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Le tecnologie societarie alla prova del governo sostenibile tra ESG, diligenza d´impresa e corporate digital responsibility

Giulia Schneider, Ricercatrice in Diritto dell’economia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative

Nell’intento di mettere a fuoco i rapporti tra la trasformazione in senso digitale e sostenibile della governance societaria, il contributo indaga l’impatto che l’internalizzazione di strumenti tecnologici negli assetti societari ha sulla nozione di responsabilità sociale d’impresa. Dopo aver tracciato lo stato del­l’arte dell’impiego di tecnologie, come l’intelligenza artificiale, nelle società europee, lo studio dimostra la rilevanza del quadro normativo nazionale ed europeo in materia di corporate governance sostenibile ai fini della individuazione e minimizzazione dei rischi tecnologici. Alla luce della contestualizzazione di questi rischi nel prisma ESG e delle previsioni contenute nella proposta di direttiva in materia di diligenza d’impresa, viene affermata la valenza giuridica del nuovo paradigma di corporate digital responsibility. La parte finale del contributo individua le criticità di un governo sostenibile delle tecnologie societarie, suscettibile di derive di governance “black box” per effetto della applicabilità della business judgment rule alla definizione delle strategie sostenibili, anche in materia tecnologica.

 

Corporations’ technologies vis à vis sustainable governance: matching ESG, due diligence and corporate digital responsibility

The study aims at showing the interdependencies between the digital and the sustainable transformation of businesses’ corporate governance. To these ends, it shoes the impact of the inclusion of technologies in corporations’ organization and governance structures on the notion of corporate social responsibility. After having illustrated the state of the art of the use of technology by European businesses, the paper shows the importance of the national and European normative framework regarding sustainable corporate governance for the purposes of the identification and mitigation of technology-related risks. In light of the contextualization of these risks in the prism of E-S-G factors and in light of the provisions of the proposed corporate sustainability due diligence directive, the analysis demonstrates the legal relevance of the new paradigm of corporate digital responsibility. The concluding remarks illustrate the concerns related to a sustainable governance of corporations’ technologies, which risks to become a ‘black box’ governance due to the applicability of the business judgment rule to the definition of sustainability strategies, also in relation to technology.

Keywords: Technology – sustainable success – due diligence – ESG – corporate purpose– Corporate digital responsibility– Business Judgment Rule.

Sommario:

1. La responsabilità sociale nelle società del nuovo millennio: quo vadis? - 2. Lo stato dell’arte della digitalizzazione delle imprese europee nello Studio della Commissione europea su IA e diritto societario - 2.2.: dati empirici e prospettive di riforma del diritto societario europeo - 3. Il quadro normativo in materia di corporate governance sostenibile: dai codici di autodisciplina … - 3.2: … alla proposta di direttiva in materia di diligenza d’impresa - 4. I rischi tecnologici nel prisma - 5. Dalla Corporate Social Responsibility alla Corporate Digital Responsibility - 6. Verso uno statuto giuridico della responsabilità digitale d’impresa - 7. Alcuni problemi aperti della Corporate Digital Responsibility - NOTE


1. La responsabilità sociale nelle società del nuovo millennio: quo vadis?

Le trasformazioni connesse all’avvento dell’economia digitale e delle sue evoluzioni algoritmiche sono da tempo oggetto di indagine da parte della letteratura più attenta [1] e del regolatore europeo [2]. I due macro-temi, intimamente interconnessi, sui quali si è concentrato il dibattito possono essere sinteticamente ricondotti da un lato all’analisi dei riflessi della rivoluzione digitale sulla struttura di mercato [3] – con le re­lative ricadute in punto di tenuta del quadro in materia di diritto della concorrenza [4] e di diritto industriale [5] – e dall’altro alla individuazione delle ricadute sul sistema costituzionale, alla luce di quello che viene definito un nuovo costituzionalismo digitale [6]. Da queste linee di ricerca si può ricavare un primo dato di carattere generale: le grandi imprese che hanno fondato il proprio potere di mercato sullo sfruttamento di grandi quantità di dati digitali e di codici algoritmici sempre più sofisticati devono considerarsi, oltreché operatori economici, dei veri e propri attori politici e regolatori [7]. Il dominio di mercato di queste stesse imprese si è infatti sostanziato in condizioni contrattuali standardizzate a cui utenti o imprese minori sono costretti ad aderire in cambio dell’accesso ai servizi offerti [8]. Non solo, come ben sintetizzato nel­l’espressione “code is [continua ..]

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2. Lo stato dell’arte della digitalizzazione delle imprese europee nello Studio della Commissione europea su IA e diritto societario

La riflessione che negli ultimi tempi ha interessato la trasformazione in senso digitale dell’organizzazione e della gestione d’impresa, sul piano del dibattito dottrina­le [20], necessita di essere meglio contestualizzata, per una sua maggiore efficacia, nella realtà empirica dei numeri che danno concretamente conto della natura e della portata dei mutamenti discussi. Il dibattito “dall’alto” attorno a come la penetrazione nel tessuto degli assetti societari delle nuove tecnologie – prime tra tutte le tecnologie di blockchain e dell’intelligenza artificiale – venga ad incidere sulle categorie generali del diritto commerciale, non può che essere consolidato alla luce dei dati provenienti “dal basso”, relativi a come le imprese europee stanno cogliendo le opportunità offerte dalle evoluzioni tecnologiche rispetto alla configurazione del­l’infrastruttura societaria. Lo studio “sulla rilevanza e l’impatto dell’intelligenza artificiale nel diritto societario e nella corporate governance” pubblicato dalla Commissione europea lo scorso giugno 2021 [21] mira esattamente a colmare la lacuna attualmente sussistente tra studi teorici e il substrato reale per quello che concerne la specifica questione della automatizzazione della macchina societaria. È la stessa Commissione a sottolineare la mancanza di un quadro informativo sufficiente riguardante [continua ..]

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2.2.: dati empirici e prospettive di riforma del diritto societario europeo

La Survey della Commission si incentra sui dati di 402 imprese europee, prevalentemente del settore IT, delle telecomunicazioni e del settore finanziario. Di queste solo il 13% hanno già fatto concreto uso di sistemi di intelligenza artificiale a scopi di corporate governance e un ulteriore 26% intende farne uso nel prossimo futuro. Il quadro rilevato riflette dunque che il 39% delle imprese europee oggetto di indagine faranno utilizzo di nuove tecnologie, tra cui l’intelligenza artificiale. Questo numero campione dà conto dell’entità delle trasformazioni in atto, che la stessa Com­missione europea dichiara di avere sottostimato. Tra le imprese considerate, è il settore finanziario a registrare il più alto grado di automazione: qui, infatti, è il 20% delle società che hanno partecipato alla survey a fare già uso di strumenti di intelligenza artificiale. Un dato alto se si considera che negli altri settori presi in esame, solo il 7% delle imprese, in media, ricorre già a sistemi automatizzati a scopi di corporate governance. Non stupisce, inoltre, che delle imprese prese in esame, siano le imprese di gran­di dimensioni a avere un più alto gradiente tecnologico, mentre rimangono indietro le imprese con meno di 50 dipendenti: di queste solo l’8% delle imprese interrogate hanno integrato nei propri assetti strumenti di intelligenza artificiale, di contro a un 17% delle medie imprese [continua ..]

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3. Il quadro normativo in materia di corporate governance sostenibile: dai codici di autodisciplina …

Sul versante della trasformazione sostenibile dell’impresa, parallelo a quello ora tracciato della digitalizzazione, deve rilevarsi come i richiami ad un governo societario socialmente responsabile si siano intensificati in costanza della crisi sanitaria [32], che ha drammaticamente mostrato l’indifferibilità di un’attenta considerazione dei temi sociali. Sul punto, vasta eco ha avuto l’ultima lettera annuale di Larry Fink, CEO di Blackrock, incentrata sul capitalismo responsabile e il climate change [33]. Se nel 2019 i principali amministratori delegati delle grandi società statunitensi proponevano una diversa nozione di scopo sociale, secondo la quale la gestione societaria deve essere condotta tenendo conto dell’interesse di “tutti gli americani” [34], anche nel Vecchio Continente sono state proposte misure più efficaci per la tutela di interessi sociali nel tessuto economico e societario. Sul suolo europeo, il quadro in materia di responsabilità sociale di impresa si trova tuttavia ancora ad uno stadio embrionale: due esperienze isolate sono offerte dall’ordinamento francese e dall’ordinamento tedesco. In Francia, con la c.d. Loi Pacte (LOI n 2019-486 du 22 Mai 2019, art. 169) sono stati modificati gli artt. 1833 e 1835 del code civil che vengono ora a ricomprendere nella nozione di interesse sociale anche istanze di tutela ambientale e sociale [35]. Adottando una [continua ..]

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3.2: … alla proposta di direttiva in materia di diligenza d’impresa

In prospettiva simile a quella offerta dalle richiamate disposizioni del Codice di autodisciplina, anche la Proposta di direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità [48] propone quale via principale ai fini dell’assolvimento del “dovere di diligenza delle imprese in materia di diritti umani e di ambiente” [49], concretizzantesi nella mappatura dei rischi nella catena di valore [50], quello del confronto con i diversi portatori di interessi coinvolti nell’attività imprenditoriale [51]. La direttiva si colloca nella più ampia policy europea in materia di sostenibilità, che a partire dall’introduzione di obblighi relativi alla disclosure di informazioni non finanziarie [52], dalla determinazione di parametri di valutazione della sostenibilità ambientale di un investimento [53], e da un’annunciata riforma dei doveri fiduciari dei consulenti assicurativi e di investimento [54], ha finito per investire anche la dimensione interna della corporate governance [55]. In relazione a quest’ultimo contesto, la proposta di direttiva – rinunciando ad incidere sui doveri degli amministratori rispetto alla tutela dei fattori ESG – pone dei requisiti procedurali e organizzativi volti ad una più pronta individuazione e gestione dei rischi di sostenibilità, definiti dalla direttiva come “impatti negativi”. A [continua ..]

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4. I rischi tecnologici nel prisma

Ad una più attenta riflessione, il rapporto tra i termini sopra individuati – digitalizzazione e sostenibilità – sembra connotarsi di ulteriori significati rimasti ancora in larga misura inesplorati. Sotto il profilo sostanziale, sembra innanzitutto opportuno indagare se la penetrazione dell’intelligenza artificiale nell’attività e nella gestione d’impresa venga a dare nuovi contenuti alle nozioni di interesse sociale e di responsabilità d’impresa. L’interrogativo deriva dal riconoscimento del fatto che, una volta incorporati negli assetti di un’impresa, i rischi consustanziali all’utilizzo di strumenti digitali vengono attratti nella dimensione societaria, per divenire rischi che la stessa società interessata dovrà essere in grado di governare e mitigare [72]. Alla luce della classificazione – operata dalla proposta di direttiva europea in materia di diligenza d’impresa – degli “impatti negativi” d’impresa, come impatti “sui diritti umani e sull’ambiente” [73], i rischi connessi alla digitalizzazione sono potenzialmente ascrivibili a ciascuna delle categorie individuate. Sul primo fronte, sono state da più parti rilevate le implicazioni per i diritti fondamentali degli utenti derivanti dall’impiego di sistemi automatizzati nel contesto d’impresa [74], ad esempio a fini di pubblicità [continua ..]

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5. Dalla Corporate Social Responsibility alla Corporate Digital Responsibility

Nel nuovo scenario che l’evoluzione in corso inizia a prefigurare, la sostenibilità di un’impresa digitalizzata verrà a dipendere, tra le altre cose, dalla sostenibilità delle tecnologie digitali, a sua volta connessa alla minimizzazione dei rischi potenzialmente associati all’utilizzo di queste. In questa prospettiva, se già nel 2018 la Com­missione europea sottolineava l’importanza di uno sviluppo sostenibile dell’econo­mia dei dati e delle tecnologie basate su questi mediante la creazione di una solida struttura regolatoria per la fiducia digitale [84], i rinnovati richiami politici e regolatori ad un governo societario sostenibile sembrano avere dirette implicazioni in punto di utilizzo sostenibile delle medesime tecnologie in campo societario. Proprio nella prospettiva di una corporate governance “sostenibile”, diventa dunque cruciale il governo degli strumenti digitali, dovendosi definire precise regole dirette a disciplinare come questi vengono strutturati, utilizzati e monitorati. In particolare, la struttura e il design della macchina sono fondamentali per far sì che la stessa sia idonea a determinare – o comunque supportare – correttamente ed efficacemente gli indirizzi gestori. E poiché, come ormai noto, la progettazione e l’implementazione in scenari concreti delle nuove tecnologie è oggetto di precisi obblighi predisposti dapprima dal [continua ..]

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6. Verso uno statuto giuridico della responsabilità digitale d’impresa

Le due iniziative governative ora richiamate, e i dichiarati obiettivi ad esse sottesi, consentono di cogliere alcune implicazioni più profonde del nuovo paradigma di corporate digital responsibility, che trascendono il piano della mera compliance regolatoria in materia di tecnologie digitali. Diversamente dalla dimensione della più generale responsabilità sociale d’im­presa, ancora priva di una autonoma precettività, la responsabilità digitale d’impre­sa rinviene il suo fondamento giuridico direttamente nelle norme rilevanti in punto di tecnologia. L’interpretazione socialmente responsabile delle stesse è sostenuta, a livello di raccomandazione, dal requisito del successo sostenibile di cui al codice di autodisciplina. Seppur non pienamente vincolate, il relativo precetto del Codice di corporate governance è governato dal principio del comply or explain: ciò significa che quelle società che non risultano perseguire l’interesse sociale, anche per quanto concerne l’impiego della tecnologia, in conformità al postulato del successo sostenibile dovranno adeguatamente spiegarne le ragioni. Una più chiara previsione, a livello di codici di autodisciplina, degli obblighi di gestione dei rischi connessi alle nuove tecnologie – ancora non sussistente nel Codice di Corporate Governance italiano – potrebbe ulteriormente rafforzare, seppur solamente a livello [continua ..]

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7. Alcuni problemi aperti della Corporate Digital Responsibility

L’applicazione degli schemi di responsabilità sociale d’impresa alla gestione delle tecnologie all’interno degli assetti societari solleva un’ultima questione relativa alla individuazione dell’organo sociale chiamato in prima battuta a monitorare il puntuale adempimento degli obblighi così delineati in materia di corporate digital responsibility. Una questione che, con riguardo al diritto interno, impone di verificare se tale funzione sia più opportunamente riconducibile alla “vigilanza in purezza” che il collegio sindacale esercita ab externo sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ovvero al “monitoring valutativo” che il consiglio di amministrazione è tenuto ad operare sugli assetti. Per quanto la soluzione non sia univoca, tanto l’interferenza degli strumenti algoritmici sul processo decisionale gestorio, quanto i margini di discrezionalità che permangono anche sulla strutturazione di questi assetti sembrano orientare verso la seconda tra le due opzioni prospettate. Inoltre, deve ricordarsi come la supervisione della tecnologia – e dei rischi che questa comporta – non sia riconducibile ad un ambito particolare, ma afferisca ad un ambito strategico generale, che richiede un’attenta ponderazione di molteplici istanze e deve dunque essere trattato dal plenum al fine dell’assunzione di decisioni riguardanti la politica della società. In [continua ..]

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NOTE

[1] V. tra i molti studi, il lavoro di Balkin, The Three Laws of Robotics in the Age of Big Data, in Ohio State Law Journal, 2017, 78, 5, p. 1217 ss. [2] Commissione europea, Un’Europa pronta per l’era digitale, disponibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/europe-fit-digital-age_it. [3] Cohen, The Law for the Platform Economy, in University of California Law Review, 2017, 51, p. 133 ss. [4] Pitruzzella, Riflessioni sul mutamento del diritto della concorrenza nell’economia delle piattaforme e dei big data, in Annuario di diritto comparato e di studi legislativi, 2020, p. 161 ss. [5] Ricolfi, Il futuro della proprietà intellettuale nella società algoritmica, in Giur. it., 2019, p. 10 ss. [6] V. De Gregorio, The Rise of Digital Constitutionalism in the European Union, in International Journal of Constitutional Law, 2021, 19, p. 41 ss. [7] Cohen, The Regulatory State in the Information Age, in Theoretical Enquiries of Law, 2016, 17, p. 369 ss. [8] Pistor, The Code of Capital, Princeton, 2019. [9] Recentemente, v. Alpa, Code is Law: il bilanciamento dei valori e il ruolo del diritto, in Contr. e impr., 2021, 2, p. 376 ss. Per una più diffusa trattazione del tema si veda, Schneider, Intelligenza artificiale e decisioni automatizzate: la responsabilità regolatoria d’impresa, oltre la compliance, in Riv. dir. impr., 2022, [continua ..]

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