Il tema dell’interesse sociale campeggia da sempre sullo sfondo di ogni riflessione sul governo societario: come conferma la circostanza che risale esattamente a ottant’anni fa l’avvio del celebre Berle-Dodd debate incentrato sulla questione “For Whom Are Corporate Managers Trustees?”, mentre si è appena spenta l’eco del cinquantenario dal noto e influentissimo articolo pubblicato da Milton Friedman sul New York Times nel 1970 e del centenario dalla causa Dodge vs. Ford, conclusa nel 1919 con la condanna di Henry Ford da parte dei giudici del Michigan sulla base dell’assunto che “a business corporation is organized and carried on primarily for the profit of the stockholders”.
Se tali ricorrenze evocano i vichiani “corsi e ricorsi” (ricordandoci, con Carlo Levi, che “il futuro ha un cuore antico”), indiscutibile è l’accelerazione che i temi legati alla sostenibilità hanno registrato in questi ultimi anni. La crescente rilevanza assegnata ai fattori ambientali, sociali e di governo coinvolti dall’attività imprenditoriale – riassunti nell’acronimo ESG (Enviromental, Social e Governance) – viene a tracciare una linea evolutiva che induce ormai tutti gli interpreti a riconsiderare le tradizionali questioni della corporate governance nella prospettiva della sustainable corporate governance, oggi consacrata nella norma di apertura del nuovo Codice di Corporate Governance [1].
Non stupisce dunque che una giovane, ma già affermata, rivista intitolata alla Corporate Governance abbia inteso dedicare un numero monografico al dibattito sulla sostenibilità e alle sue molteplici declinazioni applicative.
I vari contributi qui raccolti offrono, da prospettive distinte ma convergenti, una ricognizione dei problemi che gli sviluppi del fenomeno – sollecitati anche dagli insegnamenti dell’emergenza pandemica – pongono a legislatori, studiosi ed operatori, ricostruendone la cornice normativa e teorico-concettuale e prefigurando possibili evoluzioni.
Lo sfondo è rappresentato dai sempre più incisivi interventi del legislatore europeo, che mirano a sospingere gli Stati dell’Unione verso una comune politica diretta in primo luogo a una transizione ecologica dell’economia del nostro continente. Una linea d’intervento che muove dalla disciplina delle dichiarazioni non finanziarie all’interno di un quadro che si è andato progressivamente allargando e definendo attraverso ulteriori iniziative dirette a incentivare, e al contempo regolare, la finanza sostenibile. Questo percorso, al quale sono dedicati molti dei saggi qui raccolti, ha condotto in questi ultimi mesi alla prima emissione di Euro green bond a sostegno dei progetti imprenditoriali green previsti dai Recovery plan e alla introduzione di nuovi indici borsistici che valorizzano [continua..]