Rivista Corporate Governance ISSN 2724-1068 / EISSN 2784-8647
G. Giappichelli Editore

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Scissione societaria: i termini per l'opposizione dei creditori (di Olga Cascarano, Dottoranda di ricerca, Diritto commerciale, Dottorato internazionale in Teoria Generale del processo – XXXV ciclo nell’Università LUM Giuseppe Degennaro – Casamassima (BA).)


La decisione del Tribunale di Novara, relativa alla cancellazione di un atto di scissione perché iscritto prima del decorso del termine previsto dall’art. 2503 c.c. per l’attuazione della scissione stessa e per la relativa opposizione dei creditori, offre l’occasione per riflettere in merito al mancato richiamo, tra le norme applicabili alla scissione, dell’art. 2505-quater c.c. In particolare, il provvedimento in esame aderisce all’impostazione negativa circa l’applicabilità di tale norma alla scissione, preferendo un’inter­pretazione prudenziale della disciplina, volta ad assicurare la maggior tutela possibile ai creditori.

The corporate demerger: the deadline for the creditors’ opposition

The decision of the Court of Novara is about the cancellation of a deed of demerger because it was registered before the expiry of the term by art. 2503 c.c. for the implementation of the split and for the relative opposition of creditors. It offers an opportunity to reflect about the missed connection, among the rules applicable to the split, of art. 2505-quater c.c.

Keywords: corporate demerger – company creditors – debtor's opposition

Provvedimento del Tribunale di Novara, n. 2366/2020, reso in data 8 settembre 2020 Non è applicabile alla scissione la riduzione del termine per l’opposizione dei creditori, sancita per la fusione ai sensi dell’art. 2505-quater c.c.*. “– l’art. 2505-quater C.C. non è specificamente richiamato dall’art. 2506-ter C.C. tra le norme applicabili alla scissione, né può sostenersi che tale omissione sia giustificata dal fatto che un richiamo a tale norma sarebbe implicito o comunque con­seguente al richiamo – questa volta espresso – fatto dall’art. 2506-ter C.C. all’art. 2503 C.C., norma che disciplina in generale il termine ordinario di 60 gg. a decorrere dal quale è possibile stipulare l’atto di fusione; – del resto, che sia stata espressamente richiamata la norma che indica quale sia il termine ordinario non implica affatto, all’evidenza, il richiamo alla diversa norma che quel termine dimezza in presenza di alcune ipotesi, e, sebbene possa forse a prima vista apparire eccentrica la previsione di una divaricata disciplina di queste ipotesi a seconda che si tratti di fusione o di scissione, sta di fatto che, in difetto di un richiamo esplicito all’applicabilità dell’art. 2505-quater C.C., va accolta un’inter­pretazione prudenziale che attribuisca, nel dubbio, comunque una maggior tutela ai creditori (consentendo loro di potersi sempre opporre alla scissione nel termine più ampio di 60 gg., anziché in quello dimezzato di 30); ciò senza poi nemmeno voler considerare se alla base di tale differenziata disciplina vi sia una diversa valutazione, da parte del legislatore, circa gli effetti della scissione rispetto a quelli della fusione (ad es. potendosi anche ipotizzare il timore o la sottesa convinzione che la prima sia operazione societaria comunque più rischiosa, per i creditori, della fusione, stante la riduzione degli assets originari della società scissa che essa in ogni caso comporta)”. Dispositivo: Ordina la cancellazione dal Registro delle Imprese di Novara dell’iscrizione del­l’atto di scissione della società –--– S.r.l. in quanto ricevuto dal notaio dr. –--– prima del decorso del termine di 60 gg. di cui all’art. 2503 c.c.
SOMMARIO:

1. Il termine per l’attuazione della delibera di scissione. La decisione del Tribunale di Novara - 2. La cancellazione dell’atto dal registro delle imprese - 3. La scissione societaria. Cenni alla disciplina - 4. Il mancato rinvio espresso all’art. 2505-quater c.c. - 5. Il termine per l’opposizione. La disciplina applicabile alla scissione - 6. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Il termine per l’attuazione della delibera di scissione. La decisione del Tribunale di Novara

Il commento che segue trae spunto dalla decisione assunta dal Tribunale di Novara, con cui è stata disposta la cancellazione dal registro delle imprese di un atto di scissione societaria, in quanto ricevuto dal Notaio prima del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 2503 c.c. per l’opposizione dei creditori. In particolare, la richiesta di cancellazione dell’atto di scissione è stata avanzata dal Conservatore, il quale ha osservato che l’art. 2505-quater c.c., che stabilisce il dimezzamento del termine ordinario per l’iscrizione nel registro delle imprese di al­cuni atti di fusione, non è richiamato dall’art. 2506-ter c.c. tra le norme applicabili al­la scissione e, pertanto, il Conservatore medesimo ha chiesto la cancellazione dell’i­scrizione dell’atto in questione. Il Notaio, che aveva ricevuto l’atto prima dello scadere del predetto termine, ha d’altro canto ipotizzato l’applicabilità dell’art. 2505-quater c.c. anche agli atti di scis­sione. Il Tribunale ha reputato non condivisibili in merito le controdeduzioni del No­taio, seppur sostenute – a detta del Notaio – da alcuni autori in dottrina e anche da un precedente di merito [1]. Infatti, come si evidenzia nella decisione in esame, non può sostenersi che il rinvio all’art. 2505-quater c.c. sia implicito o, ad ogni modo, derivante da quello contenuto nell’art. 2506-ter c.c., relativo alla disposizione di cui all’art. 2503 c.c. Pertanto, in mancanza di un espresso richiamo alla disciplina relativa alla riduzione del termine, il Presidente del Tribunale di Novara ha ritenuto di aderire al­l’impostazione in grado di attribuire una maggior tutela ai creditori, consentendo loro di opporsi all’atto di scissione nel termine di sessanta giorni e non in quello di­mezzato di trenta, pur evidenziando che tale interpretazione comporta l’applicazio­ne di una disciplina differenziata agli atti di fusione e di scissione. D’interesse è, come oltre si dirà, anche l’argomento interpretativo utilizzato per pervenire ad una siffatta conclusione; si fa leva, nello specifico, su un’interpretazione di tipo «prudenziale» che, nel colmare la lacuna normativa, attribuisca una maggiore tutela ai creditori.


2. La cancellazione dell’atto dal registro delle imprese

Prima di soffermarsi su questi aspetti, occorre richiamare – seppur brevemente – la disciplina relativa alla cancellazione di un atto dal registro delle imprese e, in particolare, il disposto dell’art. 20, comma 7-bis, d.l. 24 giugno 2014, n. 91 (come convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 116). La norma stabilisce che, al fine di facilitare e accelerare le procedure finalizzate all’avvio delle attività economiche e le procedure di iscrizione nel registro delle imprese, il conservatore procede all’iscrizione immediata dell’atto, qualora questa sia richiesta sulla base di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata. In tal caso, infatti, l’accertamento delle condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione è devoluto alla responsabilità esclusiva del pubblico ufficiale che riceve o autentica l’atto, ferma restando la cancellazione d’ufficio prevista dall’art. 2191 c.c. [2]. L’ap­plicazione di tale disposizione è esclusa, ai sensi dell’ultimo periodo della norma, per le società per azioni. L’introduzione di tale precetto normativo ha costituito l’ultima parte del percorso di riforma, iniziato con le disposizioni contenute nell’art. 32, legge 24 novembre 2000, n. 340 e nell’art. 13-ter, d.l. 25 ottobre 2002, n. 236 e finalizzato a rendere più efficiente il sistema dei controlli preventivi sugli atti soggetti a pubblicità commerciale e il rapporto tra il controllo notarile e quello demandato al registro delle impre­se [3]. Del resto, la finalità di semplificare le procedure relative all’iscrizione degli atti nel registro delle imprese è espressamente prevista dalla stessa norma. L’ambito oggettivo di applicazione della disposizione in esame è individuato dalla dottrina nei soli casi in cui l’oggetto della pubblicità sia proprio l’atto rogato o autenticato dal pubblico ufficiale, dovendosi escludere invece i casi in cui l’atto costituisca un semplice allegato della domanda di iscrizione [4]. La tesi, peraltro, è supportata dal dato normativo, nella misura in cui la norma prevede che il conservatore debba procedere a “iscrivere l’atto”. La norma, inoltre, prevede l’estromissione dal proprio ambito di applicazione degli atti relativi alle società per azioni; una siffatta [continua ..]


3. La scissione societaria. Cenni alla disciplina

Sempre in via preliminare (e prima di affrontare i principali profili di interesse della decisione in commento), è necessario premettere qualche cenno alla disciplina della scissione e, in particolare, sul rinvio espresso alle norme relative alla fusione. Infatti, l’art. 2506-ter c.c. all’ultimo comma stabilisce l’applicabilità alla scissio­ne di alcune norme dettate in materia di fusione. Una parte delle norme richiamate riguarda gli adempimenti del procedimento di fusione, e, in particolare, il deposito degli atti relativi all’operazione (art. 2501-septies c.c.), l’adozione della decisione in ordine alla fusione (art. 2502 c.c.), nonché il deposito e l’iscrizione di tale decisione (art. 2502-bis c.c.), l’atto di fusione (art. 2504 c.c.) e i divieti conseguenti alla fusione e relativi, in particolare, all’as­segnazione di azioni o quote da parte della società che risulta dalla fusione (art. 2504-ter c.c.). Altra parte delle norme citate concerne gli effetti dell’iscrizione dell’atto di fusione sulla relativa invalidità (art. 2504-quater c.c.), nonché gli effetti della pubblicazione degli atti del procedimento di fusione nel registro delle imprese. Altre norme sono relative, invece, a casi peculiari di fusione, ovvero all’incorpo­razione di società possedute interamente o al novanta per cento (fattispecie rispettivamente disciplinate dagli artt. 2505, commi 1 e 2 e 2505-bis, c.c.). Infine, l’ordinamento presta una tutela ai soggetti che potrebbero subire effetti svantaggiosi a causa della fusione e, in particolare, agli obbligazionisti delle società partecipanti alla fusione (art. 2503-bis c.c.) e ai creditori anteriori alla pubblicazione della fusione medesima (art. 2503 c.c.). In particolare, la tutela garantita ai creditori ai sensi dell’art. 2503 c.c. si articola, in primo luogo, con riguardo alla concessione di un termine, pari a sessanta giorni e decorrente dall’ultima delle iscrizioni nel registro delle imprese della delibera di scissione, prima del quale la scissione non può essere attuata. Nello stesso termine, i creditori anteriori delle società possono proporre opposizione. Tale disposizione non trova applicazione qualora si realizzi una delle eccezioni previste dal legislatore, volte ad assicurare che, ad ogni modo, la garanzia prestata ai creditori non venga meno. [continua ..]


4. Il mancato rinvio espresso all’art. 2505-quater c.c.

Nella disciplina di rinvio relativa alle disposizioni applicabili alla scissione, manca il richiamo al dimezzamento dei termini per l’opposizione dei creditori. Detto termi­ne, infatti, è dimezzato, ai sensi dell’art. 2505-quater c.c., nel caso di fusione a cui non partecipino società per azioni, società in accomandita per azioni o società cooperative per azioni. L’art. 2505-quater c.c. è stato introdotto dall’art. 6, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, recante la Riforma organica della disciplina delle società di capitali e cooperative. Segnatamente, si legge nella Relazione Illustrativa della Riforma che la norma è stata introdotta al fine di semplificare il procedimento di fusione a cui non partecipino società il cui capitale è rappresentato da azioni [11]. Tali semplificazioni sono attuate mediante la previsione della disapplicazione di alcune norme (artt. 2501, comma 2, e 2501-ter, comma 2, c.c.), ovvero mediante la previsione che il consenso unanime dei soci sia idoneo ad escludere la relazione degli esperti sul rapporto di cambio o, infine, mediante la riduzione alla metà dei termini previsti dagli artt. 2501-ter, ultimo comma, 2501-septies, comma 1, e 2503, comma 2, c.c. Passando all’analisi di tale ultimo profilo relativo alle semplificazioni, occorre ricordare che la norma in esame non è richiamata tra quelle applicabili alla scissione, mentre è espressamente richiamato l’art. 2503 c.c., che disciplina l’opposizione dei creditori in generale. Il problema interpretativo, a cui il Tribunale di Novara dà una risposta negativa, riguarda dunque l’applicabilità della riduzione del termine alla scissione. Nella decisione in commento, il Presidente del Tribunale di Novara ha evidenziato che al richiamo all’art. 2503 c.c., che stabilisce il termine ordinario di sessanta giorni, non consegue l’applicabilità implicita anche della norma che consente il dimezzamento di detto termine. Pertanto, ha ritenuto che, in difetto di un richiamo espli­cito all’art. 2505-quater c.c., sia preferibile seguire un’interpretazione “prudenziale”, che assicuri la maggior tutela possibile ai creditori, concedendo loro il termine più ampio di sessanta giorni per presentare opposizione, pur evidenziando che una siffatta interpretazione porterebbe all’applicazione di [continua ..]


5. Il termine per l’opposizione. La disciplina applicabile alla scissione

L’analisi della disciplina porta ad affermare che il legislatore ha inteso garantire ai creditori la maggior tutela possibile, compatibilmente con la necessità di speditezza tipica del diritto societario. Ci si chiede, pertanto, se e quanto tale tutela sia compatibile con l’eventuale riduzione del termine ex art. 2503, comma 1, c.c. alla metà. In merito a tale termine, la dottrina ha evidenziato in primo luogo che la relativa durata costituisce un costo per le imprese, che non si giustifica qualora l’operazione coinvolga società di dimensioni piccole o piccolissime che, pertanto, hanno un numero limitato di soci e di creditori [25]. Come già evidenziato, alcune interpretazioni delle norme relative alla scissione ritengono applicabile l’abbreviazione dei termini. In particolare, seppur non di recente, il Tribunale di Vicenza ha ritenuto applicabile l’art. 2505-quater c.c. anche alla scissione, in quanto norma generale relativa alla riduzione dei termini previsti sia per la fusione sia per la scissione [26]. Il Tribunale di Vicenza è giunto a tale conclusione evidenziando che l’art. 2506-ter c.c. contiene un riferimento generale all’art. 2503 c.c. e, dunque, deve ritenersi richiamato anche l’art. 2505-quater c.c., che è collegato alla norma sui termini. Inoltre, si evidenzia che anche il Consiglio dei Notai del Triveneto si è pronunciato affermando l’applicabilità dell’art. 2505-quater c.c. alla scissione, poiché tale norma non è una disposizione autonoma ma una modalità di applicazione degli articoli relativi ai termini, tra cui anche l’art. 2503 c.c. [27]. Il Comitato Triveneto dei Notai ha ripercorso l’iter legislativo relativo all’intro­duzione della norma, rilevando che il Consiglio della (all’epoca) Comunità Europea ha dettato una disciplina omogenea per i procedimenti di fusione e scissione e che il legislatore interno, allo scopo di recepire tale indicazione del legislatore comunitario, aveva inizialmente ritenuto di applicare una disciplina unica anche per le società di persone. Tuttavia, una siffatta disciplina mal si conciliava con il tessuto imprenditoriale italiano e con i diversi interessi in gioco, che mutano a seconda che l’operazione straordinaria riguardi una società di capitali di grandi dimensioni o con azioni diffuse tra il [continua ..]


6. Considerazioni conclusive

Avendo ben chiari gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza, è possibile svolgere alcune (brevi) riflessioni di chiusura circa la decisione del Tribunale di Novara. Il Tribunale, come si è detto, è stato chiamato a decidere circa la cancellazione dal registro delle imprese di un atto di scissione, ricevuto dal Notaio prima dello spirare del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 2503 c.c. e, ritenendo necessario garantire la maggior tutela possibile ai creditori anteriori della società, ha disposto la cancellazione dell’atto. Sebbene la decisione non sia in contrasto con il dettato normativo e tenti, anzi, di colmarne una lacuna, essa non appare del tutto condivisibile. In effetti, è vero che il mancato rinvio all’art. 2505-quater c.c. induce a ritenere che il legislatore non abbia voluto includere tale norma tra quelle applicabili alla scissione e che il sistema legislativo, nazionale e sovranazionale, è teso a garantire la maggior tutela possibile ai creditori. Del resto, è anche ammissibile la motivazione per cui i creditori anteriori della società scissa sarebbero esposti a un rischio maggiore rispetto ai creditori di una società coinvolta in una fusione, nella misura in cui, mentre la fusione comporta una penetrazione reciproca dei patrimoni delle società coinvolte, la scissione causa uno spostamento patrimoniale e di rapporti giuridici dalla società scissa ad altre. La conseguenza è che tale ultima operazione sarebbe potenzialmente più rischiosa per i creditori anteriori della società scissa: sarebbe questo maggior rischio a giustificare la necessità di una maggior tutela per i creditori di una società coinvolta nella scissione e, pertanto, a rendere coerente l’applicazione di termini diversi all’esecuzione (e all’opposizione da parte dei creditori medesimi) di scissione e fusione. Tuttavia, occorre tener presente che la pronuncia in esame interviene a colmare, mediante un’interpretazione definita “prudenziale” dallo stesso giudice, una lacuna normativa. Infatti, l’assenza del richiamo espresso all’art. 2505-quater c.c., se da un lato non consente di affermarne pacificamente l’applicabilità alla scissione, dall’al­tro non può essere indice esclusivo della volontà del legislatore di introdurre una di­sparità di [continua ..]


NOTE