Rivista Corporate Governance ISSN 2724-1068 / EISSN 2784-8647
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Gli assetti adeguati e la business judgment rule (di Lorenzo Benedetti, Ricercatore in Diritto commerciale nell’Università degli Studi di Pisa)


Il saggio tratta della controversa questione dell’applicabilità della business judgment rule alle decisioni concernenti gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili ai sensi degli artt. 2086, comma 2, e 2381, comma 5, c.c., soffermandosi sulle indicazioni al riguardo ricavabili, dapprima, dall’analisi comparatistica e, successivamente, dalla giurisprudenza pronunciatasi in materia.

Parole chiave: Assetti adeguati – decisioni degli amministratori – business judgment rule – applicabilità.

Adequate corporate structure and business judgment rule

The work addresses the problem weather the safe harbour of the business judgment rule applies to directors organisational decisions, considering both comparative law and case law.

Keywords: Adequate corporate structure – directors decisions – business judgment rule – application.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Lo stato dell’arte della questione - 3. Conferme giurisprudenziali dell’applicabilità della business judgment rule alle decisioni organizzative - 4. Considerazioni conclusive e qualche ulteriore spunto di riflessione - NOTE


1. Premessa

La business judgment rule trova la propria ratio nel circoscrivere il rischio per gli amministratori di società di essere giudicati responsabili per aver assunto decisioni imprenditoriali che si rivelino errate, precludendo la sindacabilità giudiziale del merito di quel tipo di scelte. Si tratta di regola che pone l’attenzione sul processo decisionale, piuttosto che sulla valutazione sostanziale del merito della decisione. Assente un conflitto d’interessi o un’infedeltà degli amministratori, la BJR previene il giudice dal valutare, col senno di poi, quelle decisioni che siano state il prodotto di un procedimento razionale e per le quali gli stessi amministratori si siano avvalsi di tutte le informazioni materiali ragionevolmente disponibili [1]. Pur costituendo ius receptum nei più importanti paesi del mondo, la business judgment rule presenta contorni indefiniti tanto quanto alla sua natura quanto al suo ambito di applicazione, anche in quegli ordinamenti dove la regola originariamente elaborata dalla giurisprudenza nord-americana è stata codificata [2]. Pertanto, appare interessante approfondire un profilo applicativo della business judgment rule assai discusso, che è stato oggetto anche di un recente arresto giurisprudenziale [3]: l’appli­cabilità della dottrina in esame alle decisioni organizzative degli amministratori. Tale questione è destinata ad assumere un rilievo crescente con l’entrata in vigore del nuovo art. 2086, comma 2, c.c. (introdotto dall’art. 375 del codice della crisi), che prescrive un dovere “transtipico” per ogni imprenditore in forma societaria o collettiva di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale.


2. Lo stato dell’arte della questione

In merito alla questione in esame si contrappongono sostanzialmente due tesi. Per la prima i giudici, sindacando l’osservanza da parte degli amministratori del canone dell’adeguatezza degli assetti, possono compiere uno scrutinio più stringente delle scelte d’impresa rispetto a quello consentito dalla business judgment rule [4]. Questa tesi affronta il tema in esame sulla scorta dell’insegnamento che, al fine di delimitare la portata applicativa della business judgment rule, valorizza la distinzione fra la violazione di obblighi a contenuto specifico e quella di doveri a contenuto generico: la regola in questione si applicherebbe soltanto a comportamenti e scelte che non sono imposti da norme contenenti un precetto determinato [5]. Da tale considerazione si è tratto il seguente corollario: poiché la predisposizione di assetti inadeguati integra per gli amministratori la violazione di un obbligo specifico (costruzione e valutazione degli assetti), le decisioni al riguardo non possono essere protette dalla business judgment rule [6], mancando lo spazio per una scelta imprenditoriale (ovvero discrezionale). Alla medesima conclusione si è pervenuti valorizzando anche la diversità ontologica fra gli atti di gestione, in quanto tali incensurabili, e le scelte pertinenti all’articolazione organizzativa dell’impresa, suscettibili, al contrario, di un vaglio giudiziale più ampio [7]. È tuttavia ampiamente rappresentata anche la tesi contraria, ad avviso della quale il sindacato giudiziale incontra, anche in relazione alle decisioni aventi natura organizzativa, i limiti derivanti dalla business judgment rule [8]. Ad avviso di questa seconda opinione, le prospettive sopra descritte dalle quali si è affrontata la questione in esame risultano non pienamente soddisfacenti in considerazione del fatto che «il dovere “specifico” di imprimere un assetto organizzativo “adeguato” alla struttura aziendale costituisce pur sempre espressione del “generale” obbligo di corretto e diligente esercizio del potere di amministrazione nelle s.p.a. e, andando oltre la dimensione tipologica azionaria, di quei “principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale” (art. 2497, comma 1, c.c.) [ – strettamente connessi con i principi menzionati all’art. 2403 c.c. (10) –] che permeano di sé [continua ..]


3. Conferme giurisprudenziali dell’applicabilità della business judgment rule alle decisioni organizzative

Il secondo approccio al problema in esame è stato accolto dall’unico precedente giurisprudenziale sinora – a quanto consta – pronunciatosi al riguardo. Nel dirimere la questione relativa all’ambito applicativo della business judgment rule, la pronuncia del tribunale di Roma ha affermato in primo luogo “che la funzione organizzativa rientra pur sempre nel più vasto ambito della gestione sociale”, costituente l’area di applicazione della dottrina in esame. Il tribunale si è allineato così al­l’opinione secondo la quale l’asserita diversità ontologica fra gli atti di gestione, in quanto tali incensurabili, e le scelte pertinenti all’articolazione organizzativa dell’im­presa, suscettibili al contrario di un vaglio giudiziale più ampio, non pare costituire un fondamento solido per dirimere il problema in questione, in quanto essa semplifica eccessivamente il sistema delle competenze sociali, trascurando il fatto che “i due livelli dell’impresa (a cui pertiene la “gestione”) e della società (che si compendia in attività estranee alla gestione economica di impresa, che si è soliti ricondurre alla “organizzazione”) sono sì distinti, ma naturalmente compenetrati” [10]. La corte ha, inoltre, affermato che “la predisposizione di un assetto organizzativo non costituisce l’oggetto di un obbligo a contenuto specifico, ma al contrario, di un obbligo non predeterminato nel suo contenuto, che acquisisce concretezza solo avuto riguardo alla specificità dell’impresa esercitata e del momento in cui quella scelta organizzativa viene posta in essere”. Infatti, “l’esistenza di un ambito discrezionale entro il quale gli amministratori possono compiere le loro scelte aventi carattere organizzativo deriva dal fatto che il legislatore ha utilizzato come criterio di condotta, a cui essi devono attenersi nella configurazione e nella verifica degli assetti societari, la clausola generale dell’adeguatezza”. In sostanza, dunque, il tribunale di Roma ha valorizzato il fatto che le decisioni organizzative degli amministratori presentano i tratti caratteristici necessari a essere annoverate fra le scelte imprenditoriali al fine di ricondurle entro l’ambito precettivo della business judgment rule. Tale conclusione risulta pienamente [continua ..]


4. Considerazioni conclusive e qualche ulteriore spunto di riflessione

La discussione in merito alla questione qui esaminata rimane aperta. In un recente contributo [35] sono state sviluppate alcune considerazioni originali sul tema – volte corroborare la tesi dell’inapplicabilità della business judgment rule alle decisioni in materia di assetti – che meritano di essere brevemente considerate. Per escludere le scelte sugli assetti dal safe harbour derivante dalla regola in esame si muove dalla distinzione tassonomica fra scelte organizzative e assetti organizzativi: le prime sarebbero «scelte di merito strettamente connesse alle opzioni di mercato, coperte dunque dalla business judgment rule»; i secondi, invece, consisterebbero «nelle procedure di efficiente funzionamento aziendale, di gestione amministrativa in senso stretto, di processi contabili, di sistemi informatici che non sono affidati alla discrezionale libertà d’impresa ma devono, appunto, raggiungere la soglia dell’adeguatezza, cioè all’appropriatezza tra mezzo e fini: appunto, il principio di correttezza» [36]. Pur essendo quest’ultima una distinzione da condividere, la stessa non pare però dirimente al fine di sottrarre le decisioni sugli assetti alla business judgment rule, se si valorizza il fatto che – come si evince dall’indagine comparatistica – ciò che rileva per l’applicazione della stessa è unicamente se si sia di fronte o meno a una decisione imprenditoriale. E, come si è cercato di dimostrare, le scelte in questione presentano i caratteri per essere sussunte in tale categoria. Né a smentire questa conclusione è sufficiente addurre che si tratta di decisioni imposte ex lege, perché la circostanza che una decisione degli amministratori sia imposta da una prescrizione normativa – al pari di quella disciplinata dall’art. 2381, comma 5 (o dall’art. 2086, comma 2), c.c. – non comporta necessariamente la soppressione di quel margine di discrezionalità necessario e sufficiente a configurare una scelta imprenditoriale [37]. In altri termini: si può convenire sul fatto che le scelte sugli assetti differiscano da quelle organizzative o gestorie, anche sotto il profilo della discrezionalità insita nelle une e alle altre [38]. Tuttavia, se si ritiene che anche le prime presentino i connotati delle decisioni imprenditoriali, ciò [continua ..]


NOTE