Rivista Corporate Governance ISSN 2724-1068 / EISSN 2784-8647
G. Giappichelli Editore

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I progetti sociali di Intesa Sanpaolo e il loro impatto dal punto di vista dei partners (di Giovanni Bruno, Sergio Daniotti, Paolo Nessi, Ferruccio de Bortoli, Marco Pagniello)


In questa sezione vengono riportati i contributi di Giovanni Bruno, Presidente di Banco Alimentare, Sergio Daniotti e Paolo Nessi, rispettivamente Presidente e Responsabile Comunicazione di Fondazione Banco Farmaceutico, Ferruccio de Bortoli, Presidente di Vidas Odv e Don Marco Pagniello, DIrettore di Caritas Italiana. In qualità di partner di Intesa Sanpaolo, vengono ripercorse alcune delle progettualità sociali condivise con il gruppo.

Intesa Sanpaolo's social projects and their impact from the point of view of the partners

This section shows the contributions of Giovanni Bruno, President of Banco Alimentare, Sergio Daniotti and Paolo Nessi, respectively President and Communication Manager of Fondazione Banco Farmaceutico, Ferruccio de Bortoli, President of Vidas Odv and Don Marco Pagniello, Director of Caritas Italiana. As partners of Intesa Sanpaolo, some of the social projects shared with the group are reviewed.

SOMMARIO:

1. Banco Alimentare e Intesa Sanpaolo: un’alleanza pluriennale a contrasto della povertà - 2. Banco Farmaceutico, il recupero farmaci validi e quelle partnership profit-non profit per il bene della società - 2.2. La povertà sanitaria: il riconoscimento grazie a un lavoro culturale ed educativo - 2.3. Il contrasto alla povertà sanitaria: le azioni - 2.4. Il progetto Recupero Farmaci Validi (RFV) - 2.5. Il Recupero Farmaci Validi e la sostenibilità - 2.6. Il Recupero Farmaci Validi e i criteri ESG - 2.7. La partnership con Intesa Sanpaolo e i risultati - 2.8. Conclusioni - 3. Casa Sollievo Bimbi, la casa dei piccoli che non possono guarire. Un sogno divenuto realtà grazie anche a istituzioni virtuose, come Intesa Sanpaolo, che l’hanno sostenuta fin dal principio - 3.2. Le finalità e tipologie di ricovero - 3.3. Lo scenario - 3.4. Perché un hospice pediatrico - 3.5. Casa Sollievo Bimbi, nodo di una rete virtuosa di cura - 3.6. Il sostegno di Intesa Sanpaolo - 3.7. Il crowdfunding - 3.8. Guardando a domani, insieme - 4. Golden Links: creare valore sociale sui territori - 4.2. I valori - 4.3. Il contesto - 4.4. Le prospettive - NOTE


1. Banco Alimentare e Intesa Sanpaolo: un’alleanza pluriennale a contrasto della povertà

Giovanni Bruno Prima di entrare nello specifico della pluriennale e preziosissima collaborazione tra Banco Alimentare e Intesa Sanpaolo, credo importante raccontare, seppur per sommi capi del Banco Alimentare, da moltissimi conosciuto soprattutto per la straordinaria Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, che peraltro vede Intesa Sanpaolo impegnata nel sostegno anche di questo importante evento che si realizza in oltre 11.500 supermercati, ormai da 26 anni, nel mese di novembre e vede mobilitarsi un notevole numero e varietà di volontari, oltre 140.000 in tutta Italia, impegnati nel proporre ai concittadini un gesto di solidarietà e condivisione, attraverso il dono di una parte di spesa per chi è nel bisogno, raccogliendo mediamente circa 8.000 tonnellate di alimenti non deperibili all’anno. In cosa consiste l’attività ordinaria di Banco Alimentare, come e quando è iniziata? Il Banco Alimentare al suo nascere, nel marzo 1989, ormai 34 anni fa, ha visto subito il coinvolgimento e il sostegno convinto di due “padri”: l’imprenditore Danilo Fossati, proprietario della Star, cui urgeva il desiderio di restituire in qualche modo alla società quanto in abbondanza ricevuto e che constatava ogni giorno nella sua azienda lo scandalo dello spreco di alimenti e don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, impegnato fortemente nell’educazione dei giovani attraverso soprattutto gesti di carità che potessero essere un valore per tutti. Primo scopo, dunque, è l’aiuto alle persone in difficoltà attraverso il recupero delle eccedenze alimentari lungo tutta la filiera, dall’industria agroalimentare, dalla grande distribuzione e poi dalla ristorazione, per poterle ridistribuire, in modo totalmente gratuito, a enti caritativi su tutto il territorio nazionale. Per la nostra attività, spesso ci siamo definiti “ponte”: ponte tra aziende che mettono a disposizione eccedenze alimentari o fanno vere e proprie donazioni (di cibo, di denaro, etc.) e le tante strutture caritative con noi convenzionate che offrono sostegno alle persone in difficoltà. Ponte con le Istituzioni attraverso la distribuzione dei prodotti rivenienti dai fondi europei e nazionali destinati agli indigenti, ponte con i privati cittadini, con le aziende, istituzioni o fondazioni che si coinvolgono con mezzi o competenze, per la realizzazione di progetti [continua ..]


2. Banco Farmaceutico, il recupero farmaci validi e quelle partnership profit-non profit per il bene della società

Sergio Daniotti e Paolo Nessi 2.1. Banco Farmaceutico: le origini e la risposta alla povertà sanitaria nel presente È il 2000, e un gruppo di farmacisti che condivide l’impegno sociale nella dimensione della comune esperienza cristiana identifica nella povertà sanitaria un problema tanto diffuso e acuto, quanto sottovalutato dall’opinione pubblica e dalla politica. Solamente (almeno) due decadi dopo, quel problema, per anni lambito in maniera trascurabile dalle fonti ufficiali (e, in particolare, citato in misura secondaria nell’In­dagine sui consumi delle famiglie dell’Istat), diventerà finalmente un tema all’ordine del dibattito pubblico. Basti pensare che il contrasto alla povertà sanitaria, oggi, figura tra le priorità del Programma Nazionale “Equità nella salute” 2021-2027 del Ministero della Salute, e che è allo studio come investire nel suo contrasto parte dei fondi del PNRR e di altri fondi europei.


2.2. La povertà sanitaria: il riconoscimento grazie a un lavoro culturale ed educativo

Nel giungere a tale riconoscimento, le azioni di Banco Farmaceutico, guidate dalla propria mission («Rispondere al bisogno farmaceutico delle persone indigenti, attraverso la collaborazione con le realtà assistenziali che già operano contro la povertà sanitaria, testimoniando un cammino di educazione alla condivisione e alla gratuità») nel corso degli anni non sono state secondarie. Non lo è stato, rispetto alla mobilitazione delle coscienze, il lavoro svolto dall’Osservatorio sulla Povertà Sanitaria (OPSan), organismo di ricerca di Banco Farmaceutico fondato nel 2013 con lo scopo dichiarato di portare alla conoscenza degli stakeholder il problema. Costituito da accademici ed esperti nel campo delle discipline mediche, sociali e statistiche, la sua produzione scientifica rappresenta, in Italia, la principale fonte di conoscenza permanente sul fenomeno della povertà sanitaria. OPSan, oltre a indagare quotidianamente il problema e le sue dinamiche, pubblicare articoli su riviste scientifiche internazionali e realizzare convegni, edita ogni anno il Rapporto Donare per Curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci, il documento, in Italia, più esaustivo in materia, presentato tradizionalmente in AIFA.


2.3. Il contrasto alla povertà sanitaria: le azioni

Dicevamo delle azioni di Banco Farmaceutico, che negli anni si sono moltiplicate e sviluppate fino a raggiungere le periferie del mondo. Tornando al 2000: il gruppo iniziale di farmacisti, si interroga su come rispondere al problema della Povertà sanitaria e, ispirandosi al modello del Banco Alimentare, getta le basi del Banco Farmaceutico. A dicembre 2000 è organizzata, nella sola città di Milano, la prima GRF – Giornata di Raccolta del Farmaco; sono raccolte, in 250 farmacie, 15.000 confezioni di medicinali. Oggi, la GRF si svolge in tutte le città italiane, dura una settimana, e coinvolge oltre 20.000 volontari e 18.000 farmacisti. Nel 2023 (7-13 febbraio) hanno partecipato 5.635 farmacie; sono state raccolte 598.000 confezioni di medicinali, pari a un valore di 4,9 milioni di euro, che aiuteranno 400.000 persone sostenute da 1.892 realtà caritative e socioassistenziali che offrono alle persone indigenti cure mediche e medicine. Ma i risultati notevoli, di per sé, non colmano il deficit di salute. Le medicine raccolte, infatti, coprono il 50,2% del fabbisogno espresso dalle realtà assistenziali, pari nel 2023 a 1.188.758 confezioni di farmaci. Inoltre, durante la GRF si raccolgono solo farmaci da banco. Per garantire una risposta costante alle richieste di farmaci (anche con obbligo di prescrizione) delle realtà assistenziali (non solo italiane), negli anni Banco Farmaceutico ha introdotto altre fonti di approvvigionamento di farmaci. Nel 2008, nasce l’associazione “spin off” Banco Farmaceutico Research, e si sviluppa il sistema delle Donazioni Aziendali (nel 2022, 62 aziende farmaceutiche hanno donato 2 milioni 97 mila euro confezioni di farmaci, pari a un valore di 15 milioni di euro); tale sistema, fornisce agli enti assistenziali anche medicinali con obbligo di prescrizione, consente di operare in caso di emergenze sanitarie (es. pandemia da Covid, conflitto in Ucraina, terremoto in Siria e Turchia) e di essere presenti in attività di cooperazione internazionale. Nel 2013, poi, è inaugurato il Recupero Farmaci Validi non scaduti, che qui val la pena approfondire, data la sua particolare rilevanza rispetto al principio della sostenibilità, considerato – a livello globale – la bussola che dovrà orientare l’operato di aziende e governi nei prossimi anni.


2.4. Il progetto Recupero Farmaci Validi (RFV)

Anzitutto, in cosa consiste RFV? Ogni anno, nelle nostre case, si sprecano grandi quantità di medicinali ancora validi. I particolari processi necessari per smaltirli, in quanto rifiuti speciali, provocano ripercussioni per tutta la comunità, sia in termini ambientali, sia economici. Si tratta, invece, di una risorsa che può rappresentare un bene prezioso per chi non riesce ad accedere alle cure per ragioni economiche. Per questo, Banco Farmaceutico ha promosso il progetto; all’interno delle farmacie che aderiscono all’iniziativa, sono posizionati appositi contenitori di raccolta facilmente identificabili in cui ognuno, assistito dal farmacista che garantisce la correttezza dell’o­perazione, può donare i medicinali di cui non ha più bisogno; questi saranno poi consegnati alle realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico. Possono essere recuperati farmaci non scaduti, con almeno 8 mesi di validità, correttamente conservati nella loro confezione originale, integra e coerente qualitativamente nel suo contenuto tra confezionamento primario (interno) e secondario (esterno). Sono esclusi i farmaci che appartengono alle tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope, farmaci da conservare in frigorifero e farmaci ospedalieri.


2.5. Il Recupero Farmaci Validi e la sostenibilità

Il principio secondo cui stati, imprese e individui assicurino “il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri” è nella natura stessa delle realtà del Terzo settore. Tale principio caratterizza le azioni di Banco Farmaceutico dalla sua nascita, da ben prima, cioè, che la sostenibilità fosse espressa ufficialmente come principale strategia di sviluppo globale dalle Nazioni Unite e recepita in maniera vincolante dagli stati firmatari dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Tuttavia, poiché il principio è stato declinato in maniera via via sempre più accurato, a partire dalla definizione dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) e dei relativi 169 goals da parte dell’Agenda 2030, è bene chiarire in che misura Banco Farmaceutico, e in particolare il Recupero Farmaci Validi, effettivamente vi concorrano. Appare evidente che il contributo agli SDGs riguardi, anzitutto, il 1° obiettivo (Sconfiggere la povertà) e il 12° (Consumo e produzioni responsabili) e, in particolare, il target 12.5 a quest’ultimo correlato (entro il 2030, ridurre in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclaggio e il riutilizzo). Le attività di Banco Farmaceutico contribuiscono, inoltre (ancorché in maniera più indiretta) al 3° obiettivo (Salute e benessere), al 10° (Ridurre le diseguaglianze) e al 17° (Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile). Prendendo in considerazione il 1° obiettivo e il target 12.5, quelli più strettamente legati alla mission di Banco Farmaceutico, si evidenziano due indicatori, utili per valutare l’efficacia delle attività di Banco Farmaceutico in relazione alla sostenibilità e, tradizionalmente, utilizzati nell’ambito delle valutazioni dei soggetti del Terzo settore: l’impatto sociale e l’impatto ambientale. La prima forma di impatto risulta evidente dal numero di persone che, nel corso degli anni, hanno ricevuto medicinali (almeno 620.000) e dal loro valore (23 milioni 323 mila euro), poiché, in entrambi i casi, si tratta di cifre rilevanti. La seconda forma di impatto si evidenzia nel fatto che, ogni anno, [continua ..]


2.6. Il Recupero Farmaci Validi e i criteri ESG

È qui opportuno, infine, spendere una parola in merito ai parametri ESG (Enviromental, Social, Governance). Essi si sono affermati nell’ambito della finanza sostenibile come criteri per valutare la sostenibilità di Stati e imprese, e orientare le scelte degli investitori, affiancandosi ai criteri tradizionali (bilanci, informazioni contabili). Ovviamente, con difficoltà potrebbero applicarsi a un soggetto del Terzo settore per valutarne i comportamenti economici. Misurare la sostenibilità secondo i parametri ESG, infatti, è estremamente complesso e oneroso, implica processi lunghi e meticolosi (come, ad esempio, il percorso di certificazione da parte di grandi organizzazioni internazionali) e riguarda, tipicamente, le grandi imprese profit (soprattutto quelle quotate in borsa). Tuttavia, il Terzo settore può aiutare le imprese a migliorare le proprie performance in relazione ai criteri ESG. Esistono numerosi casi di partnership tra profit e non profit che costituiscono modelli per la realizzazione del bene comune per tutta la comunità (un esempio concreto, è proprio la partnership tra Banco Farmaceutico e Intesa Sanpaolo); i tempi sono ormai maturi perché, nell’ambito di tali modelli, anche l’impatto del Terzo settore sulle dinamiche ESG delle imprese sia pienamente riconosciuto e rigorosamente definito dai soggetti preposti (agenzie di rating, società di ricerche finanziarie, esperti di discipline economiche, politiche e sociali, istituzioni ecc.).


2.7. La partnership con Intesa Sanpaolo e i risultati

Dell’essenza e dello scopo del progetto, si è detto; ora, è utile comprenderne gli effetti concreti sulla salute della popolazione povera, analizzando più analiticamente i risultati, alcuni dei quali sono già stati anticipati. Nel 2022, complessivamente, hanno aderito all’iniziativa 521 farmacie in 24 provincie di 13 regioni italiane. Sono state recuperate 260.245 confezioni di farmaci pari a un valore di 4.972.339,61 euro. Ne hanno beneficiato 137 realtà assistenziali. Dall’anno della sua istituzione, il RFV ha consentito di raccogliere 1.432.667 confezioni di medicinali, pari a un valore di 23.323.382 euro. Si stima che le persone aiutate da 137 realtà assistenziali siano state 620.000. Va detto che il progetto comporta un notevole impiego di risorse, sia in termini finanziari, sia di impiego di personale. Negli anni si è posto il problema di come garantirne la continuità. Grazie a un accordo sottoscritto nel 2018, Intesa Sanpaolo è diventata partner istituzionale di Banco Farmaceutico, dando così notevole impulso alla crescita del recupero dei farmaci validi e assicurandone la sostenibilità finanziaria. La partnership ha reso possibile la nascita di “Pharma Links: reti solidali contro la povertà sanitaria”; il progetto ha consentito l’apertura di nuove sedi di raccolta, il potenziamento di quelle esistenti e la strutturazione di un sistema innovativo di risposta alla povertà sanitaria sul territorio. La collaborazione tra Intesa Sanpaolo e Banco Farmaceutico, infatti, si è sviluppata secondo la logica della coprogettazione. I due soggetti, insieme, hanno individuato le zone in cui i bisogni sanitari della popolazione più fragile richiedevano maggior attenzione, e hanno definito – di volta in volta – le modalità di realizzazione di una nuova sede. Attualmente, le provincie in cui il recupero è presente grazie alla partnership sono la maggioranza assoluta: 21 su 24. Si tratta di Alessandria, Ancona, Bari, Bergamo, Como, L’Aquila, Lucca, Macerata, Mantova, Matera, Napoli, Novara, Padova, Palermo, Perugia, Potenza, Roma, Udine, Varese, Verona e Vicenza. Restano fuori solamente Milano/Mon­za e della Brianza e Torino, sedi RFV sviluppatesi anteriormente all’accordo, anche in virtù della presenza sul territorio delle due realtà federate di Banco Farmaceutico [continua ..]


2.8. Conclusioni

La strada per contrastare la povertà sanitaria è ancora lunga e in salita. Tuttavia, forme di cooperazione come quella descritta rappresentano un paradigma virtuoso per migliorare la comunità perché determinano risultati concreti e incoraggianti per le condizioni di vita della popolazione più fragile, e ispirano nel mondo dell’impresa l’inte­grazione della cultura del dono nel proprio modello di sviluppo. Si tratta di un cambiamento di prospettiva essenziale e sempre più imprescindibile per il bene e il futuro della società.


3. Casa Sollievo Bimbi, la casa dei piccoli che non possono guarire. Un sogno divenuto realtà grazie anche a istituzioni virtuose, come Intesa Sanpaolo, che l’hanno sostenuta fin dal principio

Ferruccio de Bortoli 3.1. Un nuovo paradigma di cura Avvicinare la realtà dell’hospice che resta l’unico in Lombardia e uno dei pochi in Italia (e forse il solo concepito e realizzato ex novo con questa destinazione) impone di partire da numeri e dati fattuali. Eccoli. Nel 2022 Casa Sollievo Bimbi ha assistito 54 pazienti in età pediatrica (che va da zero a 18 anni), accolti insieme alle loro famiglie, grazie a un’équipe multidimensionale allargata che comprende figure altamente specializzate: medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi, operatori di igiene, fisioterapisti, arte e musicoterapisti e, per esigenze più specifiche legate all’età dello sviluppo, anche neuro-psicomotricisti, educatori e logopedisti. Essenziali anche i mediatori culturali, per l’alta quota di persone di origine non italiana, circa i due terzi dei curati. Basterebbe questa diversificazione di competenze e specialità per illustrare quanto complessa e articolata è la presa in cura, olistica, di bambini e ragazzi la cui età si abbassa, di anno in anno, e che sempre più sono portatori di patologie gravissime e di natura eterogenea, deficit fisici e cognitivi, insufficienze d’organo, malattie metaboliche, non però – questa la differenza macroscopica rispetto ai pazienti adulti – in stadio terminale e solo in parte hanno natura oncologica. Si tratta piuttosto di malattie genetiche ed ereditarie, rare, che determinano condizioni croniche di disabilità severa. La durata dell’assistenza si estende, così, su più anni, in media tre e mezzo, elemento che ha comportato la costruzione di un nuovo paradigma di cura. La rimodulazione delle risposte, costruite su un individuo giovane e giovanissimo (spesso i pazienti sono neonati) che ha bisogni che cambiano anche sensibilmente nell’arco dell’assistenza, disegna un approccio dinamico, circolare e progressiva – perché sia garantita la verifica costante del­l’evoluzione dei bisogni del nucleo minore-famiglia nel tempo.


3.2. Le finalità e tipologie di ricovero

Le giornate di assistenza sono cresciute nell’arco di questi quattro anni, non solo, come detto, per un’estensione della durata della presa in carico, ma anche in virtù dell’aumento nel numero di pazienti così come di un intervento di cura a diversa intensità, che prevede dunque diversi ricoveri in degenza, in corrispondenza dell’evoluzione dello stato clinico dei piccoli pazienti. Spesso, il primo ricovero in degenza è orientato all’abilitazione del nucleo familiare con l’acquisizione delle competenze necessarie per la cura dei propri figli, sia rispetto all’alimentazione, all’igiene o all’addormentamento, sia all’utilizzo di terapie e strumenti complessi indispensabili alla sopravvivenza. In media, i piccoli pazienti dipendono da cinque presidi medici – ossia, per chiarire, di strumenti artificiali per la deglutizione, respirazione, alimentazione. I ricoveri di abilitazione – e quelli di rivalutazione clinica che costituiscono i punti tappa in cui vengono ricalibrate terapie e interventi – rappresentano circa il 70% del totale, mentre l’accompagnamento al fine vita la quota minoritaria del 20%. A conferma dell’esiguo numero di malattie in fase terminale e di una prassi di intervento che si esprime piuttosto nella gestione di sintomi complessi di malattie che, pur riducendo l’aspettativa di vita, si estendono su un periodo medio e lungo. Per completezza di informazione, la quota restante del 10% è costituito da ricoveri cosiddetti di sollievo, offerti per venire incontro alle famiglie lungamente provate da un’assistenza ad alta intensità che non prevede pause nelle 24 ore.


3.3. Lo scenario

Nell’arco quarantennale di una storia in cui la capacità di essere pioniera è distintiva, VIDAS ha preso in cura minori con malattie inguaribili ben prima che entrasse in vigore la legge 38 del 2010, che ha disciplinato e normato le cure palliative anche pediatriche, riconoscendole come diritto di ogni cittadino e perciò all’interno dei livelli essenziali di assistenza (LEA). I numeri del bisogno crescono drammaticamente: in Italia sono oggi oltre 35.000 bambini e ragazzi che avrebbero diritto a ricevere cure palliative pediatriche perché affetti da una patologia inguaribile – nel 30% dei casi oncologica, nel 70% di altra origine – e le stime per il futuro vedono un peggioramento di questo quadro già fosco, dovuto in particolare alla riduzione della mortalità neonatale e perinatale che, pur positiva, genera un incremento della malattia inguaribile e della disabilità grave.


3.4. Perché un hospice pediatrico

Una prima risposta da parte di VIDAS alla carenza di assistenza in cure palliative pediatriche è stata, nel 2015, la creazione di un’équipe operante al domicilio, primo nucleo di un team già multidisciplinare con operatori formati per garantire il soddisfacimento dei bisogni clinici, psicologici, relazionali ed educativi. La decisione nasce dall’assenza pressoché totale di servizi simili. Si consideri che, in effetti, a tutt’oggi la copertura del bisogno è esigua, appena del 5%: solo un minore su 20 che ne avrebbero diritto le riceve. Questa carenza determina spesso il protrarsi improprio del ricovero ospedaliero oppure, alternativa anche peggiore, la dimissione senza la possibilità di ricevere cure adeguate a domicilio. L’intervento di VIDAS è stato il tentativo di costruire una prima risposta e al tempo stesso di costruire un modello di assistenza, replicabile a livello regionale e nazionale. Le condizioni peculiari di questi piccoli pazienti, che spesso richiedono di attivare le cure palliative già in fase di diagnosi, alla nascita o quasi, consapevoli di essere di fronte a malattie che condurranno inevitabilmente a morte, pur in un tempo variabile e non prevedibile, hanno, nel giro di qualche anno, fatto emergere l’esigenza di affiancare alle cure a domicilio, che resta luogo di elezione dell’assistenza, nel rispetto della cultura e delle abitudini proprie di ogni famiglia, un contesto protetto, che facesse da ponte tra l’ospedale e la casa, dove iniziare a dare forma a percorsi personalizzati e riproporzionati sulle esigenze dei pazienti e delle loro famiglie, in particolare nel caso di malattie con una cronicità medio-lunga. Ovvero un hospice.


3.5. Casa Sollievo Bimbi, nodo di una rete virtuosa di cura

La costruzione dell’hospice pediatrico ha permesso di completare l’offerta di cura per pazienti di età pediatrica, affiancando la degenza e il day hospice all’assistenza domiciliare. La presa in carico è globale, volta ad alleviare il dolore e la sofferenza non solo dei piccoli pazienti con cosiddetta life-limiting-condition, ma anche delle loro famiglie. Ovvero: oltre a cure terapeuticamente avanzate, l’attenzione è al sostegno psicosociale della famiglia, dato che circa la metà di loro ha almeno un fratello in giovane età, e ai fondamentali aspetti di socializzazione, di educazione e di gioco, che mutano anche radicalmente in relazione all’età. Ancora, sono indispensabili una conoscenza della bio­etica per affrontare una corretta pianificazione condivisa delle cure, che renda le famiglie consapevoli del quadro clinico e degli sviluppi della malattia nel tempo, così come la capacità di farsi carico delle fragilità sociali e culturali. Il vero obiettivo è di costruire una reale e solida continuità assistenziale, affinché pazienti e famiglie non si sentano abbandonati, e di diventare punti di riferimento per loro. Così, il lavoro dei palliativisti di Casa Sollievo Bimbi è stato da subito volto alla costruzione di una rete di territorio che comprenda e integri tutti i soggetti coinvolti nella cura. Oggi la forte sinergia con ospedali e reparti pediatrici, reparti neonatologia e rianimazione fa sì che nel 60% dei casi siano queste le strutture che segnalano e inviano i pazienti, accanto ai pediatri di famiglia (per il 10% – il restante 30% è rappresentato dagli stessi operatori VIDAS al domicilio).


3.6. Il sostegno di Intesa Sanpaolo

La costruzione di Casa Sollievo Bimbi è stata possibile senza ricorso all’intervento pubblico, grazie a risorse detenute da VIDAS e provenienti da donazioni di privati, enti, organizzazioni. Tra queste, fondamentale la vicinanza di Intesa Sanpaolo che ha finanziato il progetto erogando, per mezzo di Banca Prossima (oggi Direzione Impact), un mutuo da 10 milioni di euro. Il sostegno del primo istituto bancario d’Italia risale agli anni Duemila e ha assunto, nell’arco di vent’anni, forme diverse di donazione, raccolta fondi, promozione attiva su dipendenti e clienti. Il lancio della campagna di costruzione ha visto la risposta immediata di Intesa Sanpaolo, grazie alla corrispondenza del progetto con l’impegno del gruppo in tema di responsabilità sociale. Intesa Sanpaolo ha dimostrato concretamente di essere non solo un istituto bancario ma un’istituzione virtuosa che, capillarmente presente nel Paese, si occupa di essere vicina ai territori e restituire, con la vicinanza attiva dove vi siano emergenze sociali a cui poter dare risposta con l’accoglienza, pasti, posti letto, farmaci – ovvero, i bisogni primari di ogni essere umano. La partecipazione è stata da subito legata alla costruzione di Casa Sollievo Bimbi e via via è proseguita con una serie di azioni a tutto tondo, sia con donazioni dirette sia grazie al coinvolgimento di dipendenti e clienti della Banca per raccogliere denaro per l’arredo dei mini-appartamenti.


3.7. Il crowdfunding

A settembre 2018 Intesa Sanpaolo, grazie alla piattaforma proprietaria di crowdfunding, For Funding, aveva lanciato una campagna per raccogliere 40 mila euro destinati all’acquisto degli arredi e allestimenti dei sei mini-appartamenti al piano di degenza di Casa Sollievo Bimbi, impegnandosi a raddoppiare il valore raccolto con una donazione. L’obiettivo era stato raggiunto e superato in poco più di due mesi, la metà del tempo previsto, grazie a 545 donatori che avevano permesso di toccare i 41.468 euro raccolti. Il risultato della raccolta su For Funding è stato possibile grazie all’entusiasmo e all’impegno delle persone della Banca che hanno non solo promosso la conoscenza del progetto tra i clienti ma lo hanno anche sostenuto aderendo alla raccolta fondi con grande generosità. Una dimostrazione straordinaria di altruismo. A fronte del successo, erano state lanciate altre due campagne, l’una a dicembre 2018, per l’acquisto di giochi destinati ai pazienti e ai loro fratellini – pannelli sensoriali per lo sviluppo tattile e percettivo, tavoli per attività manipolative con materiali naturali, arredi morbidi che incoraggiano lo sviluppo relazionale e senso motorio – e la seconda un anno più tardi, finalizzata a sostenere le spese direttamente connesse all’assistenza, farmaci, terapie, costi di degenza, prestazioni specialistiche. Nel complesso le donazioni sono state 895 e la raccolta di 58.005 euro.


3.8. Guardando a domani, insieme

Casa Sollievo Bimbi ha, anno dopo anno, ampliato la capacità di presa in carico, integrato figure professionali e arricchito la dotazione di presidi medici – uno per tutti, l’ecografo – con l’obiettivo di svolgere internamente esami specialistici e evitare ai pazienti lo stress delle trasferte ospedaliere e, anche se l’accreditamento copre circa l’85% delle spese necessarie, continua a beneficiare di proventi da raccolta fondi. Nel corso degli ultimi cinque anni, Intesa Sanpaolo non ha smesso di garantire un sostegno concreto e rilevante, destinato alla copertura dei costi dei posti letto e dei pasti. Nel 2022 i fondi stanziati hanno permesso di coprire i costi di 4.227 posti letto, con una media giornaliera di 11.5, e 13.468 pasti (media giornaliera 36.9). È la continuità a fare la differenza. Intesa Sanpaolo è rimasta accanto a VIDAS negli ultimi vent’anni, via via incrementando il valore del proprio sostegno. È grazie a partner di questa levatura che è possibile progettare e dar corso a progetti ambiziosi come la costruzione del primo hospice pediatrico lombardo. Sembrava un’utopia arrischiata, eccolo: non solo un bell’edificio, concepito per garantire il massimo comfort interno e la miglior efficienza energetica, non solo un nodo importante in una rete di cura solida e estesa sul territorio regionale. Soprattutto, una casa per tutti i bambini con malattie inguaribili e le loro famiglie.


4. Golden Links: creare valore sociale sui territori

Don Marco Pagniello 4.1. Il progetto Il progetto “Golden Links”, nato nel 2018, rappresenta un modello di innovazione inclusiva e circolare. Caritas Italiana, all’interno del progetto Golden Links in accordo con Intesa Sanpaolo, si occupa di gestire i beni messi a disposizione gratuitamente dalle aziende partner della banca, (in particolare abbigliamento) a favore delle persone vulnerabili che si rivolgono alle Caritas in Italia e di accompagnare e coordinare le Caritas diocesane che sono state individuate e hanno accettato di prendere parte al progetto. Nello specifico, Caritas Italiana ha coinvolto nel progetto le Caritas diocesane di Oria, Vicenza, Reggio Emilia e Torino che attraverso delle cooperative sociali da loro individuate sui propri territori, e dei punti logistici (hub) messi a disposizione, hanno dato la possibilità a persone svantaggiate di essere impiegate per le lavorazioni di selezione, confezionamento, imballaggio per la spedizione dei capi, oltre a lavori di recupero di eventuali capi danneggiati attraverso lavori di riparazione e cucito. Le attività solitamente partono dalla segnalazione a Caritas Italiana, da parte di Banca Intesa, della messa a disposizione dei capi dalle aziende partner della banca che hanno aderito al progetto. A seconda dei quantitativi messi a disposizione, e comunque con una turnazione che coinvolga tutti, vengono contattate una o più Caritas diocesane che hanno aderito al progetto e verificata la disponibilità a riceverli e a lavorarli presso il proprio hub. Il referente di Caritas Italiana insieme al referente di Banca Intesa, organizzano la spedizione verso il magazzino individuato. Una volta finita la parte di censimento dei prodotti, Caritas Italiana attraverso 92 empori della solidarietà gestiti dalle Caritas diocesane su tutto il territorio nazionale, e circa 25 istituti di pena in accordo con la cappellania generale, individua i luoghi dove destinare i prodotti. Chiaramente la finalità principale di questo progetto è proprio quella creare legami, dando la possibilità a molte persone di rimettersi in gioco. Ma tra i suoi frutti c’è anche la creazione di posti di lavoro. Attraverso Golden Links, oltre a distribuire beni a tantissime persone in stato di bisogno, alcune delle Caritas diocesane coinvolte attraverso le cooperative da loro individuate hanno potuto dare opportunità lavorativa ad alcune persone [continua ..]


4.2. I valori

Dietro tutto questo processo di organizzazione e lavorazione, c’è il cuore del progetto che è la valorizzazione della persona. Un progetto, dunque, che crea legami preziosi mettendo al centro ogni persona come soggetto attivo della comunità, e valorizzando la comunità come luogo di risorse autentiche e di necessaria partecipazione. Nell’era della complessità e delle crisi dobbiamo esserci, abitare con responsabilità il territorio, sperimentare con coraggio nuove forme di solidarietà. Papa Francesco ci ricorda che «mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza» [1]. Occorre un nuovo approccio allo sviluppo di comunità. Un nuovo approccio che tenga insieme la funzione pedagogica, la concreta progettazione sociale, la tutela dei diritti. Una carità generativa, feconda per le persone e per le comunità che la ricevono. Certo, una prospettiva alta, complessa, ma che ci deve vedere attori protagonisti, senza cedere alle paure che imbrigliano la nostra epoca. San Paolo VI scriveva nell’Enciclica Populorum Progressio: «Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» [2]. Papa Francesco è più volte tornato sulla necessità di una nuova economia orientata al bene comune e inclusiva, in grado di assicurare un futuro sostenibile alle nuove generazioni. Ricevendo il 21 ottobre 2022 esponenti dell’Unione delle Associazioni di Imprenditori Cattolici ha ribadito che il nostro mondo ha urgente bisogno di una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda. Un’economia della vita, in tutte le sue dimensioni. La sfida è ardua. Nel suo discorso ad Assisi del 24 settembre per The Economy of Francesco, il Papa ha ammonito: «Fino a quando il nostro sistema produrrà scarti e noi opereremo secondo questo sistema, saremo complici di un’economia che uccide. Chiediamoci allora: stiamo facendo abbastanza per cambiare questa economia, oppure ci accontentiamo di verniciare una parete cambiando colore, senza cambiare la struttura della casa? … Forse la [continua ..]


4.3. Il contesto

Naturalmente questo è solo un segno, una goccia che si deve aggiungere a quanto tutti insieme possiamo fare. Dai quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas emerge un quadro preoccupante, con una povertà sempre più diffusa. Non si tratta sempre di nuovi poveri ma anche persone che oscillano tra il dentro e fuori dallo stato di bisogno. Tra questi coloro che, pur lavorando, sono poveri (working poor) oggi sono pari al 13% degli occupati. Il 23,6% di quanti si rivolgono ai centri di ascolto sono lavoratori poveri. Sempre di più emergono le grandi fragilità del nostro paese, primo tra tutti il grande tema delle disuguaglianze, non più e semplicemente fra nord e sud. In questa complessità noi ci mettiamo soprattutto in ascolto, un ascolto che è alla base di quel mandato che abbiamo ricevuto che è quello di una funzione pedagogica che dobbiamo esprimere e vogliamo esprimere soprattutto all’interno delle nostre comunità. Tutto questo in un tempo in cui alle conseguenze della pandemia si sommano quelle della guerra e della crisi energetica con pesantissime ripercussioni sociali ed economiche. Un tempo che tutti siamo chiamati a vivere con molta responsabilità, facendo la nostra parte e a facendola bene. Come Caritas, come rete delle Caritas in Italia, saremo sempre dalla parte dei più poveri, ci prendiamo la responsabilità di accompagnarli e aiutarli ad esigere quei diritti di cui sono portatori. Una grande responsabilità che sentiamo in particolare verso i giovani e che ci chiama anche ad essere di stimolo alle Istituzioni. La crisi chiede alle nostre comunità un impegno inedito: non solo innovare lo stile della prossimità, ma mettere a disposizione il capitale fiduciario, sociale e relazionale per contribuire alla ricostruzione di comunità territoriali consapevoli, solidali e capaci di speranza. Un cambiamento radicale di mentalità che richiede una fase nuova di collaborazione e di cooperazione. Solo unendo le forze costruiremo società nuove. In una logica di partenariati trasversali che perseguano il benessere collettivo, che contribuiscano alla costruzione di un rinnovato modello di economia e società, capace di giustizia sociale, sviluppo sostenibile e vere opportunità per tutti. In questo contesto così complesso ma anche così sfidante le Caritas ci sono e vogliono esserci, senza l’ansia [continua ..]


4.4. Le prospettive

Una sfida ancor più impegnativa in un quadro aperto, in cui le ingiustizie e le disuguaglianze si stratificano e non ci si può più limitare a offrire risposte isolate senza porsi il problema di agire in sinergia, risalire alle cause e affrontarle. E soprattutto avendo come bussola i due verbi utilizzati da papa Francesco: «occuparsi creativamente e cooperare con efficacia» [4]. Occuparsi creativamente, ossia non in maniera estemporanea, né approssimativa e neanche ripetitiva, ma creativa, vale a dire in maniera sempre nuova, dinamica, generativa. E poi cooperare, ossia operare con. Nelle realtà territoriali le cooperazioni, le collaborazioni a favore del bene comune – proprio come nel caso di Golden Links – assumono diverse connotazioni e generano alleanze, coagulano energie, aggregano soggetti diversi su proposte che sostengono i valori comuni della reciprocità e della fraternità, dell’equità e della democrazia. Alleanze non soltanto sulla carta, non protocolli sterili, ma vivificati da azioni concrete. Una cooperazione che sarà tanto più efficace quanto più intenti comuni sono convergenti, si incontrano ed interagiscono tra di loro, cercando, come insegna san Paolo, ciò che ci unisce e non ciò che ci divide. Il coinvolgimento delle comunità, dei territori e la forte connessione relazionale possono contribuire efficacemente alla crescita sociale, culturale ed economica dei territori promuovendo integrazione e partecipazione e mantenendo un’alta qualità degli interventi sociali. Ecco perché è fondamentale moltiplicare nuove strade e modalità di lavoro per coinvolgere e responsabilizzare la società intera, ad ogni livello, dai soggetti pubblici a quelli privati, dai settori economici a quelli no profit, dai territori alle comunità. È fondamentale promuovere e incoraggiare processi di sperimentazione per rafforzarli e trasformarli in realtà che vadano oltre la sola risposta ad un bisogno. Naturalmente sono solo un segno, una goccia che si deve aggiungere a quanto tutti insieme possiamo e dobbiamo fare, un tassello nella costruzione di un ecosistema favorevole all’uomo, verso quella “ecologia integrale” indicata da papa Francesco in cui il valore della solidarietà unito a quello dell’assunzione di responsabilità – [continua ..]


NOTE