Il tema dei modelli di organizzazione e controllo di prevenzione dei rischi, della loro efficacia ed efficienza nel contesto della architettura del sistema dei controlli nelle società di capitali (e invero anche nelle imprese non a forma capitalistica, a seguito delle note innovazioni contenute nel Codice della crisi in materia di assetti aziendali), al quale è dedicata la maggior parte dei contributi del presente fascicolo della Rivista, costituisce tutt’ora fonte di rilevanti incertezze interpretative e applicative e giustifica pertanto, ampiamente, la scelta dei suoi Direttori di dedicarvi una specifica attenzione.
Nonostante, infatti, i molti anni trascorsi dalla entrata in vigore del d.lgs. n. 231/2001 e l’abbondante letteratura specialistica che si è formata in materia, per la verità di matrice prevalentemente penalistica, sollecitata da alcune significative pronunce della magistratura appunto penale, la collocazione e le attribuzioni degli organismi di vigilanza chiamati a presidiare la predisposizione e applicazione dei modelli di organizzazione e controllo nell’ambito degli assetti aziendali di controllo interno delle imprese risultano a tutt’oggi tutt’altro che definite, anche a causa della persistente lacunosità e genericità delle indicazioni legislative.
Non è in discussione il fatto che la valutazione circa l’“adeguatezza” degli assetti aziendali, argomento sul quale l’attenzione della letteratura è ormai, notoriamente, dilagante, anche perché da qualche tempo esso è entrato di prepotenza anche nel “circuito” delle decisioni giudiziarie in ambito societario, postula l’efficacia ed efficienza dei meccanismi e delle procedure, in definitiva delle “regole”, di controllo interno, idonei e funzionali a “intercettare” violazioni rilevanti di obblighi di legge. Del pari generalmente condiviso è l’orientamento secondo cui, in questo contesto, l’organismo di vigilanza ex d.lgs. n. 231, quale soggetto chiamato a presidiare il funzionamento dei modelli di prevenzione dei reati, sia chiamato a svolgere un ruolo cruciale.
Quel che è invece, tutt’ora, fonte di incertezze interpretative e applicative è la rigorosa delimitazione del perimetro delle attribuzioni di questi organismi nell’articolato e variegato universo dei soggetti ai quali competono compiti di controllo interno nelle imprese societarie. A partire dalla messa a fuoco del coordinamento tra quelle degli OdV e del collegio sindacale (e, aggiungerei, del Comitato per il controllo interno e dei rischi negli emittenti e nei soggetti vigilati), tenendo conto del fatto che anche all’organo di controllo interno fanno carico specifiche attribuzioni ai fini della prevenzione dei reati dell’impresa e dei suoi esponenti apicali. Questione che si pone con specifica [continua..]