Il saggio si propone di fornire indicazioni circa gli scambi informativi e le interazioni con gli organi societari e le funzioni di controllo, i poteri e le responsabilità del collegio sindacale a seguito delle innovazioni introdotte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Le recenti modifiche legislative hanno ampliato i doveri di vigilanza del collegio sindacale: in questa prospettiva, si delineano i poteri/doveri di reazione del collegio sindacale in caso di mala gestio e gravi irregolarità o in caso di omissioni da parte degli amministratori.
The paper aims to provide some guidelines on the information flow and the interactions between the board of directors and the supervisory body (collegio sindacale) and between control functions and supervisory body, and the powers and responsibilities of the supervisory body following the innovations brought by the Crisis and Insolvency Code. The supervision of the supervisory body in the event of a business crisis, in particular, is characterised by the recent amendments to the legislation which have added to its prerogatives. In this perspective, the essay outlines the powers/duties of reaction of supervisory body in the event of maladministration, serious irregularities and omissions of the directors.
1. Premessa - 2. Assetti organizzativi, amministrativi e contabili: ripartizione delle competenze. Amministratori e sindaci a confronto - 3. Le best practices del CNDCEC per i sindaci non incaricati della revisione legale: le Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate - 4. Le funzioni e le responsabilità degli organi societari: istituzione di assetti, adeguatezza, emersione anticipata della crisi e della perdita di continuità - 4.1. Gli amministratori - 4.2. I sindaci - 4.3. I revisori legali - 4.4. Sindaci e revisori - 5. Le responsabilità dei sindaci nel Codice della crisi di impresa - 5.1. Sulla tempestività - 6. Le responsabilità - 6.1. Nesso di causalità ed elemento soggettivo - 7. Conclusioni - NOTE
L’imponente riforma delle procedure di crisi e dell’insolvenza attuata con il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d’ora in avanti, Codice della crisi) [1], ha fatto della prevenzione della crisi, rectius dell’emersione anticipata della crisi, il baricentro degli interventi di modifica della normativa, attuando, in tal modo, i criteri e i principi previsti nella Direttiva (UE) 2029/1023 [2] orientati, primariamente, a consentire che la situazione di crisi sia intercettata per tempo dagli organi societari. Un ruolo fondamentale viene affidato all’organo di controllo delle società che diventa destinatario di una serie di ulteriori adempimenti, oltre a quelli riconducibili alla tradizionale attività di vigilanza, che sono stati direttamente introdotti nel Codice della crisi e che devono opportunamente essere coordinati con l’importante e incisiva opera di rimodulazione delle previsioni contenute nell’art. 2086, comma 2, c.c., effettuata, anch’essa, nella direzione di incentivare misure di prevenzione della crisi e di perdita della continuità aziendale.
Tra i temi di attualità nella stagione della nuova disciplina della crisi di impresa, quello degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati si pone tutt’oggi al centro del dibattito di aziendalisti e giuristi. Non si tratta di novità degli ultimi tempi, risalendo, alla pubblicazione del Testo Unico della Finanza l’introduzione della clausola generale dei principi di corretta amministrazione e dell’adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema amministrativo-contabile nella disciplina della s.p.a. quotata, e, alla riforma del diritto societario, la previsione di obbligatorietà della istituzione degli assetti da parte degli amministratori e della vigilanza sulla loro adeguatezza e sul loro concreto funzionamento da parte del collegio sindacale in tutte le s.p.a. Muovendosi lungo questa direttrice, il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, con la modifica dell’art. 2086, comma 2, c.c., ha statuito il dovere generale dell’imprenditore collettivo, e non solo di quello che opera in forma societaria, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa; di poi, quale significativo corollario dell’assunto per primo esplicitato, la stessa disposizione ha significativamente previsto che l’assetto sia adeguato anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa e della perdita della continuità aziendale. Tuttavia, l’assenza di riferimenti all’imprenditore individuale avrebbe di fatto limitato la valenza della clausola generale per come disposta nella legge di delega n. 155/2017, motivo per cui con l’art. 3 dello stesso Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza si è esteso anche all’impresa individuale l’obbligo di adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi, andando a declinare, in tal modo, il canone di proporzionalità già espresso nell’art. 2086, comma 2, c.c. e circoscrivendo l’obbligo per tali imprenditori all’adozione di presidi organizzativi, ancorché semplificati. Le novità sono evidenti, così come è evidente la centralità delle tematiche che necessariamente ineriscono ad aspetti che involgono, oltre alle competenze del giurista, impegnato a definire i ruoli e le [continua ..]
Dalle surrichiamate disposizioni civilistiche sembra evincersi che gli assetti siano considerati sia nella prospettiva statica, vale a dire con riferimento al momento della istituzione e successiva valutazione da parte dell’organo di amministrazione, sia nella prospettiva dinamica vale a dire con riguardo al momento di valutazione e implementazione da parte dell’organo di amministrazione così come al momento di vigilanza sul concreto funzionamento da parte dell’organo di controllo. Il criterio di adeguatezza degli assetti non deve ritenersi soddisfatto unicamente con la loro istituzione, bensì anche a seguito di costante attività di valutazione e di implementazione da parte dell’organo di amministrazione rispetto al concreto funzionamento degli stessi assetti su cui insiste anche la vigilanza dell’organo di controllo (quando nominato). Inoltre, con particolare riferimento all’adeguatezza degli assetti rispetto alla tempestiva emersione della crisi di impresa, essa risulterà se tali assetti consentiranno di rilevare – sempre per tempo – i segnali individuati nell’art. 3 Codice della crisi [9], da leggersi in combinazione con le disposizioni sulla composizione negoziata di cui all’art. 12 ss. del Codice della crisi [10]. Svolte queste doverose precisazioni, come accennato, nelle fonti normative risultano assenti indicazioni da cui possa evincersi cosa sono gli assetti e quale sia il loro contenuto. Un utile supporto viene fornito dalle Norme di comportamento del collegio sindacale di società [11] – attualmente in aggiornamento – ove si è tentato di fornire una definizione di assetti amministrativi, organizzativi e contabili. Restringendo l’analisi all’ambito delle società non quotate, ad esempio, secondo le Norme di comportamento, si intende per assetto organizzativo: (i) il sistema di funzionigramma e di organigramma e, in particolare, il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità, (ii) il complesso procedurale di controllo. Per quanto attiene al sistema amministrativo-contabile, le Norme di comportamento ne forniscono una definizione in termini di insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative dirette a garantire la completezza, la [continua ..]
Si è precisato che gli specifici obblighi di adozione, cura e valutazione ricadono sull’organo di amministrazione della società, mentre l’art. 2403 c.c. demanda all’organo di controllo la vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società.
Occorre puntualizzare che l’istituzione di un assetto organizzativo adeguato costituisce per gli amministratori un obbligo specifico, ma dal contenuto aperto, dal momento che, in base ai principi che sorreggono le scelte di gestione, gli amministratori si muovono all’interno di uno spazio di discrezionalità che poggia sui risultati della scienza aziendalistica, tenendo però conto delle esigenza di circolazione delle informazioni che le procedure adottate nell’istituire gli assetti devono realizzare. Aspetto quest’ultimo importantissimo perché ho sentito accennare alla funzione di garanzia svolta dagli organi. Funzione di garanzia che esiste, sicuramente, ma che deve essere correttamente inclusa nel concetto della ragionevolezza secondo le regole della business judgement rule (BJR). È doveroso soffermarsi, ancorché sinteticamente, su questo aspetto perché, come è noto, l’art. 2407, comma 2, c.c. nel suo incipit sibillinamente profetizza che “i sindaci sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi”, il che sotto il profilo della vigilanza sull’adeguatezza degli assetti espressa nell’art. 2403 c.c. implica una stretta correlazione anche con la corretta delimitazione delle responsabilità degli amministratori. Con riferimento all’obbligo di istituzione degli assetti, per quanto attiene alle responsabilità dell’organo di amministrazione, il più recente formante giurisprudenziale considera la mancata istituzione degli assetti una forma di grave irregolarità gestoria, ma tende ad applicare, anche alle scelte organizzative, il principio della BJR, ritenendo che la scelta organizzativa afferisca al merito gestorio e sia quindi insindacabile nei limiti in cui sia razionale, non connotata da imprudenza e accompagnata dalle verifiche idonee. Ne consegue il corollario che, la predisposizione di un assetto organizzativo costituisce per gli amministratori un obbligo organizzativo che può essere efficacemente assolto guardando, non tanto a rigidi parametri normativi (non essendo enucleabile dalle fonti un modello di assetto utile per tutte le situazioni), quanto ai principi elaborati dalla scienza aziendalistica ovvero dalle associazioni di categoria o dai codici di autodisciplina. L’impiego di “una clausola elastica” all’interno delle previsioni recate [continua ..]
Concentriamo l’attenzione sul ruolo dei sindaci. Per quanto attiene alle funzioni dell’organo di controllo, la normativa presuppone, oggi anche al fine della segnalazione ex art. 25-octies del Codice della crisi, che l’organo di controllo verifichi che l’organo di amministrazione effettui valutazioni costanti circa l’adeguatezza dell’assetto e che sia in grado di assumere idonee iniziative per garantire tale adeguatezza. Prima di esaminare la disposizione, è doveroso effettuare alcuni cenni in ordine al sistema di amministrazione e controllo tradizionale delle s.p.a. e all’assetto dei controlli dele s.r.l. (applicabili, a seconda dei casi, alle società cooperative [20]). Nel sistema tradizionale di amministrazione e controllo della s.p.a., è il collegio sindacale a svolgere le funzioni dell’organo di controllo, mentre nella s.r.l. l’organo di controllo, quando nominato, può assumere composizione pluripersonale e coincidere con il collegio sindacale, ovvero essere monocratico: in tale ultimo caso, le funzioni di vigilanza ex art. 2403 c.c. sono svolte dal c.d. sindaco unico. Come anticipato, l’art. 2403 c.c. affida al collegio sindacale la vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto e sul suo concreto funzionamento. Di talché, l’organo di controllo è tenuto a valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo rispetto alle dimensioni, alla complessità e alle caratteristiche specifiche della società, con particolare attenzione alla completezza delle funzioni aziendali esistenti, alla separazione e alla contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni e alla definizione delle deleghe e dei poteri di ciascuna funzione. Al riguardo, è opportuno mettere in evidenza come, una volta che i sindaci abbiano valutato l’idoneità degli assetti interni anche ai fini preventivi di cui all’art. 2086, comma 2, c.c., essi debbano poi vigilare con assiduità sulla loro realizzazione e sull’idoneità del sistema adottato a conseguire in concreto i risultati richiesti, segnalando – ed esigendo – che in corso d’opera vangano effettuati opportuni correttivi e adattamenti: si tratta di una attività non saltuaria, bensì permanente e svolta continuativamente durante l’incarico, intensificando l’interlocuzione con [continua ..]
Il passaggio è degno di nota, perché la funzione del collegio sindacale (o del sindaco unico di s.r.l.) è nettamente differente da quella svolta dal revisore legale. In argomento, è doveroso rimarcare che, conformemente a quanto previsto dalla direttiva 2013/34/UE, cui si è aggiunta la successiva direttiva 2014/56/UE e dalla normativa interna di recepimento (d.lgs. n. 39/2010 e, successivamente, d.lgs. n. 135/2016 che ha integrato e modificato il d.lgs. n. 39/2010) al revisore legale compete unicamente l’attività di revisione legale e non anche la funzione di vigilanza ex art. 2403 c.c. (propria unicamente del collegio sindacale) [25]. Motivo per cui, ricoprendo l’organo di controllo interno e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti distinti ruoli ed essendo dotati di differenti prerogative e responsabilità, essi hanno accesso alle informazioni ad un diverso livello: in ragione di tanto, lo scambio di informazioni (e dati) rilevanti per l’espletamento dei rispettivi compiti può rappresentare per l’organo di controllo un utile presidio per svolgere il controllo di legalità e supervisione sul sistema di controllo interno. È proprio una simile eterogeneità a giustificare le disposizioni legislative che prevedono, in capo ai soggetti sopra richiamati, un obbligo di scambio reciproco, incrociato e tempestivo delle informazioni. Infatti, l’attività del revisore legale dei conti, nel suo ruolo di garante della qualità dell’informativa economico-finanziaria dell’impresa revisionata, risulta particolarmente cruciale nelle situazioni di pre-crisi e crisi. Innanzitutto, è fondamentale ricordare che la finalità della revisione legale dei conti è quella di accrescere il livello di fiducia degli utilizzatori nel bilancio. Ciò si realizza mediante l’espressione di un giudizio da parte del revisore in merito al fatto se il bilancio sia redatto, in tutti gli aspetti significativi, in conformità al quadro normativo sull’informazione finanziaria applicabile, ovvero fornisca una rappresentazione veritiera e corretta in conformità al quadro normativo di riferimento. Muovendo dall’esame delle nuove previsioni contenute nel Codice della crisi e dall’impianto normativo all’interno del quale già si colloca l’attività del [continua ..]
Ecco allora che referente privilegiato dell’organo di controllo sarà il revisore legale, tenuto a monitorare la continuità aziendale, con il quale verranno scambiate importantissime informazioni nei casi in cui il collegio sindacale non eserciti la funzione di revisione legale anche ai fini della segnalazione dell’organo di controllo prevista ai sensi e per gli effetti dell’art. 25-octies Codice della crisi. Su questo aspetto, sia consentito effettuare alcune preliminari considerazioni di insieme, volte a dimostrare come il sistema della segnalazione ex art. 25-octies Codice della crisi possa non assolvere alla funzione per cui è stato ideato. In primo luogo, stante la possibile configurazione del sistema dei controlli delle s.r.l., un considerevole numero di queste società sfugge all’ambito di applicazione della segnalazione, in quanto il revisore legale non è legittimato a effettuare la segnalazione all’organo di amministrazione: di talché per rendere effettiva l’operatività della anticipata emersione della crisi, si dovrebbe necessariamente passare per la riconsiderazione dell’art. 2477, comma 2, c.c. prevedendo la presenza obbligatoria di un organo di controllo e non la possibilità di consentire in alternativa alla nomina del collegio sindacale o del sindaco unico, quella di un revisore legale [26]. In secondo luogo, mette conto rilevare che l’art. 25-octies tace sulle importanti, sebbene differenti, funzioni che il revisore può svolgere nella rilevazione della perdita della continuità. Sotto l’angolo visuale del legislatore, per favorire la realizzazione di un meccanismo di “allerta precoce”, sarebbe stato preferibile mantenere inalterata la vecchia formulazione dell’art. 14 Codice della crisi che esplicitava chiaramente che sindaci e revisori svolgono ex lege funzioni differenti che possono trovare efficace sintesi nel reciproco coordinamento e scambio di flussi informativi. L’art. 14 della originaria versione del Codice della crisi, infatti, faceva ricadere gli obblighi di segnalazione non solo sull’organo di controllo, bensì anche sul soggetto incaricato della revisione legale – persona fisica o società di revisione – chiamati ad attivarsi presso l’organo di amministrazione, ciascuno nell’ambito dele proprie funzioni. In tal modo, veniva ben [continua ..]
Torniamo comunque alla normativa vigente e passiamo a esaminare quali sono le maggiori perplessità che originano dalle previsioni di cui all’art. 25-octies del Codice della crisi in punto di segnalazione dei sindaci al fine di produrre l’anticipata emersione della crisi [29]. L’art. 25-octies Codice della crisi consta di due commi. Il comma 1 si sofferma sulle modalità con cui va effettuata la segnalazione e ribadisce che, in pendenza delle trattative, rimane fermo il dovere di vigilanza di cui all’art. 2403 c.c. Il comma 2 precisa che la tempestiva segnalazione all’organo di amministrazione e la vigilanza sull’andamento delle trattive sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall’art. 2407 c.c. L’obbligo di segnalazione viene allora correlato agli obblighi di vigilanza dalla cui inosservanza origina la responsabilità ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2407, comma 2, c.c., di talché i sindaci sono tenuti ad attivarsi tempestivamente con la segnalazione per evitare l’omissione di un atto dovuto, peraltro prescritto dall’art. 2086, comma 2, c.c. o, nel corso delle trattative per la composizione negoziata, per fronteggiare e ostacolare l’attività dell’organo di amministrazione produttiva, anche potenzialmente, di danni per la società, i soci e i creditori [30]. Ciò premesso, è intuitivo che quanto dispone l’art. 25-octies Codice della crisi non è affatto rasserenante per i sindaci di società, come si tenterà di dimostrare. Analizziamo la disposizione. Per quanto attiene alla vigilanza sulle trattive, richiamata nel comma 1, nulla quaestio. È ovvio che se le trattive sono state aperte, la gestione dell’impresa, pur restando saldamente nelle mani degli amministratori, sarà orientata a individuare strumenti e/o provvedimenti che possano effettivamente condurre alla conclusione delle trattive (con la composizione dei contrapposti interessi delle parti coinvolte dall’esperto), o in caso di esito negativo delle trattative, con l’adozione degli strumenti di regolazione della crisi, quali sono ad esempio accordi di ristrutturazione, piano attestato o anche concordato. In questa fase, l’attività di vigilanza condotta dall’organo di controllo è quella tradizionale (sul rispetto della legge, sul rispetto dei [continua ..]
Stando al testo vigente dell’art. 25-octies Codice della crisi, si potrebbe ritenere che la valutazione della tempestività della segnalazione potrebbe fondarsi facendo riferimento ai casi in cui l’attivazione dell’organo di controllo rispetti la tempistica prestabilita nell’art. 3, comma 4, Codice della crisi, ovvero segua con immediatezza alla segnalazione effettuata dal creditore pubblico qualificato ai sensi dell’art. 25-novies Codice della crisi. A tal riguardo, considerato l’obiettivo che il legislatore intende realizzare con la segnalazione, obiettivo che, principalmente, è di attivare l’organo di amministrazione presso la CCIAA per la nomina dell’esperto nella prospettiva di prevenire la crisi o di risanare l’impresa senza aggravarne la crisi in atto, la segnalazione, previa valutazione delle specifiche circostanze, dovrebbe essere tempestiva se intervenuta a stretto giro rispetto al momento in cui l’organo di controllo sarà venuto a conoscenza della situazione di squilibrio patrimoniale o economico e finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza, o dell’insolvenza medesima, ovvero della segnalazione ricevuta dal creditore pubblico qualificato. Per poter soddisfare il requisito della tempestività, si renderà opportuno, pertanto, un costante monitoraggio sulla gestione e un uso appropriato dei poteri strumentali all’esercizio della vigilanza da parte dell’organo di controllo, finanche tramite l’effettuazione di verifiche ad hoc svolte per mezzo di richieste di predisposizione di situazioni patrimoniali infrannuali, redatte dagli amministratori con le modalità più appropriate, a seconda dell’organizzazione societaria, e a scadenza ravvicinata rispetto al semestre considerato nell’art. 2381 c.c., per la valutazione e la relativa vigilanza dell’andamento economico e finanziario. Chiaro, allora, che l’assenza di un termine specifico per misurare la tempestività della segnalazione rischia di generare confusione tra i professionisti e di provocare diversità di giudicato a seconda delle differenti sensibilità coinvolte, posto che le disposizioni sembrano lasciare ai sindaci, in primis, e ai giudici in un secondo momento, la valutazione del caso concreto. In una prospettiva di futura correzione del testo sarebbe opportuno chiarire in cosa consista tale [continua ..]
È del 31 luglio scorso l’ordinanza n. 23200/2023, con cui la Corte di Cassazione è tornata a esprimersi in ordine alle responsabilità derivanti da omissioni dei sindaci ex art. 2407, comma 2, c.c., confermando l’indirizzo cristallizzato nei precedenti resi, in base al quale i doveri di controllo imposti ai sindaci sono certamente contraddistinti da una particolare ampiezza, poiché si estendono a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela e dell’interesse dei soci e di quello, concorrente, dei creditori sociali. Di modo che, per affermarne la responsabilità, può ben esser sufficiente l’inosservanza del dovere di vigilanza in ordine al rispetto dei principi di corretta amministrazione. Ciò accade, in particolare, quando i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità poiché, in tal caso, il mantenimento di un comportamento inerte implica che non si sia vigilato adeguatamente sulla condotta degli amministratori pur nella esigibilità di un diligente sforzo per verificare la situazione anomala e porvi rimedio, col fine di prevenire eventuali danni. Peraltro, anche la semplice minaccia di ricorrere a un’autorità esterna [38] può costituire deterrente sotto il profilo psicologico al proseguimento dell’attività antidoverosa da parte dell’organo di amministrazione. Peraltro, secondo la Cassazione, non va trascurato che la condotta impediente omessa va valutata nel contesto complessivo delle circostanze concrete, in quanto l’inerzia del singolo all’unirsi all’identico atteggiamento omissivo degli altri acquista efficacia causale, dato che, all’opposto, una condotta attiva giova a “rompere il silenzio” sollecitando, con il richiamo agli obblighi imposti dalla legge e ai principi di corretta amministrazione, un analogo atteggiamento degli altri. Per consolidato orientamento dei giudici, la responsabilità dei sindaci ai sensi dell’art. 2407, comma 2, c.c., come in tutti i casi di concorso omissivo nel fatto illecito altrui, richiede che sia fornita prova di tutti gli elementi.
Sempre la giurisprudenza ha precisato che l’onere di allegazione e prova nelle azioni di responsabilità intentate contro l’organo di controllo spetta alla curatela: esso consiste nel fornire la prova dell’inerzia del sindaco del fatto illecito gestorio, oltre dell’esistenza di segnali d’allarme che avrebbero dovuto indurre i sindaci ad assumere un utile comportamento proattivo volto a limitare il danno, ricorrendo agli strumenti che l’ordinamento già prevede. Assolto tale onere, l’inerzia del sindaco integra di per sé responsabilità, restando a carico di quest’ultimo provare di essere stato nella concreta impossibilità di attivarsi utilmente, ponendo in essere tutta la gamma di atti, sollecitazioni, richieste, richiami, indagini, comprese, eventualmente, le denunce alle autorità preposte e al Giudice civile o penale. Ai fini della pronuncia delle responsabilità, occorre accertare la condotta consistente nell’inerzia; l’evento, quale fatto pregiudizievole e antidoveroso altrui; il nesso causale, mediante il cd. giudizio controfattuale, allorché l’attivazione dei sindaci avrebbe potuto impedire l’evento, anche con riguardo alla sua protrazione, reiterazione o aggravamento e l’elemento soggettivo posto a monte dell’azione o dell’omissione. Probatio diabolica, diremmo, considerato che è molto difficile provare con assoluta certezza che il danno non si sarebbe prodotto se i sindaci avessero esercitato i poteri di intervento e reattivi di cui sono dotati, visto che, a parte limitati casi d’eccezione [39], i sindaci non vantano alcun potere gestionale [40]. Per tal motivo, in ordine al nesso causale, si è precisato che l’accertamento della responsabilità dei sindaci richiede la prova ragionevole (ovviamente presuntiva, investendo essa un elemento controfattuale) che il comportamento da loro esigibile avrebbe indotto l’organo amministrativo a desistere dal commettere i fatti illeciti dannosi, incidendo, per tal motivo, sulla causazione del danno e delle conseguenze pregiudizievoli da esso derivanti. In altri termini, il prevalente e costante orientamento della giurisprudenza ravvisa la responsabilità del collegio sindacale, ai sensi dell’art. 2407, comma 2, c.c., ogni volta in cui l’organo di controllo non abbia impedito o limitato gli effetti [continua ..]
Il ruolo svolto dall’organo di controllo diventa ancor più pregante a seguito delle novità introdotte con la definitiva entrata in vigore del Codice della crisi, risultando i sindaci coinvolti non solo nel processo di valutazione e vigilanza dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, bensì anche nei procedimenti di valutazione delle condizioni di squilibrio patrimoniale economico e finanziario, ovvero dell’esistenza di inadempimenti rilevanti, che possano richiedere una proattiva segnalazione all’organo di amministrazione per l’adozione degli opportuni provvedimenti volti a fronteggiare la crisi e a superarla. Si auspica che, considerato l’attuale scenario economico connotato da profonde incertezze sistemiche, non si diffondano, sia in ordine agli obblighi di istituzione, valutazione e vigilanza dei protocolli organizzativi imposti a tutte le imprese ai sensi e per gli effetti degli artt. 2086, comma 2, c.c. e 3 Codice della crisi, sia in relazione agli obblighi di segnalazione per i sindaci, meccanismi di valutazione dell’operato degli organi sociali ex post che pretendano di desumere dall’accertamento dell’insolvenza – e dalla conseguente apertura della liquidazione giudiziale – la prova sia dell’inadeguatezza del protocollo organizzativo nel percepire gli indicatori di crisi, sia della non tempestiva adozione di rimedi idonei a farvi fronte [43]. Resta sullo sfondo la questione di vertice attinente alla necessità di “perimetrare” l’ambito delle responsabilità dei sindaci declinate nell’art. 2407, comma 2, c.c., cui anche il Codice della crisi rinvia per favorire la segnalazione dell’organo di controllo ai fini di anticipata emersione della crisi.