Rivista Corporate Governance ISSN 2724-1068 / EISSN 2784-8647
G. Giappichelli Editore

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Interpretazione strategica del quadro normativo UE per lo sviluppo sostenibile nel settore della finanza: il ruolo chiave della misurazione d'impatto (di Leonardo Boni, Postdoctoral Researcher, Politecnico di Milano School of Management. Mario Calderini, Full Professor, Politecnico di Milano School of Management)


Il presente saggio ha l’obiettivo di fornire un quadro interpretativo delle normative UE per lo sviluppo sostenibile. In particolare, il saggio costruisce un collegamento concettuale tra le novità legate alla Su­stainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) 2019/2088 e le pratiche di misurazione dell’impatto sociale, individuando approcci strategici e strumenti di misurazione coerenti con gli obblighi normativi per rendere il contesto della finanza più rigoroso nei confronti della sostenibilità e della generazione di impatti positivi per la società e l’ambiente.

 

Strategic interpretation of the EU regulatory framework for sustainable development in the finance sector: the key role of impact measurement

This essay aims to provide an interpretative framework of EU regulations for sustainable development. In particular, the essay builds a conceptual link between the innovations related to the Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) 2019/2088 and the social impact measurement practices, identifying strategic approaches and measurement tools consistent with the regulatory obligations, to make the finance context more rigorous towards sustainability and the generation of positive impacts for the society and the environment.

Keywords: SFDR – social impact measuremen – ESG.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Quadri normativi per lo sviluppo sostenibile: il caso europeo - 2.2. Regolamento SFDR - 2.3. Regolamento Tassonomia - 3. L’anello mancante tra regolamentazione e finanza per lo sviluppo sostenibile: la misurazione dell’impatto sociale - 3.1. Art. 7: misurazione dei rischi - 3.2. Art. 8: misurazione delle performance ESG - 3.3. Art. 9: dai criteri ESG alla generazione di impatto attraverso la teoria del cambiamento - 4. Contributi e conclusioni - NOTE


1. Introduzione

Il nuovo Regolamento UE sulla finanza sostenibile (SFDR) 2019/2088 è entrato in vigore il 10 marzo 2021, segnando un punto di non ritorno per l’integrazione di obiettivi di sostenibilità all’interno dei prodotti finanziari. La SFDR indica nuove mo­dalità di divulgazione e rendicontazione delle conformità sociali e ambientali, evidenziando obblighi per i partecipanti ai mercati finanziari – come, ad esempio i gestori patrimoniali e fondi di investimento –, che ora sono chiamati a definire in maniera chiara e vincolante la loro strategia posizionamento rispetto alla sostenibilità [1]. La SFDR definisce un nuovo contesto istituzionale in cui le sfide delle sostenibilità possono diventare il principale terreno su cui il settore finanziario struttura la propria offerta di mercato. Tuttavia, nonostante il Regolamento indichi importanti tipologie di obblighi in termini di cosa divulgare e segnalare in merito alla sostenibilità, le novità portate dalla SFDR sono ancora carenti di un chiaro percorso di applicazione per gli attori della finanza. In particolare, uno dei principali limiti della SFDR è che difficilmente si ricollega alle pratiche di misurazione dell’impatto e degli aspetti ambientali, sociali e di governance (d’ora in poi con l’acronimo ESG (Environment, Social and Governance)). Seppur la SFDR obblighi gli attori ad adottare un posizionamento strategico nei confronti della sostenibilità, e a divulgarne informazioni dettagliate, le modalità con cui misurare gli impatti e le performance generate dai posizionamenti strategici sono poco diffuse tra gli operatori, rendendo quindi la divulgazione ancora poco chiara. Mossi da questo problema, il presente saggio fornisce una sistematizzazione del contesto della finanza sostenibile e ad impatto utilizzando la lente della normativa SFDR, offrendo alcune basi concettuali che supportino l’orientamento degli attori coinvolti. Nello specifico, il saggio evidenzia le pratiche e le procedure di misurazione dell’impatto che gli attori della finanza possono adottare in attuazione della SFDR. Per fare questo, sviluppiamo un quadro che costruisce un collegamento concettuale tra gli approcci di sostenibilità, gli strumenti di misurazione dell’impatto e il posizionamento strategico degli attori della finanza all’interno della normativa SFDR. In particolare, il [continua ..]


2. Quadri normativi per lo sviluppo sostenibile: il caso europeo

2.1. Evoluzione del quadro politico dell’UE per i fattori ESG I criteri di sostenibilità noti come i pilastri ESG fanno la loro prima apparizione all’interno di dichiarazioni e di patti internazionali dopo la Seconda guerra mondiale. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e il Patto internazionale in materia economica, sociale e culturale del 1966 hanno stabilito il primo qua­dro normativo di fattori sociali (“S”) legati alla tutela e al rispetto dei diritti umani, sociali e culturali. Questi atti esprimevano, sebbene senza essere strumenti giuridicamente vincolanti, la cosiddetta “soft law”, la pietra miliare del percorso verso i fattori ESG, che è stato poi ulteriormente sviluppato negli anni ’90 con un focus specifico sulle tematiche ambientali (“E”) e, nell’ultimo decennio, sulla governance (“G”). È infatti solo a partire dal 2010 che il quadro ESG è stato consolidato a livello comunitario, quando specifiche norme vincolanti (“hard law”) sono state adottate e attuate. Tuttavia, uno snodo cruciale è rappresentato dall’adozione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dall’Accordo di Parigi nel 2015, anno in cui gli interessi degli investitori per le questioni ESG hanno iniziato ad aumentare [3]. Quindi, l’anno 2015 ha rappresentato un crocevia verso una sostenibilità più strutturata, in particolare in ambito finanziario. Da allora, la strategia generale dell’UE ha iniziato ad essere sempre più focalizzata sullo sviluppo sostenibile, facendo leva sul ruolo svolto da investitori privati e imprese per affrontare le sfide e le crisi globali, e mobilitarsi attraverso una serie di normative specifiche. Riorientare gli investimenti verso tecnologie più sostenibili, spingendo le aziende ad adottare una visione a lungo termine, è diventata la spina dorsale della strategia dell’UE, dando vita quindi ad una serie di normative sulle tematiche ESG che guidassero il mercato in maniera strutturata e regolamentata.


2.2. Regolamento SFDR

Il 27 novembre 2019 il Parlamento e il Consiglio dell’UE ha adottato il Regolamento 2019/2088 “sulle informative in materia di sostenibilità in ambito finanziario” (“SFDR”). L’obiettivo innovativo di questo Regolamento è strutturare le modalità con cui impatti ambientali e sociali potrebbero essere generati dagli attori della finanza. L’SFDR mira a ridurre le asimmetrie informative nei confronti degli investitori sull’integrazione di rischi per la sostenibilità, sugli impatti negativi sulla sostenibilità, e sulla definizione di obiettivi di sostenibilità promosse dai partecipanti ai mercati finanziari. Il primo passo importante compiuto dall’UE attraverso l’SFDR è sulle definizioni in materia di sostenibilità. Oltre a specificare cosa si intende per Fattori di Sostenibilità, Investimento Sostenibile e Rischio di Sostenibilità, il Regolamento fornisce un quadro in merito alla divulgazione e rendicontazione delle pratiche di sostenibilità. Si segnala che il Regolamento individua diversi livelli di posizionamento per quanto riguarda processi e pratiche di informativa, a seconda della misura in cui la sostenibilità caratterizza i prodotti finanziari. Ad esempio, l’art. 7 dell’SFDR si configura come entry level sui criteri ESG, per cui è richiesto ad un prodotto finanziario di considerare ed indicare i principali impatti negativi sui fattori di sostenibilità. Di contro, per posizionamenti all’interno dell’art. 8 e art. 9 è prevista rispettivamente una descrizione delle caratteristiche ambientali o sociali, e la definizione dell’obietti­vo di investimento sostenibile. In aggiunta, risulta necessario indicare le metodologie utilizzate per valutare, misurare e monitorare l’impatto della sostenibilità, con criteri di screening per le attività sottostanti ed i relativi indicatori. Pertanto, la misurazione delle leve di sostenibilità in un prodotto finanziario diventa cruciale, in quanto rappresenta lo strumento attraverso cui la normativa può distinguere nella sostanza i prodotti finanziari con diversi approcci alla sostenibilità.


2.3. Regolamento Tassonomia

Poiché ogni sistema di misurazione richiede obiettivi ed indicatori di performance, il Regolamento UE 2020/852 (“Tassonomia”) fissa un linguaggio comune di definizioni per la sostenibilità valido per interpretare anche la normativa SFDR. Infatti, la tassonomia dell’UE fornisce, ai sensi dell’art. 9, un elenco completo degli obiettivi ambientali, una spiegazione di cosa significano, e la pianificazione effettiva per l’attuazione di criteri di vaglio tecnico attraverso specifici Atti delegati della Commissione. La tassonomia è il fulcro della politica di sostenibilità dell’UE. Nella strategia dell’UE, la tassonomia gioca un ruolo di perno per lo sviluppo di regolamentazioni ESG integrate. Finora, il Regolamento sulla tassonomia integra sia l’SFDR, sia la direttiva sull’informativa di carattere non finanziario (UE 2014/95), e sarà ulteriormente integrato e dettagliato dalla Commissione europea attraverso Atti delegati specifici, che stabiliscono i criteri di vaglio tecnico per determinare le condizioni su cui un’attività economica si qualifica come sostenibile. Nonostante le questioni ambientali siano particolarmente radicate ed esaurienti, il quadro normativo presenta lacune in merito a obiettivi di carattere sociale come i diritti umani, accesso all’assistenza sanitaria, lavoro dignitoso, uguaglianza, non discriminazione. Quindi, questo sbilanciamento rende i meccanismi di conformità difficili da raggiungere, rilevare e, soprattutto, applicare specialmente per i prodotti finanziari caratterizzati da obiettivi sociali. Tuttavia, il legislatore ha già definito i prossimi passi per un’ulte­riore espansione dell’ambito della tassonomia al di là degli obiettivi ambientali, includendo anche finalità sociali (art. 26, comma 2). Pertanto, gli obiettivi sociali costituiscono un tema cardine della tassonomia. In sintesi, il quadro normativo per la sostenibilità sta definendo un percorso in cui i Regolamenti dell’UE stanno definendo i confini per l’intero settore finanziario, in modo da affrontare i problemi della sostenibilità in maniera regolamentata e struttura­ta. Nonostante la normativa debba ancora fornire definizioni chiare e dirette, special­mente per gli aspetti sociali, e per i sistemi di misurazione degli impatti, l’entrata in vigore di leggi come la SFDR obbligano i [continua ..]


3. L’anello mancante tra regolamentazione e finanza per lo sviluppo sostenibile: la misurazione dell’impatto sociale

La mancanza di chiare definizioni di impatto sociale e ambientale ha creato divergenze nel settore della finanza, limitando la capacità di identificare meccanismi uniformi di misurazione e rendicontazione. Tuttavia, la misurazione dell’impatto so­ciale sta acquisendo sempre più rilevanza nei meccanismi di informativa non finanziaria degli attori finanziari, giocando non solo un ruolo cruciale da un punto di vista di compliance, ma anche da un punto di vista strategico per gli investitori che possono considerare l’impatto come un vantaggio competitivo [4]. La letteratura indica che i capitali sono stati investiti per molto tempo senza sbloccare potenziali impatti sociali e ambientali [5]. Con il tempo, i dibattiti che coinvolgono l’industria, leader politici e accademici, hanno fatto emergere una serie numerosa e frammentata di standard intersettoriali basati sulla performance sociali e ambientali per attori della finanza e business [6]. Questo campo è ricco di metriche ma povero di un quadro onnicomprensivo che aiuti a individuare quali metriche si adattano meglio a posizionamenti specifici. A questo proposito, in questo saggio sviluppiamo un quadro per l’identificazione di strumenti di misurazione coerenti a seconda del posizionamento strategico che gli investitori possono adottare per i loro prodotti finanziari. Da marzo 10, 2021, gli attori finanziari in Europa che contribuiscono alla sostenibilità sono infatti obbligati a posizionare prodotti finanziari negli artt. 7, 8 o 9 del SFDR, con diverse implicazioni in termini di intensità degli aspetti di sostenibilità rispetto a quelli economici. Quindi, comprendere il metodo di misurazione dell’im­patto sociale è fondamentale per garantire la conformità degli attori finanziari alle definizioni riportate nella tassonomia al posizionamento nella normativa SFDR. Nelle prossime sezioni identifichiamo un insieme di metodologie e criteri di misurazione dell’impatto che sono coerenti con i vari articoli della normativa.


3.1. Art. 7: misurazione dei rischi

Per quanto riguarda i posizionamenti in art. 7, ai partecipanti dei mercati finanziari è richiesto di indicare se e come i prodotti finanziari gestiscono i rischi sui temi di sostenibilità. Se un partecipante al mercato finanziario non considera gli aspetti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità, deve pubblicarne una spiegazione dettagliata sul proprio sito web. La misurazione di impatto sociale assume in questo caso una forma narrativa nell’attività di rendicontazione, con un approccio passivo nei confronti della generazione di impatto, mirando a far luce sui meccanismi di valutazione negativa per determinate opportunità di investimento, e come vengono considerate le questioni ESG per garantire i ritorni finanziari proposti agli investitori. La letteratura si è già avvicinata all’ESG dal punto di vista della gestione del rischio, evidenziando che migliori performance ESG portano a una protezione di tipo assicurativo rispetto ai rendimenti finanziari [7]. Dal punto di vista dell’attore finanziario, studi precedenti si sono avvicinati ai rischi ESG introducendo gli screening negativi e dinamiche di esclusione [8]. A tal riguardo, la valutazione si basa sulla narrativa riportata da informazioni di terzi, come i rapporti delle Nazioni Unite, in cui interi settori sono esclusi dai criteri di investimento, come le armi o il tabacco, in quanto nativamente non etici. In aggiunta, anche a livello di singola opportunità di investimento, l’uso estensivo della plastica nelle catene di fornitura e sfruttamento del lavoro minorile possono portare all’esclusione. Questi approcci dovrebbero portare a rendimenti “più sani” per gli investimenti, evitando le opportunità che il pubblico di riferimento non apprezza per la loro morale inadeguata. Per questi motivi, più che puro sistema di misurazione di impatto, la classificazione all’interno dell’art. 7 richiede l’identificazione dei potenziali rischi che potreb­bero generare le componenti ESG sui rendimenti finanziari. Da questo punto di vista, i criteri ESG vengono adottati con un approccio passivo, puntando a evitare rischi per i rendimenti finanziari più che per cercare valore ESG oltre al valore economico. I criteri UN PRI (Principles for Responsible Investments) ben si adattano a questo quadro. I criteri UN PRI sono linee guida di [continua ..]


3.2. Art. 8: misurazione delle performance ESG

Per i posizionamenti in art. 8, i partecipanti ai mercati finanziari devono divulgare le informazioni con le seguenti caratteristiche: (i) come le caratteristiche sociali e ambientali sono considerate, definite e affrontate all’interno delle scelte di investimento; (ii) la metodologia da utilizzare per la misurazione di queste caratteristiche. I criteri di misurazione dell’impatto sociale per i prodotti finanziari che possono essere posizionati all’interno dell’art. 8 richiedono l’assorbimento ex ante di criteri di sostenibilità che delineino le opportunità di investimento ammissibili. A differenza di quanto riportato per l’art. 7, c’è un approccio di positive screening per cui gli investimenti in settori selezionati dovrebbero ottenere una performance complessiva più elevata nell’ambito della sostenibilità rispetto ai loro pari per essere considerati idonei per i prodotti finanziari parte di questa categoria. Come alcuni studi confermano, la standardizzazione e trasparenza sulle performance ESG è ancora carente, facendo degli indici ESG un contesto altamente frammentato [9]. Tuttavia, l’aumento della rilevanza della performance ESG gioca un ruolo cruciale per la sfera finanziaria [10]. La letteratura accademica in management e finanza ha studiato le implicazioni per le imprese che evidenziano performance particolarmente elevate sui criteri ESG. Per esempio, alcuni studi hanno evidenziato che diversi attori finanziari estraggono più alti benefici di carattere finanziario dai portafogli che presentano performance ESG più elevate rispetto ai peer che hanno performance ESG più basse [11]. Di conseguenza, questi tipi di approcci considerano proattivamente i criteri ESG, le cui misurazioni identificano opportunità di investimento da cui estrarre ritorni fi­nanziari più elevati. Per questi motivi, i gestori patrimoniali stanno sempre più adottando meccanismi di misurazione della performance su criteri ESG. Ci sono oltre 1000 esempi di rating ESG, indici e dashboard manageriali disponibili per valutare se e come le organizzazioni valutano le performance ESG. Tra quelli più adottati, i rating GIIRS aiutano i gestori patrimoniali a valutare il contributo del proprio portafoglio alla sostenibilità, fornendo un audit completo sulle performance del portafoglio rispetto a categorie come [continua ..]


3.3. Art. 9: dai criteri ESG alla generazione di impatto attraverso la teoria del cambiamento

Per quanto concerne l’art. 9, i prodotti finanziari devono avere un obiettivo di sostenibilità, per cui è designato ex ante un obiettivo di impatto da perseguire. Negli obblighi di informativa, è richiesto di: (i) indicare in che modo gli investimenti stanno contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo di impatto; (ii) indicare come l’obietti­vo di impatto permette al prodotto di differire da un prodotto del mercato tradizionale. Gli attori disposti a posizionarsi all’interno dell’art. 9 sono tenuti a rivelare l’o­biettivo di impatto che contraddistingue il prodotto finanziario e il suo obiettivo finale di impatto. Viceversa, gli attori che si collocano nell’art. 8 sono tenuti a presentare le caratteristiche per le quali scelgono opportunità di investimento senza necessariamente anticipare gli obiettivi di impatto ex ante. Diversamente dall’art. 8, il posizionamento nell’art. 9 va al di là delle prestazioni ESG, che richiedono performance più elevate rispetto ai loro pari. A tal riguardo, poiché l’art. 9 pone l’obiettivo di impatto al centro dei meccanismi di informativa, l’approccio alla misurazione del­l’impatto dovrebbe coprire tutti i processi e procedure del prodotto finanziario. Ad esempio, per essere conformi al posizionamento in art. 9, si richiede ai gestori patrimoniali di avere un approccio proattivo rispetto alla selezione delle opportunità di investimento, attraverso una metodologia che possa assicurare la generazione di valore di impatto e contribuire al raggiungimento dell’obiettivo definito ex ante. Questi tipi di prodotti richiamano pratiche di Impact Investing in cui l’obiettivo di sostenibilità è il prerequisito per la costituzione di un prodotto finanziario [13]. Per fondi chiusi di investimento, approcci di Impact Investing implicano l’applicazione di una teoria del cambiamento – Theory of Change – (ToC) per le opportunità di in­vestimento. Una teoria del cambiamento (ToC) descrive come e perché l’opportunità di investimento dovrebbe portare al risultato sociale e/o ambientale desiderato [14]. Spesso una ToC è definita come un modello logico che si basa sull’identificazione di nessi causali tra input, attività e risultati (output, outcome e impatti). La misurazione dell’impatto [continua ..]


4. Contributi e conclusioni

Con questo saggio, miriamo a costruire un collegamento concettuale e pratico che possa allineare i metodi di misurazione dei criteri ESG e i requisiti imposti dalle vigenti regolamentazioni Europee ai prodotti finanziari, ed in particolare la normativa SFDR. I meccanismi di misurazione dell’impatto possono svolgere un ruolo rilevante per definire i confini delle pratiche di informativa non finanziaria, vista la mancanza di chiare linee guida da seguire per applicare la normativa. Come riconosciuto dalla letteratura, la finanza ha impiegato del tempo per avvicinarsi a contribuire alla generazione di impatti sociali e ambientali [17]. Al giorno d’oggi, il clamore per la finanza ad impatto è così diffuso che il rischio di pratiche ingannevoli e diffidenti (greenwashing) ha esortato le autorità di regolamentazione a definire limiti rigorosi nelle modalità di approcciare la sostenibilità. Di conseguenza, sono emerse molte metriche per le misurazioni dell’impegno verso la sostenibilità ma considerata la miriade di approcci, un quadro strategico è ancora mancante per guidare la decisione su quale tipo di standard o metriche utilizzare per massimizzare l’impatto. La normativa SFDR rappresenta il caso di una direttiva nel settore della finanza che deve ancora essere assorbita dalle strategie degli attori. Con il nostro lavoro, abbiamo esplorato all’interno del quadro normativo specifico dell’UE per la finanza sostenibile evidenziando che le pratiche di misurazione dell’impatto possono svolgere un ruolo cruciale per stabilire un collegamento funzionale tra le normative e le loro strategie [18]. Abbiamo quindi interpretato la normativa SFDR nei posizionamenti in artt. 7, 8, e 9 evidenziando le differenze, e fornendo un quadro onnicomprensivo che stimola l’adozione di specifiche azioni coerenti, oltreché esempi di strumenti di misurazione.


NOTE