Rivista Corporate Governance ISSN 2724-1068 / EISSN 2784-8647
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


La natura giuridica della responsabilità della capogruppo per abuso nell'attività di direzione e coordinamento: brevi riflessioni a margine delle più recenti sentenze del Tribunale di Milano (di Rosanna Ricci)


  La nota esamina le più recenti pronunce del Tribunale di Milano relative all’art. 2497 c.c., dalle quali sembra emergere una sorta di “statuto” della responsabilità da direzione e coordinamento, ed evidenzia la difficoltà di conciliare l’asserita natura contrattuale, da contatto sociale, di tale responsabilità con la realtà dell’impresa policorporativa.

The legal nature of a parent company’s liability for abuse in management and coordination: brief reflections following the most recent judgments of the Court of Milan

The article examines the most recent decisions of the Court of Milan in relation to art. 2497 of the Italian Civil Code, which seem to establish a kind of “statute” for management and coordination liability, and highlights the difficulty of reconciling the supposedly contractual nature of that liability, arising from so called “special relationship”, with the reality of a multi corporate enterprise.

Keywordsgroup of companies – art. 2497 of the Italian Civil Code – directors' liability

  Trib. Milano, SSI, 27 febbraio 2019, n. 1958 – (Pres. E. Riva Crugnola; Rel. A. Simonetti) 1. L’azione risarcitoria della società eterodiretta verso la società dominante per danni derivanti dall’esercizio abusivo dell’attività di direzione e coordinamento non è azione ex art. 2497 co 1 c.c. essendo questa riservata ai soci e ai creditori della società controllata, mentre la prima è azione volta a far valere la responsabilità diretta (di tipo contrattuale) della società controllante per i danni che l’illegittima attività di direzione e coordinamento abbia cagionato al patrimonio della società controllata, in base ai principi generali (artt. 1173 c.c) *. 2. Il danno indiretto del socio e il danno diretto al patrimonio della società controllata, derivanti dall’esercizio illegittimo da parte della controllante dell’attività di direzione e coordinamento, sono danni collegati e connessi nella loro genesi, dato che la lesione al valore e alla redditività della partecipazione del socio di minoranza è l’effetto di un pregiudizio subito in prima istanza dal patrimonio della società; e tuttavia una volta generatisi si connotano, nell’ambito della fattispecie di cui all’art. 2497 c.c., agli effetti risarcitori, come pregiudizi distinti e non del tutto sovrapponibili. Di conseguenza, non automaticamente si verifica l’assorbimento del danno indiretto del socio di minoranza nel soddisfacimento di quello fatto valere dalla società controllata; la reintegrazione del patrimonio di quest’ultima può anche non comportare in fatto l’eliminazione totale del pregiudizio (indiretto) alla redditività e al valore della partecipazione del socio lesi dalla condotta illegittima della controllante che abbia cagionato la lesione diretta al patrimonio della società controllata *. 3. La posizione del socio rispetto al capitale sociale è differente da quella dei creditori sociali e sganciata dal principio di cui all’art. 2740 c.c., tanto che il danno del socio risarcibile dalla società controllante è la perdita di redditività della quota di capitale immessa nella società eterodiretta e la perdita di valore della partecipazione, danni eterogenei rispetto alla lesione del patrimonio sociale come garanzia dei creditori ex art. 2740 c.c. La differenza ontologica delle posizioni, dei soci e dei creditori, tutelate dall’art. 2497 c.c., non consente di estendere la disposizione del comma 4, relativa alla azione di responsabilità dei creditori (azione di massa dopo il fallimento), all’azione di responsabilità dei soci *. 4. L’attività di direzione e coordinamento è legittima se esercitata nel rispetto dei principi [continua..]
SOMMARIO:

- - 1. Lo 'statuto' della responsabilità da attività di direzione e coordinamento secondo il Tribunale di Milano - 2. La difficoltà di conciliare una responsabilità di natura contrattuale con il fenomeno del gruppo - 3. La responsabilità da contatto sociale alla prova delle pretese dei creditori della controllata - NOTE




1. Lo 'statuto' della responsabilità da attività di direzione e coordinamento secondo il Tribunale di Milano

Nell’arco di pochi mesi il Tribunale di Milano si è pronunciato, nel 2019, per ben due volte sul tema della responsabilità della società capogruppo per esercizio abusivo dell’attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c.: nel pri­mo caso in un giudizio instaurato da un socio c.d. esterno della controllata, nel secondo caso in un giudizio instaurato da un fornitore della controllata. Le argomentazioni in diritto sviluppate dal Tribunale [1], che in parte si richiamano all’ultimo importante arresto della Corte di Cassazione in materia [2], sembrano quasi comporre uno “statuto” pressoché completo della responsabilità in questione, affrontando e risolvendo tutta una serie di aspetti, anche processuali, ampiamente dibattuti in dottrina. L’economia di questa nota non consente di affrontarli tutti (e per essi si rinvia alle dettagliate note dei primi commentatori delle due sentenze [3] e impone una scelta selettiva, che cade sugli aspetti sostanziali di questa discussa fattispecie di responsabilità, per l’esame dei quali rilevano solo marginalmente le questioni di fatto decise dal Tribunale (per le quali ci si permette di rinviare alla lettura delle sentenze). A mo’ di sintesi, gli aspetti salienti dello “statuto” della responsabilità, che possono trarsi dagli argomenti sviluppati nelle motivazioni delle due pronunce del Tribunale di Milano, sono i seguenti: La responsabilità della capogruppo ha natura contrattuale sia nei rapporti tra capogruppo e società controllata – in quanto con l’attività di direzione e coordinamento la controllata diventa soggetto “affidato” all’esercizio dell’altrui potere operativo – e sia nei rapporti tra capogruppo e soci e creditori della controllata, per effetto del contatto sociale qualificato che si instaura tra la prima e questi ultimi in conseguenza dell’attività di direzione e coordinamento (sentenza del 7 maggio). La responsabilità è sempre derivante da condotte illecite di mala gestio riferibili al patrimonio delle controllate, costituenti inadempimento delle obbligazioni connesse ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale della società controllata; in particolare, la responsabilità [continua ..]


2. La difficoltà di conciliare una responsabilità di natura contrattuale con il fenomeno del gruppo

La decisione più recente, in continuum con altre precedenti, ribadisce l’orienta­mento del Tribunale milanese secondo il quale la responsabilità della capogruppo, non solo verso la controllata, ma anche verso i soci e i creditori di quest’ultima è contrattuale, da contatto sociale qualificato, poiché da una parte l’art. 2497 c.c. avrebbe introdotto, in capo alla controllante, un’obbligazione di corretto esercizio del potere di direzione e coordinamento che trascende il generale dovere di astensione dal compimento di atti lesivi (il “neminem laedere”) e, dall’altra, tale obbligo non sarebbe volto solo alla tutela della società eterodiretta, bensì interesserebbe anche le posizioni soggettive dei suoi soci, specie di quelli di minoranza, e dei creditori. L’attivi­tà di direzione e coordinamento farebbe sorgere, quindi, un dovere di protezione aven­te contenuto definito e comportante, in caso di violazione, una responsabilità contrattuale nei confronti dei soci e dei creditori della società eterodiretta [6]. Come noto, il tema della natura della responsabilità della capogruppo è da lungo tempo oggetto di dibattito [7] e la dottrina è ancora particolarmente divisa [8]. A fronte del consolidato orientamento del Tribunale milanese da un lato e, dall’altro, dell’in­conciliabilità delle opposte tesi dottrinali, verrebbe da chiedersi se sia ancora utile discuterne. E in effetti, il dibattito appare, a volte, puramente teorico, spesso sganciato dalle conseguenze pratiche e dagli effetti giuridici e sistematici che derivano dal­l’una e dall’altra impostazione; e sembra, a volte, che la natura contrattuale della re­sponsabilità – affermata contro l’evidenza dei dati testuali dell’art. 2497 c.c. – sia fatta derivare, più che da argomenti esegetici, dall’auspicio di poter applicare, a tutela delle parti deboli della relazione economica (i soci c.d. esterni [9] e i fornitori della controllata), il regime dell’onere della prova più favorevole rispetto a quello extracontrattuale [10]. E fin qui la circostanza può avere una rilevanza limitata, dal momento che, come messo ben in evidenza da autorevole dottrina, il tema dell’onere della [continua ..]


3. La responsabilità da contatto sociale alla prova delle pretese dei creditori della controllata

Le difficoltà pratiche derivanti dalla riconduzione delle azioni ex art. 2497 c.c. alla responsabilità contrattuale da contatto sociale, si rivelano, ad esempio, nel caso deciso dalla sentenza 7 maggio 2019 in commento. Nella fattispecie, un creditore ha agito, per il recupero del credito vantato verso la controllata poi fallita, nei confronti della controllante che deteneva una partecipazione di controllo pari al 70% del capitale della società fallita ed esercitava su questa l’attività di direzione e coordinamento. L’attore ha fatto valere la responsabilità contrattuale diretta della capogruppo in ragione dell’esercizio di tale attività, ovvero, in alternativa, in virtù del contatto sociale qualificato originatosi con quest’ul­tima. Sotto il primo profilo, il Tribunale ha escluso la responsabilità della controllante poiché “anche a fronte della presenza di una fattispecie di direzione e coordinamento, ogni società risponde delle obbligazioni autonomamente contratte, nonché dell’inadempimento delle medesime, in quanto singola persona giuridica dotata della propria autonomia patrimoniale, pur nell’ambito dell’organizzazione di grup­po. Né si può affermare il principio per cui, in virtù del mero fatto dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, la controllante possa essere chiamata a rispondere delle obbligazioni di una controllata nei confronti dei fornitori della stessa, o dell’inadempimento delle medesime. Una tale ricostruzione non risulta compatibile con la disciplina e la funzione della fattispecie del gruppo di società e introdurrebbe nell’ordinamento un intollerabile elemento di incertezza quanto alla corretta imputazione e titolarità dei rapporti obbligatori”. La motivazione risulta certamente condivisibile. Tuttavia, è possibile osservare come, una volta assodato l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, poteva risultare utile, in conformità al dettato normativo, interrogarsi sulle ragioni del­l’inadempimento della controllata, verificare cioè se l’inadempimento fosse stato pro­vocato (com’è probabile alla luce del successivo fallimento) per insolvenza della debitrice e se tale insolvenza fosse stata determinata oppure no [continua ..]


NOTE