Un esercizio responsabile della Corporate evidenzia come il valore della G, nell'ambito degli ESG, diventi un presupposto per la realizzazione della componente S, sempre più centrale per gli obiettivi di sostenibilità di un'azienda. Infatti l’esercizio di una governance responsabile è un presupposto per la costruzione di processi decisionali che abbiano un impatto sulle comunità e sui territori, e incide non solo sul valore generato in termini economico finanziari, ma anche sulle infrastrutture sociali che è in grado di attivare. con l'introduzione degli ESG, le imprese possono giocare un nuovo ruolo, che con un approccio integrato amplia la visione della sfera di influenza del business. in questo modo gli strumenti di pianificazione, come ad esempio il piano di impresa, non solo orientano gli obiettivi di sostenibilità dell’azienda, ma diventano uno strumento generativo di innovazione sia per i processi interni aziendali, sia per l’impatto esterno. in questo modo la governance non è solo un elemento chiave per la definizione di obiettivi S in ambito ESG, perché garantisce la trasparenza, l'efficacia e la responsabilità delle attività dell’organizzazione, favorendo la definizione di obiettivi sociali efficaci. ma è elemento generativo di valore, fondato su un modello relazionale in grado di garantire l'efficacia delle politiche sociali, e consente di validare concetti quali valore relazionale e community holders come prassi per la definizione di una governance non più soltanto sostenibile ma ad impatto sociale. in quest'ottica si inserisce l'impegno di Intesa Sanpaolo per la costruzione id infrastrutture sociali e reti di relazioni, dove il piano di impresa del gruppo diventa un punto di forza per realizzare l’impegno di sostenibilità della banca e le iniziative per il sociale, basate su coprogettazione con il terzo settore, sono azioni generatrici di valore sociale. il piano di interventi della banca, a supporto delle persone più fragili, trasforma i filoni di intervento in azioni di inclusione e coesione sociale a contrasto delle povertà emergenti, in questo osservatorio ne verranno esaminati alcuni: Food links, Pharma links, Housing links, Golden links.
The value of G, in the environment of ESG, becomes a presumption for the realization of the s component, always more central to a company’s sustainability goals. In fact, the exercise of responsible governance is a prerequisite for building decision-making processes that have an impact on communities and territories, and affects not only the value generated in economic-financial terms, but also the social infrastructure it is able to activate. with the introduction of ESG, businesses can play a new role, which with an integrated approach expands the vision of the business sphere of influence. In this way, planning tools, such as the business plan, not only guide the company’s sustainability goals, but also become a generative tool for innovation in both internal business processes and external impact. In this way, governance is not only a key element in goal setting S in ESG, because it ensures the transparency, effectiveness, and accountability of the organization’s activities, facilitating the setting of effective social goals. But it is a generative element of value, grounded in a relational model that can ensure the effectiveness of social policies, and allows for the validation of concepts such as relational value and community holders as practices for defining governance that is no longer just sustainable but has social impact. Intesa Sanpaolo’s commitment to building social infrastructures and networks of relationships fits into this perspective, where the group’s business plan becomes a point of strength to realize the bank’s commitment to sustainability and social initiatives, based on co-design with the third sector, are actions that generate social value. The bank’s plan of interventions, supporting the most fragile people, transforms strands of intervention into actions for inclusion and social cohesion to counter emerging poverty. In this observatory some of them will be examined: Food links, Pharma links, Housing links, Golden links.
1. Il sistema delle relazioni come componente del sistema di corporate governance per gli ESG - 1.2. Il Piano di Impresa come strumento di governance per la crescita inclusiva e lo sviluppo sostenibile: il caso di Intesa Sanpaolo - 1.3. L’agenda sociale del paese: quadro di riferimento della governance responsabile delle imprese - 1.4. L’agenda 2030 dell’ONU e il PNRR: quadro di riferimento della governance responsabile delle imprese - 1.5. Il modello di welfare relazionale per generare impatto di valore sia nell’azienda sia nella società - 1.6. La governance come esercizio di un rinnovato ruolo per rispondere alle esigenze delle comunità: il caso di Intesa Sanpaolo e le azioni di sistema a supporto del paese - 1.7. Il dialogo strutturato tra azienda e terzo settore, istituzioni, università e scuola - 1.8. La costruzione di Infrastrutture sociali e reti di relazioni - 1.9. Conclusioni - 2. Lo strumento della coprogettazione sociale in Intesa Sanpaolo - 2.2. Gli ambiti di intervento del piano d’impresa di Intesa Sanpaolo - 2.3. Iniziative per il sociale - 3. I progetti sociali di Intesa Sanpaolo e il loro valore strategico nella realizzazione del piano d’impresa - 3.2. L’intervento della banca a supporto delle persone più fragili - 3.2.1. Food links: recupero e distribuzione di cibo a persone fragili - 3.2.2. Housing links: offerta di posti letto a persone in difficoltà - 3.2.3. Pharma links: recupero e offerta di farmaci a persone in difficoltà - 3.2.4. Golden links: recupero, lavorazione e distribuzione di indumenti e altri beni a persone fragili - 3.3. Gli interventi dedicati alla coesione e all’inclusione sociale - 3.3.1. Aiutare chi aiuta: un sostegno alle nuove fragilità - 3.3.2. Sharing energy: comunità energetiche solidali a Napoli e Messina - 3.3.3. Programma educativo Intesa Sanpaolo per bambini lungodegenti - 3.3.4. Donne oltre i confini - NOTE
1.1. L’ importanza di una Governance Responsabile nell’organizzazione aziendale Il paradigma della sostenibilità ha assunto oggi un ruolo cruciale, in particolare per quanto concerne l’attività di impresa, sia con riguardo a scelte di pianificazione strategica, sia in relazione alla gestione operativa di attività e processi, sia in campo comunicativo e relazionale. L’evolversi delle aspettative degli stakeholder e della società in generale ha fornito una forte spinta verso l’adozione di pratiche sostenibili volte a una mitigazione o riduzione degli impatti negativi su economia, società e ambiente e a un costante miglioramento delle performance realizzate dalle imprese. In un articolo già comparso sulla Rivista [1], avevamo avuto modo di evidenziare il ruolo sociale che un’impresa può assumere e l’impatto generativo sul miglioramento sociale delle Comunità e del Paese. La dipendenza reciproca che intercorre fra azienda e società implica, infatti, che le decisioni di business e le politiche aziendali di carattere sociale si basino sul principio del valore condiviso, o meglio, sulla catena di valore dell’impresa che tocca le Comunità dando così luogo ad una interdipendenza tra impresa e società. Da una parte l’impresa che impatta sulla società con le proprie attività di business, dall’altra le condizioni sociali esterne che influenzano le aziende, quello cioè che possiamo chiamare contesto competitivo che, nel tempo, ha acquisito un’importanza strategica maggiore. Ogni impresa può orientare le proprie decisioni generando impatto sociale. A tal fine [2], il governo dell’organizzazione aziendale è il fattore cruciale per consentire all’impresa di assumere la responsabilità degli impatti delle proprie decisioni e di promuovere la responsabilità sociale sia al proprio interno sia nelle relazioni con gli stakeholders. Si afferma il ruolo determinante, nelle aziende, di una Governance dedicata alla sostenibilità e alla responsabilità sociale come valori di interesse generale che impongono alle organizzazioni di integrare, nelle proprie scelte decisionali, l’attenzione agli impatti sociali e ambientali, divenendone responsabili verso le Comunità. Ecco perché un’impresa che aspiri ad essere [continua ..]
Con quali strumenti le aziende realizzano questa visione? Non si tratta soltanto di individuare nuovi strumenti, ma anche di ridare significati altri a quelli già esistenti. E lo strumento cardine per dare conto della visione aziendale e della pianificazione di un’azienda è il Piano Industriale. E certamente è lo strumento che una Governance Responsabile ha a disposizione per definire e rappresentare quella sfera più ampia di influenza del business [4]. Come documento che descrive la visione, gli obiettivi, le strategie e le azioni concrete che un’impresa intende adottare per raggiungere il successo finanziario e commerciale a lungo termine, questo strumento può essere una leva importante per la crescita inclusiva e lo sviluppo sostenibile delle imprese e delle Comunità a cui l’azienda fa riferimento. Innanzitutto, il piano di impresa può aiutare le imprese a identificare e comprendere i bisogni e le esigenze dei propri stakeholder, ovvero delle persone e delle organizzazioni che sono influenzate dalle attività dell’impresa. Ciò può consentire alle imprese di sviluppare strategie e prodotti che rispondono alle esigenze della comunità, migliorando la loro accettazione e il loro impatto sociale positivo. Inoltre, il piano di impresa può essere utilizzato per progettare e monitorare gli impatti ambientali e sociali delle attività dell’impresa, e per identificare opportunità di miglioramento e di sviluppo sostenibile. Ad esempio, le imprese possono utilizzare il piano d’impresa per fissare obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, di utilizzo delle risorse naturali e di promozione di pratiche di lavoro sostenibili, così come il piano di impresa può essere utilizzato per attrarre investitori e finanziamenti da fonti che si impegnano per lo sviluppo sostenibile. Un esempio in tal senso è fornito dal Piano di Impresa di Intesa Sanpaolo che, nel quadriennio 2018-2021 e in maniera più accentuata nel periodo 2022-2025 ha orientato fortemente la propria visione e i propri programmi alla crescita inclusiva e allo sviluppo sostenibile, elementi strategici ai quali ancorare il cambiamento della propria governance e che hanno avuto una forte influenza anche sul cambiamento dei modelli operativi. Se infatti ripercorriamo il percorso evolutivo di questi due Piani di Impresa, intesi come [continua ..]
L’agenda sociale del Paese è caratterizzata dal cosiddetto “secondo welfare” che si è sviluppato per affrontare le sempre più frequenti crisi dello Stato Sociale, in forte difficoltà nell’affrontare molti problemi che interessano i cittadini. Le ragioni di tale crisi sono molteplici, ma si possono individuare alcune macro-dinamiche che più di altre determinano questa situazione: mutamenti sociodemografici epocali, scarsi investimenti pubblici per affrontarli, più recentemente, la crisi pandemica legata al Covid-19 che ha accelerato e aggravato problemi già presenti e il conflitto russo-ucraino. Ai problemi sociali in crescita (quali, ad esempio declino dei tassi di natalità, aumento dei bisogni delle persone anziane, bassa occupazione femminile, forti squilibri di genere nei carichi di cura, crescita della povertà e delle diseguaglianze, assenza di mobilità sociale) fa riscontro una spesa pubblica per il sociale sbilanciata a causa di costi previdenziali prevalenti, sotto-finanziamento del settore sanitario, scarsi investimenti su servizi per famiglia e infanzia, conciliazione vita-lavoro e spese frammentate per la Long-term care. Se contestualizziamo il quadro di riferimento di un periodo storico, come quello concentrato nel biennio 2019-2020, vediamo che nel 2019 la spesa sociale pubblica costituiva in Italia il 29,3% del Pil. Un dato al di sopra della spesa media dell’UE a 27, pari al 28,1%, e sostanzialmente in linea con quella media dei Paesi appartenenti all’Area Euro (29%) anche se, dal confronto con la spesa pubblica sociale di altri Paesi, emerge come essa sia fortemente sbilanciata verso alcune voci a discapito di altre. In Italia, ad esempio, le prestazioni previdenziali assorbono il 58,3% della spesa pubblica – 12 punti in più rispetto alla media della UE a 27, pari al 46,1% 2 – mentre tutte le altre voci, eccetto “disoccupazione”, sono sotto-finanziate rispetto agli altri Paesi. Come emerge dal V Rapporto Secondo Welfare [5], è cambiata la spesa sociale pubblica dopo il 2019 in alcune aree cruciali per il welfare: sanità, invecchiamento e non autosufficienza, politiche del lavoro, famiglia e infanzia, contrasto alle povertà, politiche abitative, immigrazione e accoglienza. È interessante esaminare più nel dettaglio quelle aree prese a riferimento dalle imprese [continua ..]
La definizione di un quadro di riferimento va completata anche con gli Obiettivi di Sostenibilità ONU e il grande piano di intervento che è il Piano Nazionale di Resilienza e Resilienza (PNRR), che ha stanziato una mole enorme di risorse per affrontare l’emergenza sanitaria e le sue conseguenze sociali. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dal titolo Trasformare il nostro mondo è stata adottata in occasione del vertice sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, tenutosi dal 25 al 27 settembre 2015 a New York. Comprende una serie di obiettivi globali di sviluppo sostenibile che dal 1° gennaio 2016 hanno sostituito gli obiettivi di sviluppo del millennio. Risponde alle sfide globali affrontando l’eliminazione della povertà e le dimensioni economica, sociale e ambientale dello sviluppo sostenibile in modo onnicomprensivo. I 17 nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile e i 169 traguardi associati coprono settori chiave quali: povertà, diritti umani, sicurezza alimentare, salute, consumo e produzione sostenibili, crescita, occupazione, infrastrutture, gestione sostenibile delle risorse naturali, oceani, cambiamenti climatici e uguaglianza di genere. Già prima del Covid-19, l’Agenda 2030 aveva influenzato le politiche comunitarie (ad esempio, attraverso la creazione dello European Green Deal e le iniziative ad esso legato), ma è stata la crisi pandemica, con la conseguente revisione del bilancio europeo, a portare un’accelerazione delle politiche di sviluppo sostenibile. Nel solco dell’Agenda 2030 si inseriscono Next Generation EU e il PNRR. La realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) viene visto innanzitutto come una opportunità unica per rinnovare nelle sue fondamenta il sistema di welfare italiano, per quanto riguarda sia i confini tra pubblico e non pubblico, sia la divisione del lavoro fra centro e periferia. Ciascuna delle 6 missioni in cui si articola il Piano apre infatti margini importanti per innovazioni su entrambi i fronti. Un rapporto ASviS del 2022 ha tracciato un’interessante intersezione tra i due strumenti. Partendo dalle quattro dimensioni di sviluppo sostenibile: sociale, ambientale, economico, istituzionale, e ha suddiviso gli ambiti prevalente dei 17 goals valutando l’impatto delle missioni del PNRR su di essi. Se consideriamo le quattro dimensioni individuate nel rapporto ASviS, con riferimento [continua ..]
Il modello di welfare relazionale è stato più volte richiamato come la modalità di realizzazione degli obiettivi del Piano di Impresa in termini di concretizzazione della S– Social del Paradigma ESG. Negli ultimi anni, il concetto di welfare relazionale ha acquisito sempre maggiore importanza nell’ambito delle aziende e della società in generale. Esso si basa sull’idea che un sistema di benessere che tiene conto delle relazioni umane può generare un impatto di valore significativo sia per l’azienda stessa che per la società in cui essa opera. Il welfare relazionale si riferisce a un sistema di benessere che si concentra sulle relazioni umane all’interno dell’azienda e della società in generale. Esso si basa sull’idea che un sistema di benessere che tiene conto delle relazioni umane può generare un impatto di valore significativo sia per l’azienda stessa che per la società in cui essa opera. Le caratteristiche principali del welfare relazionale sono le seguenti: – Si concentra sull’individuo: il welfare relazionale tiene conto delle esigenze e delle aspirazioni individuali dei lavoratori e degli individui nella società in generale. – Valorizza le relazioni umane: il welfare relazionale considera le relazioni umane come un fattore essenziale per il benessere e il successo dell’individuo e dell’azienda. – Genera impatto di valore: il welfare relazionale può generare un impatto di valore sia per l’azienda che per la società in cui essa opera. I principali vantaggi di questo approccio si riferiscono ad un miglioramento del ciclo produttivo aziendale. Ma nell’ottica che qui ci interessa, ha un approccio sulla società perché migliora la qualità della vita, riduce la disuguaglianza sociale, favorisce lo sviluppo sostenibile. Parlare di welfare relazionale come modello di riferimento per il conseguimento di obiettivi di impatto sociale, significa riconoscere il ruolo della Comunità che diventa stakeholder rilevante e va considerata in chiave strategica nel processo di creazione e di valore prodotto dall’impresa. Considerare infatti gli obiettivi del Piano di Impresa come azioni a tutela della comunità, dà rilevanza ad una dimensione concreta e decisiva fondata sulla teoria [continua ..]
Un collegamento tra Comunità e impresa risiede in uno spazio crescente assegnato con la responsabilità sociale alle leve di creazione condivisa di valore e di esperienze tra produttori, user e utenti indiretti. Questa funzione mette in luce un radicamento sociale e territoriale dell’impresa stessa. Questa trasformazione fa dell’impresa un “soggetto generale” costruttore di relazioni di convivenza e di civilizzazione con tutti gli altri soggetti che popolano la società civile e la rendono dinamica. Allo stesso tempo, e per effetto di questo allontanamento dalla funzione meramente strumentale, l’impresa si propone come soggetto complesso che non può più rappresentarsi come incardinato in semplici relazioni contrattuali, né in queste esaurire le proprie funzioni, proprio come sistema complesso. Piuttosto possiamo cominciare a vederla come una comunità di persone che non possono separarsi in modo netto e permanente dal resto della società civile e che anzi ne interiorizzano la cultura, le varianti, le fantasie e le resistenze al cambiamento. Questa comunità è permeata, di conseguenza, da uno strutturale pluralismo, di interessi particolari e generali da una parte e di interessi personali e collettivi dall’altra. Tre le conseguenze di rilievo che saldano strategie ed ecologie del valore: a. emerge con forza la necessità di costruire efficaci relazioni fiduciarie secondo logiche reputazionali di lungo periodo; b. il perseguimento di obiettivi di eccellenza economica che non sono separabili da obiettivi di eccellenza sociale; c. la competizione in mercati sani e robusti implica una altrettanto robusta legittimazione culturale, non più isolabile come una opzione, anche perché è ormai chiaro e dimostrato da molte indagini che l’assenza di questa comporta costi. Con questa premessa anche il ruolo delle banche nell’economia e nella società è cambiato, non è più limitato alla gestione dei servizi bancari, ma si estende anche alla responsabilità sociale e alla partecipazione attiva alla crescita e al benessere del paese. Un approccio che potremo definire “generativo” e che poi è l’approccio che consente di poter parlare di azioni di sistema, come accade nel caso di Intesa Sanpaolo con le iniziative per il sociale messe in campo [continua ..]
L’attuale contesto socioeconomico, caratterizzato da una crescente disuguaglianza e da un aumento della povertà, ha reso necessario un maggiore coinvolgimento delle parti sociali nella creazione di risposte ai bisogni sociali. In questo contesto, il dialogo strutturato tra aziende, terzo settore, istituzioni, università e scuole si presenta come uno strumento efficace per la creazione di risposte ai bisogni sociali. Ciascuno di questi attori può giocare un ruolo importante per favorire la migliore rispondenza del dialogo strutturato, ai fini dell’efficacia degli interventi individuati e realizzati. Le aziende possono fornire risorse e competenze, ma anche stimolare e guidare il processo di dialogo. In particolare, le aziende possono: – Identificare le esigenze sociali e le lacune dei servizi offerti. – Fornire risorse e competenze per sviluppare soluzioni sostenibili. – Collaborare con il terzo settore e le istituzioni per la creazione di reti di servizi. – Coinvolgere i dipendenti nell’attività di volontariato e di sostegno alla comunità. Il terzo settore è in grado di identificare le esigenze sociali e di sviluppare soluzioni sostenibili. In particolare, il terzo settore può: – Coinvolgere i cittadini nella co-creazione di servizi. – Mobilizzare risorse e competenze attraverso il volontariato e le donazioni. – Stimolare e guidare il processo di dialogo. – Promuovere la partecipazione e l’empowerment dei cittadini. Le istituzioni, in quanto enti pubblici, possono: – Identificare le esigenze sociali e promuovere politiche pubbliche per rispondere a queste esigenze. – e guidare il processo di dialogo. – Collaborare con il terzo settore e le aziende per la creazione di reti di servizi. – Fornire risorse per lo sviluppo di soluzioni sostenibili. Infine, le università e le scuole possono fornire competenze e conoscenze per lo sviluppo di soluzioni sostenibili. In particolare, le università e le scuole possono: – Promuovere la ricerca e lo sviluppo di soluzioni sostenibili. – Formare professionisti in grado di sviluppare [continua ..]
La teoria dei sistemi si occupa dei problemi di relazione e interdipendenza delle parti di una struttura, anziché delle singole parti, che vengono considerate nella loro globalità (Gestalt). Un sistema è quindi un insieme di unità che sono in relazione tra loro e per questo lo stato di ciascuna unità è vincolata, coordinata e dipendente dallo stato delle altre unità. Secondo Paul Watzlawick, ogni parte di un sistema è in rapporto tale con le altre che lo costituiscono che qualunque singolo cambiamento causa una variazione in tutte le parti e in tutto il sistema. In altre parole, un sistema non si comporta come un composto di singoli elementi indipendenti, ma come un tutt’uno inscindibile, dove ogni parte influenza le altre e può a sua volta essere influenzata. Questa influenza, questo rapporto, questa interdipendenza viene chiamata dimensione relazionale del sistema e l’influenzamento si realizza attraverso le reti di comunicazione che si formano tra le parti. “Un’organizzazione vitale”, afferma Franco D’Egidio, “possiede la capacità di decodificare l’evoluzione dell’ambiente” cogliendo in anticipo, grazie alle proprie conoscenze, alle proprie capacità di ascolto, quali potrebbero essere le possibili minacce e quali le opportunità. L’approccio alla crescita e allo sviluppo sostenibile è un approccio relazionale, che coinvolge e si diffonde in tutta la comunità e dove l’obiettivo finale non è il singolo “scambio” ma la soddisfazione di lungo periodo. L’applicazione della visione relazionale ci porta a considerare “vitali” per la sua sopravvivenza i seguenti aspetti: è necessario costruire relazioni di lungo periodo tra tutti i soggetti del sistema; le relazioni devono basarsi sulla fiducia reciproca; è opportuno scegliere strumenti di comunicazione (sia verso l’interno che verso l’esterno) che favoriscano il dialogo anziché l’informazione a “una via”, la manipolazione e/o la propaganda. L’approccio relazionale sembra essere il miglior sistema per raggiungere, sia all’interno che all’esterno, gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile e di responsabilità sociale. Quello che emerge dalla lettura di metodo è un processo standardizzato su tre fasi: [continua ..]
La prospettiva MultiStakeholder View, fin qui raccontata rappresenta un modello di governance sostenibile e ad impatto sociale, e va raccordata alla riflessione su visioni e valori generali. Questo tipo di governance parte dalla considerazione della Corporation come un Institution che promuove e sviluppa relazioni con una moltitudine di stakeholder e di interessi diversificati come un mezzo per sostenere da una parte la creazione di ricchezza (ma non nell’esclusivo interesse degli shareholder) e, dall’altra, offrire servizi alla società, di sostegno e promozione umana: una meta-corporation. Questa strada conduce ad una visione dell’agire centrata sull’etica delle virtù e, paradossalmente, ci riporta indietro nel tempo, ma forse più avanti nella modernità del capitalismo e cioè ripartendo da Adam Smith e dai suoi Theory Moral Sentiments del 1759 [8]. È qui che ripartendo dalle basi istituzionali della struttura sociale si fanno conseguire necessità di disseminazione tra i cittadini delle virtù civiche e che non possono essere assunte come date nel comportamento dell’agente economico e delle sue preferenze. Infatti, qualsiasi rafforzamento delle norme dipende da una diffusa condivisione di una costituzione morale da parte degli individui quale fondamento delle loro motivazioni profonde a scelte libere. Soggetti dotati di crescenti preferenze etiche sono ormai all’ordine del giorno in tutti i mercati, dalla finanza ai mercati dei beni materiali e dei servizi. Siamo in presenza di attori consapevoli che esplicitano una affermazione di presunzione attesa di uno scambio equo e possibilmente ripetibile nella reciprocità della soddisfazione, a partire da basic satisfacing needs – sempre meno negoziabili – attraverso un matching di criteri qualitativi innanzitutto etico-sostenibili e eco-solidali. In questo modo l’impresa diviene essa stessa veicolo di disseminazione di queste virtù etiche assumendo comportamenti responsabili prima e indipendentemente dai profitti realizzati o realizzabili, informando le proprie procedure di gestione, il valore dei propri uomini, con investimenti adeguati in un capitale umano appropriato a specifiche azioni formativo-educative, all’interno e all’esterno dell’impresa. I mercati, insomma, si adeguano a questa domanda diffusa ed emergente di virtù civiche, anzi la inseguono, [continua ..]
2.1. L’impegno di Intesa Sanpaolo per la costruzione di infrastrutture sociali e reti di relazioni In un quadro di intervento e di indirizzo delineato da una sempre maggiore attenzione accordata ai fattori ESG nell’ambito delle attività e dei processi non profit oriented delle imprese, merita un particolare approfondimento la componente S di questo acronimo – ESG – che porta in sé implicazioni rilevanti, se bene inteso, ma che in questi ultimi anni è stato spesso abusato, a volte misconosciuto, troppo spesso frainteso. La S di “Sociale” si pone oggi più che mai al centro di un processo di riconversione dei capisaldi economici e produttivi della società come la abbiamo conosciuta e intesa fino a oggi, capisaldi che al termine di questo stesso processo, pienamente in corso e in fieri, assumeranno nel medio-lungo periodo caratteristiche straordinariamente nuove, definitivamente innovate e non più considerate in perenne transizione. Soltanto a partire da un rinnovato concetto di rispetto dei diritti sociali (ma si comincia a parlare, da più parti, di diritti eco-sociali) e dall’incontro fattivo, posto su nuove basi collaborative e generatrici di valore, fra Stato, Mercato e Società, si potrà raccogliere il frutto condiviso di una maggiore equità sociale e di una più giusta e realmente equa distribuzione delle risorse. In questo processo caratterizzato da enorme complessità e dall’interazione fattiva, e non soltanto dichiarata, fra tutte le componenti della società, un ruolo centrale e di rilievo è giocato, inequivocabilmente, dalle imprese. Negli ultimi decenni si è assistito a grandi e piccole crisi vissute anche da grandi corporations, non da ultimo lo scenario post Covid-19, dal quale è emersa con forza la necessità di un maggiore senso di responsabilità capace di garantire una reale sostenibilità sociale e di intervenire nelle risposte alle fragilità che riguardano fasce sempre più ampie della popolazione. Tutto ciò nell’interesse della collettività, certamente, ma anche delle stesse organizzazioni che, attraverso un consapevole posizionamento socialmente sostenibile, possono diventare interlocutori non soltanto dei consumatori o dei propri fornitori, ma anche delle realtà che operano nella società, come attori in grado di [continua ..]
La centralità dell’impegno sociale e culturale emerge con evidenza dalle parole pronunciate nel febbraio 2018 da Carlo Messina, CEO e Consigliere Delegato Intesa Sanpaolo: “Abbiamo posto al centro del Piano di Impresa la nostra vocazione a concorrere alla crescita culturale, sociale e civile del Paese perché siamo convinti che lo sviluppo di un’economia è intimamente legato ai livelli di educazione, in particolare delle generazioni più giovani, alla coesione sociale, alle dinamiche circolari del ciclo produttivo. Un contesto globale più incerto e frammentato spinge le comunità a guardare alle imprese private affinché queste si facciano carico delle sfide sociali oltre che economiche. Per Intesa Sanpaolo essere riferimento per le comunità dove opera in chiave di crescita solidale è elemento fondativo dalla nascita, cinquecento anni fa, delle fondazioni caritative origine del nostro Gruppo.” In questa dichiarazione, il riferimento è al Piano d’impresa quadriennale 2018-2021 della Banca, che si è ormai concluso ma che può oggi essere considerato quale vero e proprio spartiacque nel modus operandi aziendale riferito alla sostenibilità. Un piano che, in questo ambito, ha reso possibile l’avvio di una vera e propria rivoluzione in termini di metodi, processi e di disponibilità di risorse. Una rivoluzione di importanza cruciale: in capo a un’azienda che, se pure con diverse modalità, si era sempre occupata di sociale, per la prima volta venivano indicati gli obiettivi e le azioni a contrasto delle povertà. E venivano collocati nel cuore del piano d’impresa, come indirizzi strategici a medio termine, operanti in maniera trasversale, afferenti a diverse ed eterogenee unità di business, tutte chiamate a incamminarsi verso una direzione di condivisa creazione di Bene Comune. Intesa Sanpaolo ha inserito per la prima volta in un piano industriale di business l’obiettivo di affermarsi quale modello di riferimento in termini di responsabilità sociale, dedicando risorse ed energie ai temi dell’inclusione e della solidarietà e dichiarando filoni specifici di intervento e KPI numerici. Non è un aspetto scontato, nel processo delicato e complesso che governa la definizione delle strategie di crescita di una grande impresa finanziaria. Nel 2018 veniva aperta la strada a una [continua ..]
In questo capitolo ci si soffermerà in particolare sull’operatività della struttura Iniziative per il Sociale, alla quale è stato affidato il compito di sviluppare le progettualità e le linee di intervento che contribuiscono in via principale al programma di contrasto alla povertà della Banca. La dimensione dell’intervento sociale, attraverso la scelta strategica del Gruppo di creare una struttura parallela e complementare alle unità di business già da molti anni dedicate all’azione filantropica (che pure rimane di cruciale importanza) ha assunto una nuova prospettiva e una nuova centralità. La nuova prospettiva ha trovato corpo e sostanza nella dimensione della coprogettazione, della creazione di reti di relazioni e di reciproco scambio. Le iniziative per il Sociale, in senso stretto e operativo, hanno intrapreso una nuova strada: non più soltanto erogazioni liberali, non soltanto credito d’impatto, ma vere e proprie azioni di sistema sostenibili, replicabili, scalabili e, prima ancora, condivise. L’avvio delle attività si è rivelato senza dubbio complesso e altamente sfidante. Si trattava di definire un metodo di lavoro inedito, di fare confluire in un’unica squadra di lavoro professionalità eterogenee, rendendole efficaci e complementari. Si trattava di rispondere alla call to action di realizzare la S di Sociale anteponendo all’operatività stretta e immediata una profonda e strutturata riflessione su cosa comportasse il concetto di “creazione di valore sociale”, al di là della messa a disposizione di risorse e di strategie condivise. Ed è stato proprio questo il campo condiviso su cui si è scelto di innestare le più svariate ed eterogenee progettualità: il concetto di Valore sociale, inteso come quel quid generato dalla connessione fra le migliori espressioni della comunità che interagiscono per contrastare bisogni, ma anche per incidere sull’infrastrutturazione dei servizi volti a migliorare la società nel suo complesso. Alla domanda su come potesse essere prodotto valore sociale in un contesto sfidante e complesso come quello in cui era stato richiesto di intervenire, caratterizzato da un’ormai endemica impennata delle povertà nel Paese, e su quali misure mettere in atto in una congiuntura storica che, da più parti, ricordava [continua ..]
3.1. Premessa: un contesto di crescente povertà Secondo l’ultimo Rapporto di Caritas Italiana su povertà ed esclusione sociale [10], nel 2021 “la povertà assoluta ha confermato i suoi massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia da Covid-19. Le famiglie in povertà assoluta risultano 1 milione 960mila, pari a 5.571.000 persone (il 9,4% della popolazione residente)”. E ancora, in riferimento all’età, “i livelli di povertà continuano a essere inversamente proporzionali: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni bambini e i ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e al 5,3% per gli over 65”. Inoltre, secondo i dati raccolti dai Centri di ascolto Caritas, “nel 2021 le persone incontrate e supportate sono state 227.566”, con un incremento, rispetto al 2020, del 7,7%. E si aggiunge: “Non si tratta sempre di nuovi poveri, ma anche persone che oscillano tra il dentro fuori dallo stato di bisogno”. Proseguendo nella lettura del documento, emerge con chiarezza come la povertà non abbia un solo volto, ma aspetti molteplici, interconnessi e a volte difficilmente misurabili. Si tratta di una condizione che coinvolge la sfera umana, culturale e sociale delle persone in stato di fragilità. Una fragilità che è fenomeno non risolvibile attraverso interventi di carattere puramente assistenzialistico. Nelle azioni programmatiche di contrasto alle diseguaglianze, è necessario che al soddisfacimento dei bisogni materiali si affianchi – sempre – una presa in carico globale delle persone e delle famiglie più ai margini, per offrire loro reali opportunità di emancipazione dal bisogno. Il Rapporto di Caritas Italiana insiste inoltre su un altro aspetto drammatico, particolarmente evidente nel nostro Paese: l’“intergenerazionalità” della povertà, il suo ripresentarsi uguale a se stessa di generazione in generazione, la scala sociale che si interrompe fatalmente ai gradini più bassi, anche e soprattutto a causa delle scarse o delle nulle opportunità educative e dei bassi livelli di istruzione registrati, sempre e senza eccezioni, tra le fasce più deboli della popolazione. Laddove la povertà è stata trasmessa per [continua ..]
Con oltre 26 milioni di interventi a supporto di persone in difficoltà nel quadriennio 2018/2021 e un obiettivo di 50 milioni di interventi a favore delle persone più fragili nel quadriennio in corso, il programma Cibo e riparo per i Bisognosi costituisce un nodo strategico nell’ambito degli ultimi piani d’impresa di Intesa Sanpaolo. L’obiettivo è quello di contrastare le povertà alimentare e sanitaria, le difficoltà abitative e il bisogno di indumenti, attraverso un insieme di interventi strutturati e complessi definiti entro quattro aree programmatiche: – Food Links. – Housing Links. – Pharma Links. – Golden Links.
La povertà alimentare è uno degli aspetti più drammatici della condizione di fragilità e indigenza. Secondo l’edizione 2022 del rapporto “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo” [11] (SOFI), pubblicato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), dal Programma alimentare mondiale dell’ONU (WFP) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), il numero delle persone che soffrono la fame a livello mondiale è salito a 828 milioni nel 2021, ossia circa 46 milioni in più dal 2020 e 150 milioni in più dallo scoppio della pandemia di Covid-19. Dopo essere rimasta relativamente invariata dal 2015, nel 2020 la percentuale di persone colpite dalla fame è salita e ha continuato a salire nel 2021, fino a interessare il 9,8% della popolazione mondiale, contro l’8% del 2019 e il 9,3% del 2020. Sono numeri imponenti, che rendono il senso e la misura di una sfida che richiede con sempre maggiore insistenza di essere affrontata a livello globale, ideando e attuando politiche e misure più incisive ed efficaci volte alla redistribuzione delle risorse e a un più concreto sostegno ai Paesi e alle popolazioni che versano in stato di maggiore sofferenza. A fronte di un quadro a livello mondiale sconfortante, dentro i confini del nostro Paese, se pure lo si possa annoverare senza dubbio fra i Paesi più “privilegiati” del pianeta, la povertà alimentare non si presenta certo come povertà sconosciuta. Come riporta Action Aid nel report “La pandemia che affama l’Italia” pubblicato nel 2021 [12], “secondo i dati riportati da uno studio di Coldiretti, nel 2017 sono state circa 2,7 milioni le persone che hanno beneficiato degli aiuti alimentari, rivolgendosi direttamente alle mense o ricevendo pacchi alimentari distribuiti attraverso la rete del Banco Alimentare, della Caritas e della Croce Rossa”. Si tratta di dati parziali, che non tengono conto delle crisi determinate dagli eventi emergenziali dell’ultimo biennio. Ma si tratta a ogni modo di dati eloquenti, in grado raccontare di un disagio profondo che è difficile misurare restituendo un quadro realistico e pienamente aderente alla [continua ..]
L’ambito di attività inerente alla messa a disposizione di posti letto, a contrasto della povertà abitativa nel Paese, è stato inserito da Intesa Sanpaolo nel proprio filone operativo Housing Links, che comprende un numero consistente di progettualità sviluppate dalla struttura Iniziative per il Sociale dal 2018 a oggi. Le iniziative di offerta posti letto messe in campo dalla Banca nascono e si strutturano per dare corpo a un intervento articolato e multilivello che, oltre al fine di fornire un riparo dignitoso alle persone più ai margini, si pone l’obiettivo di rivolgersi alle necessità abitative dei cosiddetti “migranti sanitari”, un fenomeno altamente diffuso in Italia, per garantire a quante più persone possibile un migliore accesso alle cure e, al contempo, fornire un’accoglienza di sostegno ai caregivers. La povertà abitativa è un fenomeno multilivello, difficilmente quantificabile e dalle caratteristiche non sempre sovrapponibili. All’indigenza estrema (si pensi ad esempio al fenomeno degli homeless pure così drammatico in Italia), si affiancano le condizioni delle persone e delle famiglie che si potrebbero definire borderline, che faticano a fare fronte alle spese di affitto, ai costi di mantenimento dell’abitazione o che vivono in condizioni abitative non adeguate, caratterizzate da strutture fatiscenti, sovraffollate e sottodimensionate rispetto alle esigenze dei singoli nuclei familiari. In merito alla povertà abitativa in Italia, è possibile tracciare un quadro di alcune fra le principali dimensioni di questa particolare diseguaglianza a partire dal resoconto dell’audizione di Cristina Freguja, direttrice della Direzione Centrale per le Statistiche Sociali e il welfare dell’Istat, presentato nel settembre 2022 al Gruppo di lavoro sulle politiche per la casa e l’emergenza abitativa istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali [13]. Il dato più significativo, relativo al titolo di godimento dell’abitazione, è quello che evidenza come l’incidenza di povertà assoluta sia “maggiore tra le famiglie che vivono in affitto”. Nel 2021, infatti, “le oltre 889mila famiglie povere in affitto corrispondono al 45,3% di tutte le famiglie povere, con un’incidenza di povertà assoluta pari al 18,5%, contro il 4,3% di quelle [continua ..]
Per indagare entro determinati confini la portata della povertà sanitaria in Italia, un documento di riferimento è costituito indubbiamente dal rapporto “Donare per curare” [14] redatto e curato con cadenza annuale dalla Fondazione Banco Farmaceutico. Nell’edizione 2021, relativa all’anno precedente, si ritrova una pluralità di dati oltremodo significativa: “A livello nazionale – si legge nel Rapporto – le persone indigenti possono permettersi una spesa sanitaria pro-capite equivalente al 17 per cento di quella sostenuta dalle persone non povere (10,25 euro contro 60,96 euro) con sensibili variazioni a livello regionale in funzione del diverso reddito e costo della vita”. E ancora: “Per contenere la spesa sanitaria le famiglie italiane seguono due strade: la rinuncia alle cure”, oppure il ricorso a centri diagnostici e terapeutici più economici. Nel 2020, “in numero assoluto hanno cercato di ridurre le spese sanitarie 9 milioni 358 mila persone residenti in Italia, di cui 1 milione 844 mila persone in povertà assoluta. La rinuncia alle cure è stata praticata da 26 famiglie povere su 100 a fronte di 11 famiglie non povere su 100, per un totale di 12 famiglie su 100 (7 milioni 160 mila persone). Si sono rivolte a centri più economici 7,3 famiglie povere su 100 a fronte di 3,4 famiglie non povere su 100, per un totale di 3,7 famiglie su 100 (2 milioni 200 mila persone)”. Banco Farmaceutico Fondazione onlus nasce nel 2000 per rispondere alla necessità di medicinali delle persone più indigenti. Il Banco è presente oggi in tutta Italia e conta sul sostegno di 4.944 farmacie, oltre 17.000 farmacisti e 22.000 volontari. Nel corso del 2021 gli enti caritativi convenzionati con Banco Farmaceutico hanno erogato aiuti sanitari a quasi 600 mila indigenti composti per il 57,3 per cento da cittadini italiani e per il 42,7 per cento da cittadini stranieri, con un tasso di copertura significativo delle fasce di povertà. Nell’ambito del proprio filone di intervento Pharma links, dedicato al contrasto della povertà sanitaria nel Paese, Intesa Sanpaolo sceglie di incontrare e affiancare stabilmente il Banco Farmaceutico già a partire dal 2018, avviando un’azione comune e condivisa che è tuttora in corso, e che proseguirà con continuità lungo tutto l’arco di Piano [continua ..]
Quando, ormai oltre cinque anni fa, Intesa Sanpaolo ha cominciato a esplorare con modalità funzionali e strutturate le aree verso cui indirizzare le proprie Iniziative per il Sociale, è fin da subito emerso, dall’analisi dei dati e dal confronto con il mondo degli operatori sociali, come tra i bisogni primari delle persone indigenti in Italia vi fosse (e continui ad esservi) quello degli indumenti – specialmente capi intimi – e altri beni necessari di difficile reperimento anche da parte delle organizzazioni non profit. Il Progetto Golden Links – I legami sono oro è nato nel 2018 nell’ambito del filone di intervento Golden Links proprio per intervenire su questo bisogno, per garantire la distribuzione di un rilevante numero di capi e altri beni di prima necessità a persone bisognose. Si tratta di un intervento programmatico su più livelli, che può essere considerato e definito come un’azione di sistema il cui obiettivo è quello di rispondere a una esigenza primaria, creando al contempo un circuito di reciprocità su cui fondare alleanze e partnership di valore. È il fulcro della messa in opera del modello di progettazione messo a punto dalla Banca per stimolare un percorso di cambiamento indirizzato verso la riduzione della povertà, verso l’accompagnamento di quanti si trovano in difficoltà, permettendo a un numero sempre maggiore di persone di stare meglio, generando sviluppo. Attraverso Golden Links, tuttora operativo e in corso, il Gruppo ha sperimentato l’opportunità di approcciare nuovi paradigmi operativi di economia sociale, facendo incontrare intorno allo stesso tavolo attori portatori di visioni diverse ma con una comune finalità solidaristica, attivando partnership e attività di coprogettazione degli interventi con organizzazioni non profit, istituzioni pubbliche e aziende, producendo valore sociale e al contempo economico, promuovendo iniziative in tutte le aree del Paese, soprattutto in quelle ad alta criticità socio-economica. Agendo, infine, secondo logiche di secondo welfare e di responsabilità civile d’impresa. Il progetto Golden Links è uno dei pilastri dell’impegno sociale del Gruppo ed è al centro del programma Cibo e Riparo per i Bisognosi. Si tratta di un intervento complesso, ma che origina da una domanda semplice: come si può creare valore [continua ..]
L’impegno di Intesa Sanpaolo in ambito ESG, e in particolare per quanto concerne la S di Sociale, rappresenta per certi aspetti un benchmark di riferimento, non soltanto per le ingenti risorse messe a disposizione della collettività, ma anche – e soprattutto – per le modalità via via individuate per generare un sempre più elevato impatto sociale. L’imperativo di fornire un pasto, un posto letto, un indumento, un farmaco, di rispondere in altri termini al soddisfacimento di bisogni primari per contrastare le povertà nel Paese, si è declinato nel tempo in operazioni strutturate e complesse, in cui l’organizzazione profit, oltre a erogare risorse, determina, insieme ai propri partner, strategie, obiettivi e condizioni di intervento. La modellizzazione di queste iniziative, alcune delle quali descritte nelle pagine precedenti, non poteva tuttavia strutturarsi unicamente intorno al soddisfacimento dei bisogni primari delle persone in stato di marginalità. Si è reso nel tempo sempre più chiaro che, di pari passo, si sarebbe dovuto porsi nelle condizioni di generare inclusione e coesione sociale a tutto campo, operando anche su tematiche quali il reinserimento sociale di persone ai margini, la sostenibilità sociale e ambientale, l’empowerment femminile, la prevenzione e il recupero delle dipendenze, la rigenerazione dei beni comuni, il contrasto all’illegalità. Questo processo di adattamento alle richieste della Comunità e di allargamento delle maglie operative entro cui inserire le proprie Iniziative per il Sociale ha consentito alla Banca di avviare progettualità per certi aspetti borderline, complementari rispetto ai quattro filoni di intervento principali, pensate per agire su diverse aree del bisogno e per indirizzarsi verso alcuni focus specifici: il contrasto alla povertà energetica, l’integrazione sociale attraverso lo sport e la cultura, gli ambulatori solidali, iniziative a sostegno degli anziani, nuove opportunità per ragazzi e ragazze nelle carceri minorili, l’uso delle tecnologie per l’inclusione sociale, un approfondimento continuo in termini di analisi e ricerca, l’implementazione internazionale delle progettualità. Si tratta di una visione ampia del creare Bene comune, in grado di generare di volta in volta nuove connessioni, di costruire reti inconsuete e di [continua ..]
Nel 2020, nel pieno della pandemia di Covid-19 e forse nel suo momento più drammatico, Intesa Sanpaolo e Caritas Italiana – già cooperanti nell’ambito dell’iniziativa programmatica Golden Links – decidono di conferire un ulteriore valore strategico alla propria alleanza. In quell’anno si apriva un tavolo di lavoro per certi aspetti straordinario, in cui l’obiettivo era individuare una strada condivisa ed efficace per rispondere con tempestività ai bisogni sociali nel Paese, bisogni che si registravano in drammatica e rapida crescita, insieme al peggioramento delle condizioni di vita delle persone più fragili. Il programma Aiutare chi aiuta: un sostegno alle nuove fragilità nasce da questo confronto e dalla scelta di Intesa Sanpaolo, nell’ambito delle proprie azioni di sistema a supporto della Comunità, di affiancare Caritas Italiana in maniera sempre più strutturata, per creare una rete virtuosa di inclusione sociale attivando interventi capillari sui territori. Aiutare chi aiuta dal 2020 si è sviluppato in tre edizioni, contribuendo a contrastare la povertà e le diseguaglianze nel Paese. La prima edizione a supporto delle Caritas Diocesane, realizzata in piena crisi pandemica, ha consentito di dare vita a 22 iniziative solidali in tutta Italia, offrendo a migliaia di persone in stato di bisogno beni e aiuti materiali, casa e accoglienza, sostegno nella ricerca di lavoro e nell’avviamento di nuove imprese, con particolare attenzione alle aree più periferiche, dove le fragilità emergono con maggiore evidenza e le risorse disponibili risultano spesso insufficienti. I risultati di rilievo conseguiti nel 2020 hanno portato il Gruppo e Caritas Italiana a rinnovare il proprio impegno comune a contrasto delle fragilità, con l’edizione 2021/2022 di Aiutare chi aiuta rivolta alle persone anziane: una fra le categorie sociali che ha maggiormente risentito della crisi pandemica, con grave peggioramento delle condizioni di vita e di salute a causa di isolamento, mancanza di strumenti assistenziali, assenza di un’efficace rete di supporto domiciliare. Nel corso del 2022 questo intervento programmatico ha reso possibile la realizzazione di 24 iniziative di inclusione e coesione sociale presso altrettante Diocesi in tutta Italia, con interventi di presa in carico delle persone anziane più fragili attraverso il [continua ..]
Il piano di azione della Banca Sharing Energy nasce con l’intento di realizzare interventi in partnership con enti del Terzo Settore per promuovere la realizzazione di Comunità Energetiche Solidali (CERS) a contrasto della povertà energetica. In uno scenario complesso come quello attuale, la Banca ha accolto le nuove sfide per una ripresa economica e sociale, promuovendo interventi in linea con i principali asset del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Le comunità energetiche – associazioni composte da enti pubblici locali, aziende, attività commerciali o cittadini privati che scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’autoconsumo attraverso un modello basato sulla condivisione – sono forme di produzione energetica collaborative, incentrate su un sistema di scambio locale per favorire lo sviluppo sostenibile e ridurre la dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale, incentivando al tempo stesso la nascita di nuovi modelli socioeconomici circolari. In quest’ottica, nel 2022, anche grazie alle nuove normative e ai fondi del PNRR, le comunità energetiche possono costituire una straordinaria opportunità per i Comuni e nel Paese, verso una transizione ecologica in grado di superare l’attuale modello centralizzato di produzione energetica e vertere sull’energia diffusa, l’autoproduzione e la condivisione dell’energia attraverso processi di partecipazione, innescando al contempo un profondo cambiamento socioeconomico nei territori. L’obiettivo di questo particolare tipo di Comunità Energetiche è quello di distribuire gratuitamente o a costi calmierati l’energia prodotta in eccedenza alle famiglie fragili e realizzare progetti di inclusione nei territori in cui le Comunità sono attivate. Con il filone di interventi Sharing Energy Intesa Sanpaolo ha attivato un focus specifico a contrasto della povertà energetica crescente nel Paese. Il modello si concentra sui benefici sociali che possono derivare dall’attivazione di una Comunità Energetica Solidale in un determinato contesto locale. La dimensione fortemente partecipativa e inclusiva che caratterizza questo particolare strumento, introduce nella comunità di appartenenza fattori di crescita non soltanto tecnologica, ma anche sociale, quali ad esempio: – [continua ..]
Il Programma educativo Intesa Sanpaolo per bambini lungodegenti nasce nel 2016 dall’esperienza di una collega del Gruppo e dalla richiesta di aiuto per la sua bambina, Giulia, ricoverata dalla nascita in ospedale per una grave malattia e privata della possibilità di frequentare i propri coetanei e di essere inserita in un percorso educativo. La risposta della Banca è stata immediata e, intercettata la dimensione del fabbisogno emerso, ha fatto di quella piccola scintilla il nucleo di un programma di interventi che negli anni si è ampliato, fino a interessare oggi ben sette ospedali di eccellenza in tutta Italia. Con il Programma Intesa Sanpaolo per bambini lungodegenti Intesa Sanpaolo offre ai bambini della fascia di età 0-3 anni colpiti da patologie onco-ematologiche, presso i reparti in cui sono ricoverati, un’opportunità educativa gratuita e altamente specialistica, realizzando servizi nido a marchio PAN, Servizi per l’infanzia la cui qualità è certificata a livello europeo. L’obiettivo del servizio nido è aiutare i bambini a superare l’isolamento sociale e psicologico derivanti dalla malattia, dalle pesanti cure e dalla lungodegenza, favorendone lo sviluppo cognitivo e affettivo attraverso programmi adeguati seguiti da educatrici qualificate, in un ambiente il più possibile sereno e fecondo. La sperimentazione, ormai consolidata, ha consentito di conseguire risultati di rilievo: nelle strutture ospedaliere partner del progetto il 100 per cento dei bambini della fascia di età 0-3 anni è stato iscritto al servizio nido per lungodegenti. Dall’avvio delle prime attività al 30 giugno 2022 il progetto ha coinvolto oltre 500 bambini. Il Programma è ad oggi operativo presso l’Ospedale Infantile Regina Margherita a Torino, l’A.O.R.N. Santobono Pausilipon di Napoli, l’Ospedale San Gerardo di Monza, l’Azienda Ospedale – Università di Padova, IRCCS Azienda Ospedaliero – Universitaria di Bologna Policlinico di S. Orsola, l’Istituto Giannina Gaslini di Genova, il Policlinico di Bari Ospedale Giovanni XXIII.
Il fenomeno della violenza contro le donne e dei maltrattamenti che ne impediscono la piena inclusione costituisce una grave violazione dei diritti umani, che colpisce circa un terzo delle donne in tutto il mondo. In Italia i centri antiviolenza della Rete D.i.Re. costituiscono un presidio fondamentale di sostegno, ma nel nostro Paese risultano ad oggi insufficienti, lasciando interi territori scoperti. La pandemia di Covid-19, e i conseguenti periodi di lockdown e di convivenza forzata, hanno aggravato situazioni problematiche già esistenti e portato all’esplosione di nuove violenze: secondo i dati diffusi dal Rapporto Istat Le richieste di aiuto durante la pandemia, nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5 per cento rispetto al 2019. È in questo contesto che prende avvio nel corso del 2020 Donne oltre i confini, il progetto nato dalla collaborazione tra Intesa Sanpaolo e D.i.Re. – Donne in rete contro la violenza, associazione a carattere nazionale che riunisce 82 Centri di organizzazioni di donne in tutta Italia (che gestiscono oltre 100 centri antiviolenza e 52 Case rifugio), per affiancare le donne nei loro percorsi di uscita dalla violenza e attivare azioni coordinate di prevenzione e di sensibilizzazione. Il primo percorso in partnership tra Intesa Sanpaolo e D.i.Re. si sviluppa nel biennio 2020/2021 con l’obiettivo di valorizzare differenti forme di supporto alle donne che si rivolgono a organizzazioni della rete associativa e offrire sinergie utili al loro pieno reinserimento, facendo leva – in primo luogo – sull’avvio di percorsi di autonomia e di fuoriuscita dalla marginalità sociale ed economica. Il Gruppo ha scelto di affiancare D.i.Re. nell’assegnazione di 29 “Doti Autonomia” ad altrettante donne per sostenerle nell’affrontare il primo periodo successivo alla fine del percorso di uscita dalla violenza o di termine dell’ospitalità in Casa rifugio. Grazie alle Doti, le donne beneficiarie dell’intervento hanno potuto sostenere le prime spese per utenze e affitto, per i servizi di babysitting durante la ricerca di un impiego o per l’acquisto di beni o macchinari utili all’avvio di attività lavorative. Si è trattato di uno strumento “volano”, che ha offerto una concreta possibilità di riscatto alle donne coinvolte. La [continua ..]