Il contributo presenta una prima analisi della disciplina del whistleblowing contenuta nel recentissimo d.lgs. 10 marzo 2023, n. 24, di attuazione della direttiva 2019/1937/UE. Di tale disciplina sono, quindi, individuate le criticità applicative e di interpretazione, con specifico riferimento alle disposizioni relative alle segnalazioni negli enti privati. Al riguardo, è approfondito il tema del rapporto tra il “sistema” risultante dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche) e la nuova disciplina del whistleblowing, specie con riferimento all’individuazione dell’entità deputata a gestire i canali di segnalazione interna.
Scarica il pdf della delibera “Linee guida in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali. Procedure per la presentazione e gesitione delle segnaazioni esterne“.
The contribution presents a preliminary analysis of the whistleblowing regulation, contained in the very recent legislative decree of March 10, 2023, no. 24, implementing the directive 2019/1937/EU. Within this regulation, the application and interpretation issues are identified, specifically referring to the provisions concerning reports within private entities. In this regard, the relationship between the “system” resulting from legislative decree no. 231/2001 (Criminal liability for organizations) and the new whistleblowing regulation is explored, especially regarding the identification of the entity responsible for managing internal reporting channels.
1. L’attuazione della direttiva 2019/1937/UE ed i punti cardine della nuova disciplina in materia di segnalazioni - 2. I profili critici e le difficoltà interpretative: una rassegna - 3. Le criticità legate ai c.d. canali whistleblowing - 4. Il nuovo “sistema” di segnalazione ed il ruolo dell’Organismo di Vigilanza - NOTE
Il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 24, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali” [1], detta la nuova disciplina in tema di segnalazioni, recependo i principi contenuti nella direttiva europea [2]. Pur intervenendo con ritardo [3], il d.lgs. n. 24/2023 recepisce in buona misura le indicazioni del Legislatore europeo, superando l’approccio presente nella normativa nazionale per orientarsi sul diverso schema della prevenzione; con l’obiettivo, non troppo celato, di far emergere, tempestivamente, le irregolarità nell’ambito di contesti organizzati [4]. Con un inedito mutamento di prospettiva, reso esplicito già dalla rubrica del decreto [5], la nuova disciplina si concentra, in modo nettamente più deciso rispetto a quella precedente, sul momento della protezione degli informatori. Ciò sull’assunto, manifestato chiaramente nei considerando [6], che il contrasto anticipato di malpractices risulta favorito dalla previsione di adeguati (ed elevati) presidi di difesa degli informatori. La convinzione trasfusa negli articoli del decreto è che soltanto privilegiando opzioni di salvaguardia dei segnalanti [7] si può consentire la normalizzazione (e il conseguente incremento) delle segnalazioni di condotte anti-doverose, privandole di quell’alone di delazione che l’opinione comune normalmente attribuisce loro [8]. Del resto, la riforma si è resa necessaria per andare incontro al rilievo secondo cui “l’introduzione o l’ampliamento di sistemi di segnalazione di violazioni in tutti gli Stati membri dell’UE […] aiuterebbe a migliorare, dal basso verso l’alto, la gestione delle politiche dell’UE, tramite le azioni dei cittadini e dei dipendenti” [9]; ciò in considerazione del fatto che, al 2019, solo 10 Paesi su 27 (tra cui l’Italia) disponevano già di una disciplina per la protezione dei segnalanti [10], pur diversificata quanto a soglie e forme di tutela [11]. Da qui, la definizione della direttiva 2019/1937/UE con cui si è sancito l’obbligo degli Stati di [continua ..]
La prima notazione riguarda l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina (art. 1, “ambito di applicazione oggettivo”). Il Legislatore, pur elencando puntualmente le tipologie di violazioni rilevanti ai sensi del decreto, subordina l’operatività della regolamentazione alla seguente triplice condizione: che le predette infrazioni ledano l’interesse pubblico ovvero l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato [36]; che siano conosciute in un contesto lavorativo; che non attengano a contestazioni meramente personali, ovvero a specifici settori sensibili o già disciplinati. Tuttavia, mentre con riferimento agli ultimi due requisiti non si pongono particolari questioni, la limitazione rappresentata dalla lesione dell’interesse pubblico o dell’integrità dell’ente, chiara quanto a intenti [37], presenta potenziali discordanze con la legislazione eurounitaria, atteso che la direttiva [38] non subordina i meccanismi di segnalazione al fatto che vi sia una lesione dell’interesse pubblico o dell’integrità dell’ente di riferimento [39]. Per questo, l’indicazione contenuta nella disciplina nazionale potrebbe configurare un’indebita restrizione del livello minimo di garanzia stabilito a livello sovranazionale [40], oltre che introdurre margini di opinabilità poiché, in assenza di ogni ulteriore indicazione puntuale, non è chiaro quale sia il necessario grado di compromissione dei beni indicati affinché il segnalante possa beneficiare delle tutele previste. L’aspetto più complesso della disciplina riguarda, però, la declinazione concreta degli strumenti apprestati, sotto il profilo di chi può segnalare cosa e di come può farlo: la tecnica legislativa impiegata, infatti, impone di dipanare un groviglio di intricate definizioni, di continui rimandi normativi e di letture in combinato disposto con gli allegati al decreto e con la direttiva, di talché non risulta agevole ricavare l’esatto quadro delle regole. Occorre anzitutto chiarire quali siano le violazioni del diritto nazionale o europeo rilevanti, aspetto su cui soccorrono le recentissime Linee Guida A.N.AC. [41]; individuare gli enti pubblici o privati tenuti a predisporre i sistemi e rispettare le tutele whistleblowing [42]; vagliare le persone [continua ..]
Ancorché con un grado minore, anche le disposizioni contenute nei Capi II e III del d.lgs. n. 24/2023 presentano difficoltà applicative. Si tratta delle parti della disciplina relativa ai canali di segnalazione, alle misure di protezione (ed alle garanzie generali) apprestate agli informatori (ed ai terzi), nonché al relativo apparato sanzionatorio. Più in particolare, nel Capo II sono contenute le novità di maggior rilievo, dal momento che in esso è introdotto, tanto per gli enti pubblici quanto per i privati, l’obbligo di prevedere tre distinte linee di divulgazione, di cui sono tracciati i requisiti e le procedure di funzionamento [60]: canali di segnalazione interna, canali di segnalazione esterna (gestiti dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, ma che includono anche le denunce alla autorità giudiziaria ed alla magistratura contabile) e canali di divulgazione pubblica. Nel decreto si fissano le condizioni di fruizione di ciascun canale, stabilendo una progressione in sequenza per l’accesso alle linee di comunicazione [61]. Le previsioni contenute negli artt. 6 (condizioni per la segnalazione esterna) e 15 (divulgazioni pubbliche), infatti, depongono nel senso che il segnalante deve privilegiare i canali interni, potendo adire quelli esterni all’organizzazione solo successivamente, al ricorrere di determinate condizioni tra cui, ad esempio, l’inerzia dei responsabili interni [62]. Questo per consentire che le informazioni pertinenti giungano rapidamente ai soggetti più vicini all’origine della (eventuale) criticità, i quali dispongono di immediati mezzi di indagine e reazione, quanto di bilanciamento con gli interessi degli enti soggetti alla disciplina che potrebbero subire gravi danni di immagine laddove vengano esternate informazioni poi rivelatesi infondate [63]. Come correttamente sottolineato sul punto dall’A.N.AC. “una più efficace prevenzione e accertamento delle violazioni passa attraverso l’acquisizione di informazioni pertinenti da parte dei soggetti più vicini all’origine delle violazioni stesse. Tale principio, inoltre, è volto, da un lato, a favorire una cultura della buona comunicazione e della responsabilità sociale d’impresa all’interno delle organizzazioni, dall’altro, a fare in modo che i segnalanti, facendo emergere atti, omissioni o [continua ..]
Tra i profili di maggior rilievo, destinati a incidere sulla concreta attuazione del sistema di segnalazione negli enti privati, vi è senz’altro quello relativo al rapporto tra i modelli di organizzazione, gestione e controllo di cui al d.lgs. n. 231/2001 (MOG) e l’apparato whistleblowing, specie avuto riguardo alla individuazione dell’entità deputata a gestire i canali di segnalazione interna. Il d.lgs. n. 24/2023, infatti, disciplina in via generale il comparto delle segnalazioni meritevoli [68] e supera i criteri di cui al previgente art. 6, comma 2-bis-quater, d.lgs. n. 231/2001 [69], abrogandoli e introducendo il nuovo obbligo di istituire i canali di segnalazione interna, in uno con le sanzioni disciplinari e il divieto di ritorsione [70]. Tuttavia, il Legislatore ha mantenuto una stretta connessione tra i due ambiti, stabilendo espressamente che i MOG prevedano i canali di segnalazione interna che, di conseguenza, divengono indice di idoneità dei Modelli stessi [71]. Ora, la mutata fisionomia dei canali di segnalazione interna [72] impone di verificare se le prassi aziendali, che spesso affidano all’Organismo di Vigilanza il compito di ricevere le segnalazioni, siano compatibili anche con la nuova disciplina. Da un lato, infatti, il d.lgs. n. 24/2023 richiede che la gestione delle segnalazioni sia assegnata “a una persona o a un ufficio autonomo dedicato e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione, ovvero è affidata a un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificatamente formato” [73]: ciò potrebbe indurre a ritenere l’Organismo di Vigilanza inadatto allo scopo; dall’altro, le segnalazioni (specie ove relative a violazioni del Modello), pur non potendosi configurare come flussi informativi propriamente detti [74], rivestono grande rilevanza nell’orientare le attività di vigilanza dell’Organismo e per tale ragione devono essere comunque portate alla sua attenzione. Come sopra anticipato, la tipizzazione dell’art. 4, comma 2, esplicita come la gestione della linea interna di segnalazione (e lo svolgimento degli adempimenti definiti dall’art. 5 [75]) possa essere affidata, indifferentemente, ad una persona fisica, ad un ufficio interno che sia autonomo, dedicato e costituito da “personale specificamente formato, [continua ..]