Rivista Corporate Governance ISSN 2724-1068 / EISSN 2784-8647
G. Giappichelli Editore

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Obblighi dichiarativi degli operatori economici nelle procedure ad evidenza pubblica e disclosure del management (di Maria Vitale, Dottore di Ricerca in Diritto dell’arbitrato interno ed internazionale nell’Università di Roma LUISS Guido Carli, Senior Counsel presso Lexacta – Global Legal Advice.)


L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16/2020 ha statuito che gli obblighi dichiarativi imposti ai soggetti partecipanti alle procedure ad evidenza pubblica sono finalizzati a far acquisire alla stazione appaltante tutte le informazioni necessarie per valutare l’affidabilità professionale delle società concorrenti.

La sentenza, quindi, rappresenta l’occasione per sottolineare come un’efficace public governance possa agevolare livelli di crescita economici sempre più elevati.

In tale contesto, i flussi informativi rivestono un ruolo prioritario come presidio di trasparenza, sia all’interno che all’esterno dell’assetto societario, rappresentando lo strumento diretto per accrescere la reputazione e la credibilità nella business community.

Disclosure requirements of economic operators within public tenders and management’s disclosure

The Plenary Meeting of the State Council n. 16/2020 resolved that disclosure requirements regarding entities participating in public tenders are settled in order for the public contracting authority to obtain any information to assess the professional reliability of economic operators.

Therefore, the decision provides an opportunity to underline how an efficient public governance can boost economic growth levels increasingly high.

In such context, information flows play a primary role in the protection of transparency, both inside and outside the corporate structure, representing the tool aimed at increasing reputation and credibility in the business community.

Keywords: disclosure requirements – economic operators – disclosure

Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 28 agosto 2020, n. 16 – (Pres. Patroni Griffi, Est. Franconiero – D. s.r.l. (Avv.ti Pellegrino, Notarnicola e Dionigi) c. Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio (Avv. Stato)) La falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50; in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo; alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico; la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione. DIRITTO … (Omissis) – 6. Nel merito della questione deferita a questa Adunanza plenaria, concernente in estrema sintesi i rapporti tra le lettere c) ed f-bis dell’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, deve innanzitutto segnalarsi che la Sezione rimettente: a) premette che: – gli obblighi dichiarativi posti a carico degli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici hanno carattere strumentale rispetto alla valutazione di competenza della stazione appaltante sull’integrità ed affidabilità degli stessi ed in ragione di ciò essi si estendono ad «ogni dato o informazione comunque rilevante» rispetto alla valutazione stessa; – pertanto, la violazione degli obblighi dichiarativi ha «attitudine a concretare, in sé, una forma di grave illecito professionale», a dispetto del loro carattere strumentale; – sarebbe conseguentemente necessaria «una puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi», al fine di distinguere tra mere omissioni e vere e proprie violazioni di obblighi dichiarativi posti a carico dell’operatore economico; – solo in questo secondo caso sarebbe giustificata «di per sé – cioè in quanto illecito professionale in sé [continua..]
SOMMARIO:

1. Prospettiva di indagine - 2. L’approdo dell’Adunanza Plenaria n. 16/2020 - 3. Obblighi informativi degli amministratori e le ricadute dell’inadem­pimento nelle gare pubbliche. - 3.2. Gli obblighi di informazione endosocietari - NOTE


1. Prospettiva di indagine

In una recente sentenza di agosto 2020, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato [1] è intervenuta in tema di appalti pubblici per dirimere la vexata quaestio sviluppatasi nella giurisprudenza amministrativa intorno alla portata dell’art. 80, comma 5, lett. c) (oggi, c-bis) del d.lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii. Il punctum dolens, prima della decisione di Palazzo Spada, riguardava la previsione legislativa dell’esclusione dalle gare pubbliche dei concorrenti, ove avessero omesso di dichiarare pregressi fatti illeciti, ovvero, condanne penali afferenti a taluno dei soggetti elencati al comma 3 del medesimo art. 80 del Codice degli appalti. In buona sostanza, il quesito, che a lungo ha alimentato il dibattito giurisprudenziale e dottrinale, ha polarizzato il confronto dialettico su due opposte visioni: l’indirizzo più rigoroso, riteneva tali omissioni, in sé, una causa legittima di esclusione, in quanto suscettibili di integrare “gravi illeciti professionali”, tali da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità del concorrente (art. 80, comma 5, lett. c), alla stre­gua della “informazione falsa o fuorviante” (art. 80, comma 5, lett. c-bis); l’orien­tamento contrario, invece, escludeva l’ineludibilità dell’effetto sanzionatorio ed affidava la comminazione della sanzione al sindacato discrezionale della stazione appaltante. Il thema disputandum si è, poi, progressivamente ampliato, a seguito del d.lgs. n. 56/2017 che, con l’introduzione all’art. 80, comma 5 del codice dei contratti, della lett. f-bis), ha previsto, come ipotesi autonoma di esclusione (immediata) dalla gara, l’aver prodotto documentazione o reso dichiarazioni non veritiere. La modifica normativa del 2017 ha, quindi, in prima battuta, spostato la diatriba sull’omologabilità o meno delle fattispecie di falso previste dalla lett. c) (oggi, c-bis), «informazione falsa o fuorviante» con quelle di cui alla lett. f-bis «documentazione o dichiarazioni non veritiere». Il livello successivo del confronto, invece, ha impegnato interpreti e operatori del diritto a stabilire se e in che misura le tre ipotesi delle lett. c) (oggi, c-bis) e f-bis) dell’art. 80, comma 5 (omissioni dichiarative, informazioni false o fuorvianti e documentazione o dichiarazioni non veritiere), producessero tutte l’effetto [continua ..]


2. L’approdo dell’Adunanza Plenaria n. 16/2020

Chiarito il profilo dell’indagine, va specificato, preliminarmente, che gli obblighi dichiarativi posti a carico degli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici sono funzionali alla valutazione della loro integrità ed affidabilità da parte della stazione appaltante e, per tale ragione, investono «ogni dato o informazione comunque rilevante», di talché, un eventuale inadempimento ha «attitudine a concretare una forma di grave illecito professionale». Tale premessa è graniticamente affermata da copiosa ed unanime giurisprudenza amministrativa: «le norme di cui all’art. 80, in particolare al comma 5, lett. c), ultimo inciso, e all’art. 85 (sul contenuto del documento di gara unico europeo), del Codice dei contratti pubblici, pongono a carico degli operatori economici che partecipano a procedure di evidenza pubblica un’ampia gamma di oneri dichiarativi e informativi, il cui corretto adempimento è finalizzato a garantire che la stazione appaltante acquisisca la conoscenza di tutte le circostanze riferibili all’offerente che – seppure non autonomamente rilevanti quali cause tipiche di esclusione – siano idonee a revocare in dubbio la sua affidabilità professionale o integrità, la cui valutazione è espressamente riservata all’amministrazione. La portata applicativa della norma è, quindi, idonea a ricomprendere “ogni condotta, collegata all’eser­cizio dell’attività professionale, contraria a un dovere posto da una norma giuridica, sia essa di natura civile, penale o amministrativa” (come ulteriormente specificato da Cons. Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192). La conoscenza dei fatti oggetto degli obblighi dichiarativi costituisce, infatti, il necessario presupposto per l’eserci­zio del giudizio circa la esistenza delle cause di esclusione (giudizio discrezionale, nel caso di cui alla lett. c) dell’art. 80, comma 5; vincolato in altre ipotesi, quali quelle di cui alle lett. a) e b), del comma 1, del medesimo articolo)» [3]. Il problema si è posto, in modo particolare, per le omissioni dichiarative o reticenti, per le quali si è a lungo ritenuto che il non dicere quod debetur sostanziasse un illecito professionale tale da giustificare meccanicisticamente l’operatività della misura [continua ..]


3. Obblighi informativi degli amministratori e le ricadute dell’inadem­pimento nelle gare pubbliche.

3.1. La ratio dell’art. 80, d.lgs. n. 50/2016 e il modello di public governance. Alla luce dei principi statuiti dal Consiglio di Stato nella sentenza poc’anzi sintetizzata e dell’ulteriore conclusione cui si è pervenuti circa la necessità di un’informazione esaustiva, è possibile muovere una considerazione preliminare ad ogni successivo approfondimento. L’angolo prospettico del legislatore rispetto alla previsione dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 – anche e soprattutto a seguito delle recenti modifiche apportate con il d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 (decreto Semplificazioni) e con il d.l. n. 32/2019 (c.d. Sblocca cantieri) – trova l’epicentro focale in un’idea dominante, secondo cui, nel sistema degli appalti pubblici, la selezione dei concorrenti deve privilegiare società eticamente affidabili. Ad un’attenta analisi, infatti, i requisiti generali prescritti dalla norma e gli obblighi dichiarativi imposti ai soggetti indicati al comma 3 del medesimo articolo non sono altro che strumenti funzionali a verificare ex ante, quindi, prima del­l’ag­giudicazione o dell’affidamento del bene o del servizio, l’affidabilità del soggetto partecipante, per mezzo di un sindacato che deve tener conto prioritariamente della integrità del concorrente. Va, altresì, aggiunto che l’anzidetta prospettiva non rappresenta di certo un unicum nel panorama normativo, bensì si armonizza con un indirizzo generale – rinvenibile nel nostro ordinamento già da qualche anno, ad esempio, per il contrasto alla corruzione [6] –, finalizzato a creare, in un settore storicamente “sensibile” come quello degli appalti pubblici, un sistema di prevenzione, il cui impianto è strutturato, in mancanza di un testo unico integrato, su una serie di innesti normativi provenienti da varie aree ed esperienze giuridiche. Da queste ultime, per lo più di matrice estera, emerge la convinzione secondo cui la corruzione, ancorché ascrivibile all’elemento volontaristico del singolo, è, tuttavia, favorita da situazioni contingenti, sulle quali, dunque, è necessario intervenire al fine di ridurre al minimo il rischio del suo perpetrarsi [7]. La delicatezza del tema ha fatto sì che la questione venisse percepita con il carattere dell’urgenza anche e forse [continua ..]


3.2. Gli obblighi di informazione endosocietari

Ovviamente, come testé anticipato, la tenuta di questo sistema, di cui le dichiarazioni degli amministratori rappresentano la cifra, è strettamente connessa con la capacità degli enti di far circolare le informazioni. Quest’ultimo punto è nodale per la solidità e il corretto funzionamento di qualunque impianto aziendale, ancorché per le società pubbliche vada aggiunto un argomento ulteriore, essendo chiamate a confrontarsi con gli appesantimenti burocratici dello stato-apparato, che notoriamente producono un effetto frenante. Ad ogni buon conto, volendo procedere per gradi nell’ordine del ragionamento, non può che osservarsi che le informazioni sono uno strumento fondamentale per le società, sia che si guardi a queste ultime nella loro dimensione fisiologica, sia ove si considerino situazioni patologiche. Innanzitutto, nelle dinamiche aziendali moderne, sempre meno gerarchizzate e sempre più improntate ad un modello di partecipazione diffusa, in cui tutti i ruoli e tutti i livelli sono coinvolti per ottimizzare le performance, la comunicazione diventa linfa vitale per la fluidità delle linee operative. È evidente, infatti, che eventuali discrepanze, anche solo in termini di tempestività, determinerebbero l’impeachment del processo produttivo, che, naturalmente, non può permettersi di procedere a singhiozzo. Dunque, l’efficienza delle aziende passa sicuramente attraverso una comunicazione precisa, puntuale e tempestiva. Questa verità si riscontra a fortiori anche ove la questione sia analizzata con riferimento alla struttura organizzativa e all’interazione tra i vari organi societari, che è l’aspetto, poi, che viene maggiormente in rilievo in questa sede, rispetto, cioè, alla sentenza dell’Adunanza Plenaria in oggetto, in cui si discute, appunto, delle conseguenze che si registrano al di fuori della società a causa dell’omissione di notizie o delle false dichiarazioni rese dagli organi di rappresentanza societari circa i requisiti soggettivi dei concorrenti nelle procedure concorsuali pubbliche. La relazione strettissima che esiste tra informazione e governo della società emerge in maniera prepotente solo che si consideri che qualunque decisione imprenditoriale presuppone la conoscenza di una pluralità di dati, senza i quali – ovvero, in caso di conoscenza [continua ..]


NOTE