuale [49] – si porrà anzitutto, nell’ambito di una disciplina dai confini così flessibili, il problema di quanto [continua ..]


3. (Segue): dichiarazione non finanziaria di tipo “prospettico”; tendenziale riconduzione alla medesima categoria della dichiarazione di scienza

A ben vedere, anche le dichiarazioni di tipo prospettico, che saranno peraltro sem­pre più frequenti ove si giunga alla approvazione della proposta di direttiva di modifica della normativa di settore [54], rispondono nella tipizzazione definita da quest’ul­tima, al modello della dichiarazione di scienza (salvo che rimane aperta, soprattutto per questo tipo di dichiarazioni che guardano al futuro, la eventualità che, in sede di interpretazione concreta della singola dichiarazione, possa eventualmente ravvisarsi una vera e propria assunzione di impegno negoziale [55]). Le dichiarazioni di tipo prospettico sembrano potersi strutturare secondo due diverse modalità: (a) quella secondo la quale si enunciano gli obiettivi raggiungibili nel senso che si dichiara che le misure già adottate sono idonee a raggiungere un certo target in ambito socio-ambientale; (b) quella in cui si dichiara che l’impresa si pone oggi certi obiettivi e dunque, implicitamente o esplicitamente, che essa ha intenzione di approntare le misure ed i mezzi idonei a raggiungerli. Il connotato della dichiarazione di scienza è evidente nel caso sub (a) che resta in definitiva la disclosure di una situazione attuale le cui conseguenze future sono descritte come prevedibili alla stregua di nozioni di comune esperienza o più spesso tecnico-scientifiche. Ma anche nel caso sub (b) ciò che viene in evidenza è essenzialmente la enunciazione degli attuali intendimenti e programmi dell’impresa intesi a risultati futuri ragionevolmente prevedibili sulla base delle medesime nozioni di cui sopra. Alla luce di questo inquadramento può dirsi, nei casi in discorso, quale sia la dichiarazione non finanziaria mendace e interrogarsi conseguentemente sulle conseguenze della violazione dell’obbligo di verità (al di là delle sanzioni amministrative espressamente previste dalla normativa di settore) sempre in termini di affidamento, di eventuale obbligo di protezione, e di inerenti responsabilità. Nel caso sub (a) la dichiarazione non finanziaria sarà mendace o non veritiera a misura che sia ragionevolmente impossibile o notevolmente difficile, proprio sulla base delle nozioni comuni o tecniche, che le misure già adottate e su cui la dichiarazione informa conducano al raggiungimento di quegli obiettivi. Nel caso sub (b), la falsità della dichiarazione si avrà [continua ..]


4. (Segue): dichiarazione non finanziaria come dichiarazione di volontà

4.1. L’inutilizzabilità della categoria della dichiarazione non negoziale di volontà Proprio le ipotesi di dichiarazioni non finanziaria di tipo “prospettico” inducono a considerare, per completezza, se non possa essere tratta in campo una ulteriore categoria concettuale elaborata dalla dottrina civilistica, per vero molto eterogena ed assai poco studiata, almeno di recente. Si tratta della categoria – contrapposta alla dichiarazione di scienza per la presenza di un pregnante elemento volontaristico, ma distinta dal negozio, – delle c.d. dichiarazioni non negoziali di volontà [56]. Queste costituiscono “la zona di confine tra il campo dei negozi e quello degli atti giuridici non negoziali” [57]. Nell’impostazione classica ad esse farebbe difetto, non già la volontà dell’atto, bensì la volontà (negoziale) dell’effetto costitutivo, modificativo o estintivo della realtà giuridica, nell’ambito riservato alla privata autonomia. Di fronte alla dichiarazione non finanziaria che guardi al futuro è indubbiamente forte la tentazione di ricorrere a tale categoria. Da un lato, si valorizzerebbe così l’elemento volontaristico che è insito nelle stesse espressioni letterali di dichiarazioni di questo tipo [58], nonché nelle prescrizioni normative che un legislatore futuro dovesse adottare, anche senza particolare riguardo alle possibili implicazioni civilistiche, nel condivisibile tentativo di enfatizzare l’importanza della responsabilità sociale e della sostenibilità dell’impresa (si noti, peraltro, che naturalmente la dichiarazione in quanto dichiarazione di volontà sarebbe da ascriversi direttamente, a differenza della dichiarazione di scienza, alla società e non all’amministratore). Dall’altro lato, si porrebbe argine comunque solido al baratro insondabile di una riconduzione generalizzata ad un impegno di tipo negoziale, la quale pare soprattutto incongrua rispetto a realtà di piccolo medie dimensioni [59] le quali, benché attualmente non tenute alla rendicontazione non finanziaria, sembrano destinatarie, almeno in parte, di una futura estensione dell’obbligo o che comunque potranno essere sempre di più indotte a dichiarazioni volontarie per ragioni di salvaguardia della loro immagine commerciale o addirittura [continua ..]


4.2. La (residuale) possibilità di riscontrare nella dichiarazione non finanziaria un autentico impegno di tipo negoziale: la promessa al pubblico

Semmai, e posto che la normativa di settore prevede, sul piano della obbligatorietà, ogni tipo di dichiarazione non finanziaria come dichiarazione di scienza e non altro, non può prescindersi dal verificare l’ipotesi che occasionalmente ed intenzionalmente vi siano nelle dichiarazioni non finanziarie contenuti per così dire aggiuntivi di tipo volontaristico che consentano il riscontro di un autentico impegno negoziale; volontà, dunque, secondo la mai tramontata connotazione teorica, come volontà dell’atto ma anche dell’effetto, ed in tal caso manifestata dagli amministratori ma riferibile direttamente alla società, con ogni inerente conseguenza riguardo ai profili di responsabilità. È appena il caso di osservare, peraltro, che ogni analisi che miri o conduca a ri­scontrare nella dichiarazione non finanziaria, caso per caso, un impegno negoziale deve essere condotta con la massima prudenza possibile. Basti considerare che riscontrare nella dichiarazione non finanziaria un impegno negoziale significa riscontrarvi la intentio degli amministratori di coinvolgere anzitutto la responsabilità contrattuale della società in un ambito come quello legato alle istanze ESG con il coinvolgimento di delicati profili di giustapposizione o di coordinamento con l’interesse sociale. Vanno escluse per ovvie ragioni le ipotesi di negozio bilaterale, ivi comprese quelle del contratto a favore di terzo e del contratto con obbligazioni del solo propo­nente [63], come pure va esclusa la figura del negozio di accertamento, poiché nel caso che ci occupa non vi è ricognizione di situazioni o rapporti giuridici preesistenti e dubbi [64]. Le possibilità di riscontro di impegno unilaterale non possono dunque che essere verificate alla stregua delle due distinte fattispecie contemplate dal Codice civile: quella della promessa al pubblico [65] (1989 c.c.), negozio unilaterale che vincola il promittente a rendere la prestazione per il solo fatto della promessa [66]; e quella del­l’offerta al pubblico [67] (1336 c.c.), proposta contrattuale in incertam personam, rivolta ad una generalità di destinatari o a chiunque ne voglia profittare, destinata al­l’accettazione e perciò alla stipula di un contratto [68]. Non agevole sembra l’individuazione in alcuni contenuti della dichiarazione non finanziaria [continua ..]


4.3. (Segue): l’offerta al pubblico

Su di un diverso piano – e qui anche e soprattutto per la dichiarazione non finanziaria di tipo “ricognitivo” – resta da chiedersi se vi sia spazio per la considerazione della figura dell’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. In particolare, la prospettiva più ragionevole pare essere quella di valutare se nella dichiarazione non finanziaria vi sia un contenuto, determinato e voluto come tale, corrispondente alla integrazione o al completamento di una offerta al pubblico, in quanto descrittivo di caratteristiche del prodotto, rilevanti nell’attuale contesto economico sociale di riferimento, e perciò potenzialmente tali da orientarne l’acquisto. Occorre dunque – è bene precisare – che l’offerta al pubblico vi sia già e sia riscontrabile per altra via, prescindente dalla dichiarazione non finanziaria, la quale da sola non può certo autonomamente rappresentarla. Ciò pare invero sostenibile già con riferimento alle propalazioni pubblicitarie, le quali sono condotte riferibili alla impresa, integranti un mero fatto giuridico, certamente non rientranti nella categoria delle dichiarazioni di scienza, e che sono regolate dalla legge, specialmente attraverso alcuni divieti, primo fra tutti quello di pubblicità ingannevole (cui peraltro, come noto, non corrisponde esattamente l’obbligo di dire il vero, sussistente invece per le dichiarazioni non finanziarie) e dalle quali possono senz’altro derivare conseguenze in punto di responsabilità, anzitutto verso la generalità dei consumatori e verso i concorrenti ma anche verso il singolo acquirente che aderisca all’offerta. E se pare difficile sostenere che nel messaggio pubblicitario possa esservi una promessa al pubblico, può ipotizzarsi che esso possa per lo meno integrare o completare, in quanto non solo attrattivo ma anche descrittivo delle specifiche caratteristiche del prodotto, una offerta al pubblico. Con la conseguenza che la responsabilità, se il prodotto ha caratteristiche difformi da quelle pubblicizzate, ha natura contrattuale e discende in primo luogo dall’art. 1336 c.c. passando poi per altre disposizioni, prima fra le quali quella sulla mancanza di qualità promesse di cui all’art. 1497 c.c. Se ciò può essere sostenuto con riferimento alla pubblicità – che, oltretutto, quando contenga messaggi legati [continua ..]


NOTE