Rivista Corporate Governance ISSN 2724-1068 / EISSN 2784-8647
G. Giappichelli Editore

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I progetti della Banca sul recupero delle eccedenze produttive: l'impatto e il valore generato (di Gabriele Sepio, Partner Studio legale e-Ius, coordinatore tecnico-fiscale per la Riforma del Terzo settore presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali)


Il presente contributo intende soffermarsi sulla cultura del dono e su come le iniziative intraprese da intesa Sanpaolo rivestano un ruolo determinante per lo sviluppo di un'economia circolare incentivata sempre più dalle misure fiscali previste dalla legge n. 166/2016 (legge Gadda o antisprechi)

Bank's projects on the recovery of production surplus: the impact and the value generated

This paper aim is to focus on the culture of “giving” and explore how the conducts by banca Intesa Sanpaolo could play a decisive role in the development of a circular economy increasingly encouraged by the tax measures established by law no. 166 of 2016 (Gadda or anti-waste Law).

SOMMARIO:

1. Il valore della legge Gadda n. 166/2016, c.d. “antisprechi” - 2. I “temi” della legge n. 166/2016 - 3. L’impianto della legge “antisprechi” - 3.1. I beni donabili - 3.2. Ambito soggettivo: i soggetti donanti - 3.3. I soggetti donatari - 3.4. La disciplina fiscale delle cessioni gratuite a fini di solidarietà sociale - 3.5. Altri incentivi fiscali. La riduzione TARI - 3.6. L’impatto delle iniziative promosse da Intesa Sanpaolo per il sociale - NOTE


1. Il valore della legge Gadda n. 166/2016, c.d. “antisprechi”

I percorsi progettuali avviati da Intesa Sanpaolo in tema di recupero delle eccedenze rappresentano un esempio virtuoso di attività destinate a favorire la circolazione di nuova ricchezza generando valore attraverso il dono. Un tema, quello delle donazioni di beni, che consente di creare un legame sempre più profondo tra mercato e Terzo settore anche attraverso l’utilizzo di norme, quale la legge n. 166/2016, destinate ad assumere un ruolo sempre più strategico per lo sviluppo dell’economia sociale. Nel contesto normativo italiano odierno, infatti, seppur numerose siano le forme di premialità che consentono al mercato di investire nell’economia sociale, la legge Antisprechi (legge n. 166/2016 o legge Gadda) rappresenta, sicuramente, il principale strumento per incentivare grandi e piccole imprese a donare prodotti di prima necessità rimasti invenduti o inutilizzati e promuovere, anche nel nostro Paese, un’economia di tipo circolare con annessi meccanismi di incentivazione. Tale legge, infatti, ha come principale finalità quella di ridurre gli sprechi nella catena di produzione, distribuzione e somministrazione di determinate tipologie di beni, sensibilizzando l’opinione pubblica e le piccole e grandi imprese sull’importanza di favorire la transizione del nostro Paese verso un’economia di tipo circolare. La norma nel corso del tempo si è “adattata” all’evoluzione dei bisogni sociali e del mercato. Da un lato richiamando tipologie di beni sempre più vicine alle esigenze di vita e di salute delle persone in difficoltà e dall’altro, venendo incontro alla crescente esigenza di trasformare la cessione dei beni per finalità sociale in uno strumento reputazionale, attraverso il quale il mercato evidenzia il proprio legame duraturo e stabile con il sistema della solidarietà. Come vedremo più avanti proprio in questo scenario si collocano le diverse iniziative avviate da Intesa Sanpaolo che presentano come filo conduttore la valorizzazione del dono attraverso un legame stabile con gli enti del Terzo settore e le comunità locali deputate per missione a raggiungere il bisogno e le fragilità. La legge antisprechi rappresenta, dunque, un punto di riferimento per chi decide di investire nel sistema dell’economia circolare e pur avvalendosi di strumenti giuridici e fiscali atti a [continua ..]


2. I “temi” della legge n. 166/2016

La chiave di volta che ha decretato il successo della legge n. 166/2016 è stata la capacità di guardare alla filiera del dono e al suo aspetto multisettoriale sotto un punto di vista innovativo anche nell’ambito del più ampio dibattito sulla sostenibilità, portando l’attenzione non solo sui classici temi ambientali ma anche finalmente su quelli sociali declinati anche sotto il profilo della loro valenza economica. L’efficienza della filiera produttiva, logistica e distributiva, nel prevenire e recuperare le eccedenze laddove si dovessero generare, crea un valore economico attraverso un consumo oculato e attento, un valore per l’ambiente in termini di utilizzo di materie prime ed energia, consumo di suolo e acqua, emissioni di anidride carbonica. Crea, inoltre, un valore sociale nel momento in cui le eccedenze arrivano a soddisfare il bisogno di chi è più fragile. La legge n. 166 è, dunque, un modello ispirato alla “circolarità” nel suo insieme attraverso un coinvolgimento composito e lineare dell’intera filiera di produzione, distribuzione e consumo finale dei beni e la rilevanza socio-economica del sistema. Circolarità che si arricchisce quando il sistema finanziario riesce a fungere da collettore rispetto al dialogo tra profit e non profit come avviene nei progetti avviati da Intesa San Paolo di cui parleremo più avanti. Altro “tema” legato alla applicazione della legge n. 166 è rappresentato dagli effetti virtuosi rappresentati dalle esperienze degli enti del terzo settore più strutturati per accogliere le potenzialità delle regole “antispreco”. Pensiamo alle migliaia di tonnellate di alimenti, farmaci e presidi medico chirurgici intercettati grazie al lavoro dei “banchi del sociale”, come Banco alimentare e Banco farmaceutico. Un lavoro che si è arricchito grazie all’ampliamento delle categorie dei beni donabili fruendo delle agevolazioni della legge n. 166, come gli integratori alimentari, prodotti per l’igiene della persona e della casa, prodotti di cartoleria e cancelleria, i quali sono passati dall’essere potenzialmente dei rifiuti a ritrovare una rinnovata vita attraverso la donazione. Non è un caso che, come vedremo, i beni donabili attraverso la legge antisprechi siano stati ampliati nel corso del tempo rispondendo ad esigenze sempre più [continua ..]


3. L’impianto della legge “antisprechi”

Il primo aspetto che emerge dalla lettura della norma è l’intento definitorio. Fare dunque chiarezza sulla terminologia e sugli obiettivi. Vengono così definiti per la prima volta e in modo formale i termini di “spreco” ed “eccedenza”, assegnando a que­st’ul­tima un ruolo prioritario. Lo spreco è un rifiuto, e va gestito come tale, mentre l’ec­cedenza riguarda prodotti che sono ancora idonei e fruibili per i consumatori, ma che per diverse ragioni, non sono più commercializzati o non commercializzabili e, dunque, non vengono immessi nel mercato o vengono da questo ritirati. Altro aspetto di non poco conto riguarda i riferimenti tecnici che consentono ad un prodotto di mantenere una propria idoneità al consumo e all’utilizzo. Viene così indicata dalla legge n. 166 una differenza importante, che è quella tra data di scadenza e termine minimo di conservazione. È possibile, dunque, donare prodotti prossimi alla scadenza e che hanno superato il termine indicato come preferibile per il consumo purché siano garantite l’in­tegrità dell’imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione. Di particolare interesse, invece, il richiamo alla recuperabilità dei prodotti sequestrati che sta ispirando tantissime progettualità virtuose sul territorio nazionale. Viene poi indicata una gerarchia di utilizzo e destinazione dei beni recuperati, con condivisibile priorità per il consumo umano, il sostegno vitale degli animali, e soltanto in via del tutto residuale la destinazione a rifiuto. La donazione delle eccedenze o dei prodotti non utilizzati è stata vissuta dalle imprese spesso come una scelta residuale in quanto costosa sotto il profilo dell’iter burocratico, dell’incertezza sugli effetti fiscali e, diciamolo chiaramente, anche della difficoltà a mutare prassi aziendali ispirate troppo spesso alla semplificazione dei processi, e dunque alla trasformazione del prodotto in eccesso in rifiuto, piuttosto che ad una sua valorizzazione sociale. Ecco allora che un punto di forza di non poco conto della legge n. 166 è dato dalla presenza di un quadro normativo chiaro in grado di coordinare disposizione civilistiche, fiscali, igienico-sanitarie. Come vedremo, dunque, per una corretta valorizzazione del dono è possibile coniugare i processi aziendali con un iter [continua ..]


3.1. I beni donabili

Seguendo l’impianto della norma una premessa operativa per una corretta applicazione delle disposizioni antisprechi è data dalla consapevolezza delle diverse categorie dei beni che possono essere oggetto di donazione ai fini della fruizione dei benefici fiscali previsti dalla normativa in esame. In particolare, è opportuno segnalare che nella legge antisprechi, il paniere dei beni oggetto della disciplina è tassativamente elencato dall’art. 16 della legge n. 166/2016 e ricomprende le eccedenze alimentari, i prodotti farmaceutici, i medicinali, gli articoli di medicazione, i prodotti per l’igiene e la cura della persona e della casa, gli integratori alimentari, i biocidi e gli articoli di cartoleria e cancelleria. A queste tipologie di beni, l’art. 71-bis del d.l. n. 18/2020 (conv. in legge n. 27/2020) ha aggiunto anche prodotti tessili, prodotti per abbigliamento e arredamento, giocattoli, materiali per l’edilizia ed elettrodomestici, nonché personal computer, tablet, e-reader e altri dispositivi per la lettura in formato elettronico, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari. Altre tipologie di prodotti potranno essere successivamente aggiunte con Decreto ministeriale, in virtù̀ di un’ap­posita previsione inserita in tal senso con la lett. g-quinquies) dell’art. 2, comma 1, della legge n. 166.


3.2. Ambito soggettivo: i soggetti donanti

Per quanto concerne l’ambito soggettivo, tra i soggetti donanti si collocano tutte le imprese – piccole o grandi che siano – che operano nella filiera che va dalla produzione al consumo finale dei beni di cui sopra. Si tratta, ad esempio, di imprese della grande distribuzione, punti vendita, piccoli esercizi commerciali, ristorazione organizzata e collettiva, ai produttori artigianali o industriali, mercati ortofrutticoli. Accanto a ciò, in conseguenza dell’ampliamento delle categorie di beni donabili, la legge n. 166/2016 ha ricompreso nella platea dei soggetti donatori anche le farmacie, le parafarmacie, i grossisti e le aziende titolari di autorizzazioni all’immissione in commercio di farmaci (i c.d. “soggetti donatori del farmaco”).


3.3. I soggetti donatari

Per quanto riguarda i soggetti donatari dei beni, questi vengono individuati in modo puntuale dall’art. 2, comma 1, lett. b), della legge n. 166 che, in proposito, annovera gli enti pubblici e gli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche i quali, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d’in­teresse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale, nonché attraverso forme di mutualità. A tali enti, pubblici e privati, viene perciò attribuito un ruolo fondamentale di mediazione e gestione del flusso dei beni tra imprese donatrici e destinatari finali. Approfondendo l’analisi degli elementi soggettivi, va notato che la formulazione originaria della norma comprendeva, tra gli enti privati senza scopo di lucro ammessi a ricevere i beni, le ONLUS di cui all’art. 10 d.lgs. n. 460/1997. Un riferimento quello iniziale alle ONLUS che non aveva la funzione di delimitare il novero dei soggetti donatari, ma solo quello di fornirne un’esemplificazione e, al limite, di esprimere una preferenza non vincolante verso gli enti che assumono questa specifica qualifica. In altri termini, la donazione avrebbe potuto (e potrebbe ancora oggi) avere luogo anche nei confronti di associazioni, fondazioni e altri soggetti di carattere non lucrativo, ancorché sprovvisti della qualifica di ONLUS. Peraltro l’attuale formulazione della norma amplia la platea dei soggetti introducendo il riferimento esemplificativo proprio agli enti del Terzo settore che gradualmente assorbiranno anche la categoria delle ONLUS. Tra i donatari, quindi, vi sono tutti gli enti iscritti nel Registro unico nazionale del terzo settore tra cui rientrano, ad esempio, associazioni di promozione sociale e organizzazione di volontariato, enti filantropici, società di mutuo soccorso, cooperative ed imprese sociali. Sul punto, giova rilevare che il tenore della norma porta ad ipotizzare che gli enti privati dotati delle stesse caratteristiche, ma privi della qualifica di ONLUS o di ente del Terzo settore, possano essere ammessi tra i soggetti donatari ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b), della legge antisprechi.


3.4. La disciplina fiscale delle cessioni gratuite a fini di solidarietà sociale

La legge n. 166/2016, a differenza delle precedenti norme intervenute sul tema delle donazioni, contiene una disciplina tributaria completa delle cessioni gratuite, con contestuale abrogazione delle disposizioni contenute in altre leggi o atti equipollenti. Nello specifico si riconoscono, alle imprese donanti apposite agevolazioni fiscali, a condizione che vengano assicurate (i) l’assenza di scopo di lucro delle cessioni, (ii) la destinazione dei beni ceduti a finalità di interesse generale ed (iii) il rispetto di specifici oneri documentali e comunicativi. In particolare, il comma 1 dell’art. 16 disapplica la presunzione di cessione ai fini IVA per le cessioni gratuite, a favore dei soggetti donatari, dei prodotti come sopra descritti e, in particolare, delle eccedenze alimentari, dei medicinali, degli articoli di medicazione, dei prodotti destinati alla cura ed all’igiene della persona e per l’igiene e la pulizia della casa, degli integratori alimentari, dei biocidi, dei presidi medico-chirurgici e dei prodotti di cartoleria e cancelleria, dei prodotti tessili e di abbigliamento, dei complimenti di arredo, dei prodotti di elettronica, nonché degli ulteriori prodotti eventualmente indicati con un apposito Decreto di attuazione. In altri termini, ai fini IVA, le cessioni gratuite di cui sopra, eseguite nel rispetto delle procedure previste dalla norma, sono assimilate alla distruzione dei beni, con conseguente continuità del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte da parte del donante. Analogamente, ai fini delle imposte sul reddito, è prevista la disapplicazione dell’art. 85, comma 2, del T.U.I.R., escludendo che il valore normale dei beni ceduti gratuitamente con queste procedure sia tassato come ricavo e salvaguardando la deduzione dei costi sostenuti. Per comprendere meglio il quadro fiscale è sufficiente fare un esempio. Un’impresa che produce, immaginiamo pasta, e che vuole donare i propri prodotti a persone bisognose, secondo le ordinarie regole fiscali subirebbe due effetti penalizzanti, sia ai fini IVA che delle imposte dirette. Infatti, pur non percependo denaro a fronte della cessione gratuita della pasta, la nostra impresa dovrebbe, comunque, versare l’IVA e le imposte dirette secondo il valore in comune commercio dei beni donati. Insomma ai fini fiscali le regole dicono che donare equivale a vendere il bene. Queste regole così stringenti [continua ..]


3.5. Altri incentivi fiscali. La riduzione TARI

D’altro canto, la leva fiscale riguarda anche la riduzione della tassa sui rifiuti (TARI) nei confronti delle utenze non domestiche che cedono a titolo gratuito beni per solidarietà sociale. Sotto questo profilo, infatti, viene concessa all’ente locale, nell’ambito delle sue possibilità, di applicare un coefficiente di riduzione della tariffa proporzionale alla quantità, debitamente certificata, dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita e oggetto di donazione. Una previsione che, seppur prevista come una facoltà, è stata recepita da molti comuni nei propri regolamenti. Basti pensare, solo per fare un esempio, al Comune di Varese che prevede una riduzione TARI sulla parte variabile parametrata alla quantità di cibo donato e al coefficiente di produzione presuntiva della TARI con riferimento alla specifica attività commerciale svolta con ben quattro fasce di riduzione (5, 10, 15 e 20%). Mentre al Sud, la città di Lecce ha inteso riconoscere una riduzione della parte variabile della tariffa nella misura del 15% a favore di quelle imprese che producono o distribuiscono beni alimentari devolvendoli ad associazioni assistenziali e di volontariato previste dalla normativa antisprechi.


3.6. L’impatto delle iniziative promosse da Intesa Sanpaolo per il sociale

Una volta inquadrata la disciplina generale della legge antisprechi e l’impianto delle finalità e degli incentivi a questa connessi è possibile apprezzare il fil rouge che lega molti dei progetti e delle iniziative attivate da Intesa Sanpaolo in tema di economia circolare con l’obiettivo di creare una vera e propria rete solidale che vede coinvolti privati cittadini, enti del Terzo settore, piccole e medie imprese. Pensiamo alla partnership che lega Intesa Sanpaolo e la Fondazione Banco Farmaceutico nel progetto “Pharma Links”. Un’iniziativa che intende promuovere una rete solidale contro la povertà sanitaria e che ha come principale obiettivo quello di sviluppare e potenziare, in differenti città italiane, l’attività di raccolta e distribuzione di medicinali integri non utilizzati con almeno 8 mesi di validità. Un aspetto certamente da sottolineare in questo progetto è che le risorse non sono state investite solamente per il recupero dei beni ma anche per rafforzare la rete organizzativa del banco farmaceutico, come modello di ente del terzo settore in grado di ispirare e contaminare in forma permanente il mercato, i territori e le modalità di intercettare e soddisfare i bisogni sociali. Ma le iniziative promosse da Intesa Sanpaolo sono rivolte anche alla distribuzione di pasti caldi alle tante famiglie in difficoltà o alla lavorazione e introduzione sul mercato solidale di pesce proveniente dal mercato abusivo. Un progetto quest’ultimo, “Ripescato”, che se, da un lato, crea un sistema virtuoso mettendo a disposizione delle famiglie più bisognose pesce lavorato, dall’altro, consente di riutilizzare nel mercato solidale beni che di fatto andrebbero distrutti. Sempre nell’ottica di creare un sistema virtuoso, si ritaglia un suo spazio “Golden Links”. Un progetto con approccio circolare che si pone come principale finalità quello di distribuire indumenti e altri beni annoverati nella legge Gadda in favore di famiglie in stato di impoverimento. Si tratta di un’iniziativa che non solo promuove il valore del dono e la generazione di nuovo valore, sia sotto il profilo economico che sociale, ma consente, peraltro, di perseguire ulteriori obiettivi. Pensiamo, ad esempio, alla generazione di reti trasversali che vede il coinvolgimento di categorie eterogenee di soggetti quali aziende, enti del Terzo [continua ..]


NOTE